Settembre è il Mese Mondiale dell’Alzheimer: quali sono le nuove frontiere che si stanno aprendo grazie alla tecnologia per la diagnosi precoce e la cura di questa malattia neurologica? Sempre più startup, spin-off universitari e grandi marchi in prima linea
Oggi in Italia vivono oltre 1.480.000 persone con Alzheimer o altre forme di demenza: nel 2050 saranno 2.300.000 (+56%); nel mondo ce ne sono invece 55 milioni e diventeranno 139 milioni entro lo stesso anno. Questa la fotografia scattata dall’Institute of Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington, in una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet. Come gestire, oggi e in futuro, un’emergenza sanitaria planetaria di questa portata? Da un lato si cercano tecnologie per una diagnosi precoce, anche se finora i risultati non sono stati soddisfacenti, dall’altro la grande sfide è quella di individuare innovativi strumenti di cura da remoto per poter assistere il più a lungo possibile i malati a casa, tutelando così il loro rapporto con i familiari, ma cercando allo stesso tempo di alleggerire il ruolo dei caregiver, spesso gravati da un impegno non indifferente. Negli ultimi mesi sono stati fatti alcuni passi avanti in entrambe le direzioni, in Italia e all’estero, come già anticipato da Startupitalia.
Alzheimer, le nuove scoperte per una diagnosi precoce
All’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) è in corso il progetto Mental, finanziato attraverso le donazioni del 5 per 1000 all’ente: un team di ricercatori del Laboratorio Tecnologie Biomediche sta studiando metodologie non invasive per una diagnosi precoce a basso costo, a partire dalla relazione esistente tra le alterazioni del macrobiota intestinale e le malattie neurodegnerative. L’obiettivo, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia, è individuare i biomarcatori (miRNA e/o proteine) da campioni fecali di pazienti con un diverso grado di severità della malattia.
Sempre sul fronte della diagnosi neurologica precoce c’è anche l’azienda tedesca Bosch, che ha dato vita ad un’apposita business unit per questo progetto: l’idea è quella di sfruttare in campo medico i sensori quantistici, gli stessi che vengono utilizzati in una molteplicità di settori, come i sistemi di trazione per autoveicoli. I sensori quantistici usano i singoli atomi di un gas, oppure i difetti nei solidi, come strumenti di misurazione atomica, raggiungendo un livello di precisione senza precedenti, maggiore di quasi 1.000 volte rispetto ai sensori MEMS (micro-electro-mechanical system) impiegati oggi. Secondo Bosch aiuteranno a diagnosticare condizioni neurologiche come l’Alzheimer e il Parkinson in modo più accurato e semplice, ma potranno anche essere usati per registrare gli impulsi nervosi e, di conseguenza, controllare gli arti artificiali.
Alzheimer, tecnologie per la cura e l’assistenza da remoto
Un’ulteriore prospettiva arriva dall’Università di San Diego, in California: qui i ricercatori hanno creato un’app in grado di rilevare malattie come l’Alzheimer, utilizzando la fotocamera dello smartphone per esaminare la pupilla dei pazienti, le cui dimensioni possono fornire informazioni preziose sulle funzioni neurologiche. Ad esempio, la dimensione della pupilla aumenta quando una persona esegue un compito cognitivo difficile o sente un suono inaspettato. Misurare questi cambiamenti, eseguendo quello che viene chiamato un test di risposta della pupilla, potrebbe offrire un modo semplice e facile di diagnosi, tuttavia attualmente richiede attrezzature specializzate e costose, che rendono impraticabile l’esecuzione al di fuori di un contesto ospedaliero.
All’interno dell’ateneo californiano gli ingegneri del Digital Health Lab, guidati dal professor Edward Wang, hanno collaborato con i ricercatori del Center for Mental Health Technology (MHTech Center) per sviluppare una soluzione più conveniente e accessibile.
“Questa tecnologia potrà portare lo screening neurologico fuori dai laboratori clinici e all’interno delle case”.
“Anche se c’è ancora molto lavoro da fare, sono entusiasta del potenziale di utilizzo di questa tecnologia, che potrà portare lo screening neurologico fuori dai laboratori clinici e all’interno delle case”, ha affermato Colin Barry, Ph.D. in ingegneria elettrica ed informatica e primo autore della ricerca. “Ci auguriamo che questo apra poi le porte anche a nuove esplorazioni sull’utilizzo degli smartphone per rilevare in anticipo e monitorare potenziali problemi di salute”.
“Migliorando i segnali che vengono acquisiti utilizzando il telefono e sfruttando l’apprendimento automatico siamo in grado di derivare i cosiddetti biomarcatori digitali, che si differenziano dagli attuali biomarcatori per la diagnosi precoce dell’AD prodromico, costosi ed invasivi”, ha aggiunto Edward Wang. “Uno strumento di valutazione scalabile come lo smartphone potrebbe avere un enorme impatto sulla salute pubblica, se utilizzato per screening di comunità su larga scala”, ha concluso Eric Granholm, direttore del MHTech Center.
Dalla diagnosi alla cura, dall’estero all’Italia. Un’altra innovazione tech arriva dai ricercatori dell’ospedale di Neuroriabilitazione Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma, guidati da Gian Daniele Zannino: pubblicato sulla rivista scientifica Aphasiology, il loro studio si concentra sul trattamento dell’anomia, ovvero un tipo di afasia per cui i malati di Alzheimer riconoscono gli oggetti, ma non sanno definirli o chiamarli con il loro nome, attraverso l’uso di un tablet e con il supporto della telemedicina per visionare da remoto il paziente. Durante la ricerca dieci partecipanti si sono allenati ripetutamente su uno smart tablet che mostrava loro le immagini corrispondenti a determinate parole. “Dopo due settimane abbiamo rilevato miglioramenti nell’accuratezza della denominazione degli oggetti trattati”, spiegano i ricercatori. “Il nostro studio fornisce quindi prove convincenti a favore della fattibilità e dell’efficacia di un programma domiciliare per rimediare all’anomia”.
Verso percorsi domiciliari autogestiti
La strada così tracciata è quella delle nuove tecnologie che permettono di costruire percorsi domiciliari autogestiti: nel caso dell’Alzheimer ci possono essere strumenti appositamente studiati per alleviare i disturbi provocati da questa malattia oppure app e device ideati per tutti, che a maggior ragione possono essere sfruttati e diventare utili in questi casi. A sottolinearlo è l’Alzheimer’s Society, che riepiloga le tante soluzioni possibili per affrontare i disagi di ogni giorno: dagli assistenti digitali che ricordano piccoli, ma importanti gesti quotidiani da compiere ai dispositivi di sicurezza per tutelare la persona sia in casa che fuori, fino alle numerose possibilità per intrattenere relazioni sociali con gli altri e tenere allenata la mente.