L’analisi bisettimanale, curata dalla startup innovativa Storyword, sui temi che hanno tenuto banco sulla stampa estera durante i 14 giorni appena trascorsi
X è la piattaforma social che registra il livello più alto di disinformazione. Lo ha detto la vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourova, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto sull’applicazione da parte delle principali piattaforme online del codice di condotta Ue sulla disinformazione. L’Europa, scrive TechCrunch, cerca di far valere il Digital services act anche per la piattaforma di Elon Musk: il fatto che il patron dell’ormai ex Twitter si sia chiamato fuori dal Codice di condotta online non lo esime dalla conformità alle norme dell’Unione europea. Jourova ha sottolineato che i rischi sono particolarmente elevati nel contesto elettorale, anche alla luce dei nuovi strumenti di intelligenza artificiale: “Sono lieta di vedere le principali piattaforme affrontare i rischi dell’intelligenza artificiale generativa iniziando a mettere in atto misure di salvaguardia per informare gli utenti sull’origine dei contenuti pubblicati online”. Per quanto riguarda l’Italia, dal report è emerso che solo nel primo semestre del 2023 Meta ha rimosso oltre 45mila contenuti da Facebook e 1.900 da Instagram (il dato più alto tra i Paesi dell’Unione europea). TikTok, invece, ha eliminato oltre un milione di profili falsi, che erano seguiti da quasi 7 milioni di utenti.
I social tornano social
Sembra che le grandi piattaforme social stiano tornando a perseguire il loro scopo originale, ossia connettere le persone, condividere ed interagire. E lo stanno facendo grazie all’intelligenza artificiale. Il New York Times racconta che i social media fanno leva sulle nuove tecnologie per generare immagini divertenti al fine di stimolare quella socializzazione che per anni ha caratterizzato queste piattaforme. Lo scorso mese Snapchat ha annunciato Dreams, un sistema di intelligenza artificiale che consente agli utenti in Gran Bretagna, Australia e Nuova Zelanda di creare selfie stravaganti. TikTok, invece, già da un anno ha creato diversi filtri che trasformano i selfie in fumetto. Il modo interattivo in cui viene usata l’intelligenza artificiale segna la strada che hanno preso i social media, sostiene Sam Saliba, ex responsabile marketing di Instagram.
D&I a rischio
Buone notizie dall’America. Nonostante la pressione dei conservatori e le incertezze macroeconomiche che hanno causato una riduzione degli investimenti pubblicitari, sembra che i responsabili marketing stiano mantenendo alta l’attenzione nei confronti delle iniziative di D&I, considerate essenziali per vendere prodotti e servizi a una fascia sempre più ampia di consumatori. Il tutto tenendo in considerazione, come sottolinea il Wall Street Journal, i rischi derivanti dalla recente decisione della Corte Suprema di cancellare la cosiddetta affirmative action (le clausole d’ammissione agli atenei, in vigore da decenni, al fine di garantire l’inclusione delle minoranze nel corpo studentesco) e le disastrose campagne di Bud Light e Target. Dopo l’intervento della Corte Suprema, infatti, i contrari alle pratiche di D&I hanno fatto ancora più pressione sulle aziende affinché invertano la rotta. “Non si tratta di ciò che dice la Corte Suprema; questo è un importante imperativo aziendale”, ha affermato Antonio Lucio, ex CMO di Meta. “Ci sono alcuni inserzionisti che, sfortunatamente, considerano la decisione della Corte Suprema come una potenziale opportunità per allontanarsi da ciò che hanno fatto”, ha aggiunto Lisette Arsuaga, co-fondatrice dell’Alliance for Inclusive and Multicultural Marketing. Come se non bastasse, tredici procuratori generali di Stati in mano ai repubblicani hanno inviato una lettera ai CEO delle società presenti in Fortune 100, consigliando loro di vietare qualsiasi preferenza basata sulla razza.
Murdoch va in pensione?
La decisione di Rupert Murdoch di dimettersi dalla presidenza dal suo impero televisivo (Fox) ed editoriale (News Corp) segna l’inizio di una nuova era nell’industria dei media. Il magnate ha trasformato la sua passione in denaro e potere, costruendo una macchina della propaganda in grado di dare alla gente ciò che la gente voleva, a volte anche insegnandole cosa volere. II successore è il figlio maggiore, Lachlan, 52 anni, tatuato e con la passione per l’arrampicata e la vela. Con una leadership diversa da quella del padre, Lachlan dovrà traghettare l’impero in un cotesto mediatico molto lontano da quello in cui è nato. Rupert ha sempre avuto un debole per i giornali cartacei e la TV tradizionale, il figlio dovrà farli sopravvivere nel mondo del digitale e dello streaming. Anche perché, così come il padre, anche Lachlan è molto legato alla vecchia guardia delle società ma, così come il padre, non ha nessuno scrupolo nel cacciarli via. La nomina di Lachlan sembra avere un significato ben preciso: assicurare che venga mantenuta la linea editoriale conservatrice che ha sempre caratterizzato i media di loro proprietà. La domanda che tutti si pongono è se davvero Rupert ha rinunciato al suo potere. Tra i tanti commenti presenti sui giornali, Jack Shafer su Politico scrive che “L’idea che Murdoch rinunci al potere prima di morire va contro tutto ciò che abbiamo imparato su di lui. L’idea che rinunci al potere anche dopo la morte è altrettanto assurda”.
L’influenza dei CCO
Il luogo comune “guadagnarsi un posto al tavolo” sul ruolo della comunicazione all’interno del contesto aziende non ha più ragione d’essere. Dall’ultimo report di Edelman, che ha intervistato più di 200 Chief Communications Officer di aziende Fortune 500, è emerso che la comunicazione assume un ruolo sempre più centrale nelle dinamiche aziendali e indipendente rispetto al marketing. Il 91% dei CCO viene coinvolto prima o durante l’elaborazione della strategia, mentre solo il 9% viene coinvolto esclusivamente per eseguire il piano. Questo tuttavia, scrive Axios, non ha avuto un impatto sul budget assegnato alla loro funzione. Un altro dato interessante consiste nel fatto che i CCO che lavorano nella loro azienda da meno di cinque anni hanno maggiori probabilità di essere un riporto diretto del CEO. “Non ragiono più solo in termini di comunicazione”, ha detto uno degli intervistati. “Si tratta di avere una prospettiva più ampia dell’azienda nel suo complesso, sia in termini di reputazione aziendale che di business vero e proprio. Come pensiamo di gestire i nostri stakeholder dall’inizio alla fine?”