L’Italia è ultima in tutte le classifiche relative a conoscenze scientifiche e tecnologiche: quali prospettive dall’IA? Il modello Finlandia
Numerose indagini evidenziano come i cittadini rivolgano un’elevata fiducia nei confronti dell’Intelligenza Artificiale (IA). Una recentissima, condotta da IPSOS per conto del World Economic Forum, indica che nei 28 Paesi in cui è stata condotta, 6 cittadini su 10 si aspettano che prodotti e servizi che utilizzano diverse tecniche di IA cambieranno profondamente la loro vita quotidiana nei prossimi tre-cinque anni. Secondo la stessa indagine, il 64% dei cittadini interpellati afferma di avere una buona comprensione di cosa sia l’IA, ma solo il 50% sa quali tipi di prodotti e servizi la utilizzano.
La conoscenza su cosa davvero sia l’IA e il machine learning è un aspetto fondamentale per capirne le reali potenzialità. E la formazione dei cittadini su questi temi può dare delle concrete possibilità che la trasformazione digitale possa effettivamente realizzarsi. Questo deve avere pensato il Governo finlandese che da un paio di anni ha attivato un ambizioso programma di formazione rivolto a decine di migliaia di cittadini (non necessariamente esperti di tecnologie) volto a indirizzare l’economia del paese verso l’uso di applicazioni di intelligenza artificiale. L’obiettivo è di coinvolgere, almeno in una prima fase, l’1% della popolazione del paese (circa 55.000 persone), ai quali insegnare le basi dell’intelligenza artificiale al fine di aumentare la loro consapevolezza sulle opportunità e sui rischi dell’IA e di metterle in grado di identificare autonomamente vantaggi e svantaggi.
Una popolazione più informata e consapevole
Per il Governo finlandese si tratta di un’operazione che non riguarda solo la possibilità di creare una popolazione più informata e consapevole, ma che potrebbe consentire alla Finlandia di proporsi come leader mondiale nelle applicazioni pratiche dell’IA che altri (in particolare Cina e Stati Uniti, leader indiscussi in questo settore anche grazie alla massiccia dose di investimenti pubblici e privati) stanno realizzando e sempre più frequentemente riusciranno a realizzare. Una sorta quindi di palestra, nelle intenzioni finlandesi allargata alle vicine Svezia ed Estonia, nella quale i big dell’IA potranno “provare sul campo” le loro soluzioni.
Particolarmente interessante è il modello di coinvolgimento pubblico-privato identificato. Originariamente avviato come corso universitario rivolto a studenti di informatica dell’Università di Helsinki, il percorso formativo (denominata “AI challenge”) è stato spogliato delle parti più tecniche grazie anche al coinvolgimento di una agenzia di consulenza privata e proposto alle grandi aziende finlandesi. Oltre 250 di queste (tra le quali Nokia) hanno appoggiato l’iniziativa, formando (a proprie spese) la loro forza lavoro, a cui si sono aggiunti nel corso degli ultimi anni oltre 10.000 cittadini attratti dalla possibilità di acquisire competenze in questo settore. Una volta che l’iniziativa è iniziata a decollare, ha trovato anche il supporto del governo e delle istituzioni finlandesi (tra cui molti Ministeri) adottandolo come programma formativo (anche a fini scolastici e curriculari) per i propri dipendenti. Recentemente è stata lanciata una versione del corso in lingua finlandese con l’auspicio che il numero di persone formate, anche tra i cittadini, posta presto aumentare.
Il programma di formazione di base sulla IA è solo un elemento di un piano nazionale più ampio che mira a porre la Finlandia ai vertici mondiali dell’IA. D’altra parte, nell’ottobre 2017 la Finlandia è stato il primo paese dell’UE ad adottare una strategia nazionale per l’IA, mentre è prossimo un piano per il coinvolgimento delle piccole e medie imprese del Paese.
L’obiettivo del governo finlandese è in realtà più ambizioso e comprende la formazione dei cittadini su temi legati alla digitalizzazione affinchè nuove applicazioni e strumenti digitali possano essere più facilmente compresi e maggiormente/consapevolmente impiegati. Il modello per la formazione base sull’IA dovrebbe essere utilizzato anche per altre specifiche applicazioni, a cominciare da quelle che riguardano la pubblica amministrazione e l’impiego del digitale per automatizzare aspetti legati alla quotidianità.
Più fiducia nelle novità della scienza e della tecnologia
La formazione (pubblica) potrebbe essere un’arma a disposizione di tutti i Paesi europei (e in particolare dell’Italia) anche per superare le diffidenze sulle novità provenienti dalla scienza e dalla tecnologia e colmare il divario sulle conoscenze in questo ambito che noi italiani abbiamo rispetto al resto degli altri cittadini europei. Come dimostra infatti il recente rapporto di Eurobarometro relativo a un sondaggio effettuato su un campione di quasi 27 mila persone per indagare conoscenze e attitudini verso la scienza e la tecnologia dei cittadini europei ai tempi del Covid, noi italiani siamo nelle ultime posizioni tra coloro interessati alle nuove scoperte mediche e scientifiche, agli sviluppi tecnologici e ai cambiamenti climatici, soprattutto perché su queste tematiche siano i meno informati. Rispetto agli altri Paesi europei, consideriamo la scienza (e la tecnologia) una materia troppo complicata. (De)merito forse delle fonti di informazioni che utilizziamo per informarci (televisione e online social network sono i nostri preferiti), a differenza di paesi più virtuosi come la Finlandia dove le reti sociali virtuali si posizionano quinti dopo la televisione, i giornali, le riviste scientifiche e le enciclopedie online. Il rapporto dimostra che tutto ciò ci porta a credere più di altri a teorie complottiste come quelle che sostengono che i virus sono stati creati in laboratorio per controllare la nostra libertà e che la cura contro il cancro esiste ma è tenuta nascosta per interessi commerciali. Secondo il rapporto, italiani ed europei sono tuttavia concordi nell’affermare che l’Information&Communication Technology (con l’83% e l’82% rispettivamente delle risposte positive) e l’IA (con il 66% e il 62% rispettivamente delle risposte positive) avranno un effetto positivo sulle nostre vite nei prossimi 20 anni.
Programmi formativi per i cittadini su temi tecnologici e scientifici potrebbero quindi fare del bene anche in Italia. Almeno per convincere quel 34% di nostri connazionali che i primi nostri antenati non sono vissuti ai tempi dei dinosauri, conoscenza questa pressochè acquisita nei paesi del Nord-Europa come indicato nel suddetto rapporto.
Eugenio Santoro è responsabile del laboratorio di informatica medica, Dipartimento di Salute Pubblica, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS ([email protected]; www.twitter.com/eugeniosantoro)
Foto in alto: Fauxels (Pexels)