Il tampone molecolare che rintraccia l’RNA del Sars-Cov2, resta l’esame di riferimento per la diagnosi dell’infezione. Ma sono in corso di validazione tamponi più rapidi che permetteranno di avere risultati in tempi ancora più rapidi
Nonostante la familiarità con il Sars-Cov2, dovuta alla convivenza forzata che dura ormai da oltre otto mesi, molte restano ancora le cose da sapere sul virus stesso, su Covid-19 e sui test diagnostici che servono per capire se siamo infetti o meno. Anche perché, ogni giorno veniamo inondati da nuove notizie e ogni giorno si aggiunge un nuovo tassello a questo complesso puzzle. Per cui non sempre può risultare facile orientarsi nel mare magnum di informazioni a disposizione. Soprattutto se, per esempio, vogliamo verificare di non essere stati infettati dal nuovo coronavirus, in seguito a un contatto sospetto con una persona positiva a Sars-Cov2, o perché magari dobbiamo fare visita a persone fragili e vogliamo essere sicuri di non essere pericolosi. Quale test diagnostico per Covid-19 scegliere allora, a seconda dei casi?
Il tampone molecolare
“Dipende da cosa vogliamo sapere – risponde Pierangelo Clerici presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli) – se il dubbio è di aver avuto un contatto con il virus in precedenza, va fatto il sierologico, se invece si vuole verificare di essere infetti in quel momento, il tampone”. D’altra parte ancora oggi il tampone molecolare è secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’esame diagnostico di riferimento (anche detto “gold standard”) per verificare con certezza la presenza del Sars-Cov2 nell’organismo, perché è l’unico che ne certifica la reale presenza del codice genetico (l’RNA).
Il tampone molecolare dunque, è stato sin dall’inizio e ancora oggi, l’unico strumento capace di eseguire la diagnosi certa della presenza del virus nel nostro organismo (attenzione alla differenza tra diagnosi di infezione da Sars-Cov2, quindi la positività al virus, e lo sviluppo dei sintomi della malattia, la COronaVIrus Disease 19 o Covid-19, conosciuta anche come malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2, che non sempre si manifestano). Per sapere se siamo infetti dal virus, in quel momento, l’unico sistema è eseguire un tampone molecolare.
Come e dove si esegue il tampone molecolare
La procedura è ormai ben nota a tutti: con una sorta di lungo cotton fioc, si preleva un po’ di muco (sicuramene infetto se il Sars-Cov2 è presente nell’organismo) dalla narice (tampone naso-faringeo) o dalla gola (tampone oro-faringeo). Il materiale viene poi inviato ai laboratori specializzati dove viene analizzato con la metodica molecolare di reazione a catena della polimerasi (Pcr), che isola e amplifica l’RNA virale fino a verificare la presenza del Sars-Cov2.
Clerici spiega che in questo caso il tempo necessario per la processazione dei campioni va da una a cinque ore a seconda della piattaforma che si utilizza: “Il test molecolare da un’ora viene effettuato per le persone che accedono al Pronto soccorso, mentre per i grandi numeri, per chi deve essere ricoverato o operato si può anche aspettare 3-4 ore per fornire un esito”. Proprio la tempistica era stato uno dei problemi più rilevanti la scorsa primavera, che non permetteva di eseguire più di un tot di test molecolari al giorno. Una difficoltà che oggi si sta in parte superando – come dimostra il numero sempre più alto di tamponi effettuati ogni giorno in Italia – grazie alla maggiore disponibilità di piattaforme su cui processare i test, come ricorda Clerici.
Oggi in questi tutte le Regioni è possibile eseguire il tampone molecolare anche privatamente spendendo in media 90 euro. “Potrebbe anche essere prescritto dal medico di medicina generale – aggiunge Clerici – ma non capita quasi mai perché preferiscono mandare direttamente il paziente in Pronto soccorso se ha una sintomatologia da Covid-19, dove verrà sottoposto al tampone”.
