Masanori Murayama ha scoperto un circuito della memoria che si attiva nel sonno e ci aiuterebbe a ricordare. I risultati di questa scoperta saranno utili per trattare i pazienti con disturbi del sonno.
Fino a non molto tempo fa c’era ancora chi sosteneva la teoria per cui, ascoltando delle informazioni nel sonno, le si poteva apprendere senza alcuno sforzo. Ma la programmazione neuro-linguistica, audiocassette per imparare il cinese e altre cineserie varie non hanno dato i risultati sperati. L’ipnopedia non si è rivelata una tecnica realistica.
C’è chi ha proseguito le ricerche però. Masanori Murayama, dell’istituto giapponese Riken ha condotto ricerche sui topi e pubblicato sulla rivista Science la scoperta di un circuito nervoso grazie al quale i ricordi si consolidano e permangono più attivi durante la fase del sonno profondo. Secondo gli scienziati giapponesi c’è un meccanismo che attiva la memorizzazione durante il sonno e che può essere manipolato, potenziando o diminuendo, la formazione di ricordi di lungo periodo.
Dagli esperimenti condotti sui topi si è scoperto che i neuroni della corteccia cerebrale hanno un ruolo fondamentale nella creazione dei ricordi. I ricercatori hanno rilevato che, sottoposti a nuovi stimoli sensoriali o informazioni da apprendere, le informazioni fluiscono attraverso i neuroni della corteccia dalle regioni motorie del cervello a quelle legate al tatto e ai sensi.
Dopo aver esposto i topi a nuovi stimoli sensoriali nell’esplorazione di una stanza, i ricercatori hanno condotto tre tipi di esperimenti.
I tre esperimenti
Nel primo, i topi subito dopo aver fatto esperienze tattili nuove, privati del sonno, hanno esplorato meno l’ambiente. Nel secondo, tenendo inattivi i neuroni della corteccia cerebrale nella fase di sonno profondo, alla seconda esplorazione della stanza, si comportavano come se non avessero dormito, e i risultati degli esperimenti erano peggiori e non ricordavano le cose fatte in precedenza. Nel terzo invece i ricercatori hanno disattivato i neuroni dei topi mentre erano svegli non rilevando alcuna differenza rilevante nell’apprendimento o nel ricordo delle informazioni.
Gli scienziati hanno anche scoperto che gli stimoli contemporanei delle aree motorie e sensoriali producono una permanenza maggiore e più solida dei ricordi. Per Murayama i risultati di questa scoperta saranno utili per trattare i pazienti con disturbi del sonno che spesso hanno peggiori funzioni mnemoniche ma che potranno migliorare la loro condizione con la riattivazione di questi neuroni. Insomma, dormire di più potrebbe essere un vantaggio.