Il tampone “rapido” (o antigenico)
Un’altra opzione a cui si sta lavorando, ormai sempre più concreta, è il test antigenico, che funziona come un tampone. Con la differenza che nel materiale prelevato non si cerca l’RNA virale ma “pezzi” del virus chiamati “antigeni”. Gli antigeni sono proteine virali (come la famosa Spike del Sars-Cov2), che il nostro organismo riconosce come corpi estranei e contro i quali produce anticorpi. Al momento il test è in utilizzo in alcune regioni, come in Veneto, dove la Regione lo sta fornendo ai medici di medicina generale e ai Pronto soccorso e nel Lazio. E a breve sarà disponibile anche in molte altre Regioni.
“Il vantaggio di questo test è la velocità – spiega Clerici – perché in circa 15-30 minuti si ha una risposta. Saranno molto utili nelle scuole, dove già stanno entrando o per gli screening di massa. L’unico limite è che se rileviamo un positivo, deve poi comunque essere confermato con un test tradizionale molecolare. Perché il test antigenico potrebbe rilevare anche solo antigeni del virus ‘rotto’ cioè tracce del virus, che non per forza indicano la presenza del virus vivo e in grado di infettare”. Per le indagini di massa, però, secondo il presidente dell’Amcli resta lo strumento migliore, vista la bassa prevalenza di positivi. Il tampone rapido inoltre, può anche essere eseguito privatamente in alcune strutture.
Il tampone salivare
L’ultima frontiera è il tampone salivare, che si basa su una sorta di “chewing gum”, che dopo essere stato masticato viene inviata al laboratorio di microbiologia dove viene eseguito il test molecolare tradizionale. Anche in questo caso la positività va confermata da un tampone molecolare classico, ma ha il vantaggio di essere meno invasivo e di non dover per forza essere effettuato da personale adeguatamente formato, come nel caso del tampone oro o naso-faringeo. “Questo test è al momento in fase di validazione – precisa Clerici – poi in futuro sono sicuro arriverà anche un test salivare antigenico, che unirà i vantaggi dei diversi tipi di test aumentando ancora di più la rapidità degli screening”.
I test sierologici
Altro capitolo riguarda invece i test sierologici che non diagnosticano la presenza del virus nell’organismo, ma di anticorpi contro di esso, che si sono sviluppati in seguito a un contatto avvenuto in precedenza. Esistono i sierologici “classici”, più sensibili, che vengono eseguiti presso gli ambulatori con un prelievo del sangue e danno un riscontro dopo qualche giorno. E quelli rapidi basati su pungidito e kit diagnostico (solvente e striscette reattive in genere) che analizza in circa 15 minuti una goccia di sangue.
“I rapidi sono quelli usati per le indagini di sieroprevalenza nazionali e anche per il personale scolastico o nei luoghi di lavoro – afferma Clerici – quelli tradizionali invece sono più indicati per i singoli cittadini che vogliono verificare di non essere entrati in contatto con il virus anche in passato”. Oggi tutti questi test (compresi i tamponi classici e antigenici) sono molto più sensibili rispetto agli inizi, grazie all’affinamento della tecnologia, per cui possono essere considerati affidabili. Ma anche nel caso dei test sierologici, se il test dà esito positivo per la presenza di anticorpi contro Sars-Cov2 è necessario eseguire un tampone molecolare per verificare se si tratta di un’infezione precedente o ancora in corso.
Test fai-da-te
È ancora lontana invece la possibilità di poter eseguire un test diagnostico per Sars-Cov2 comodamente a casa propria. Non tanto perché la tecnologia non lo permette, ma perché, come conclude Clerici: “Il problema sono le implicazioni di sorveglianza di salute pubblica che un test del genere comporterebbe. Perché se il test è positivo poi a chi deve comunicarlo la persona che l’ha eseguito? Il rischio è che il risultato non venga reso noto e non si segua la quarantena. Perciò, in questo momento, è meglio che tutto sia tracciabile ed eseguito in strutture pubbliche e private che garantiscano la tracciabilità del dato”.