«ChatGPT è basato, a livello tecnico, su un’architettura neurale sviluppata qui dal team di Yoshua Bengio, vincitore del Premio Turing». L’Intelligenza artificiale ha diverse capitali in giro per il mondo: negli USA c’è San Francisco, in Europa si legge sempre di più del ruolo centrale di Parigi. Ma sulla mappa Pierluca D’Oro, 28 anni nato a Catania, punta il dito su Montreal. «Il Canada è stato uno dei Paesi pionieri per l’AI e le reti neurali nella loro forma moderna. Qui hanno preso forma gli approcci odierni». Uno dei poli d’eccellenza è il Mila, centro di livello globale per la ricerca applicata in ambito AI dove D’Oro sta per terminare il suo dottorato dopo aver studiato ingegneria informatica tra Catania e Milano. Questa è la sua storia, immersa in una delle tecnologie di frontiera più interessanti, in una nuova tappa del nostro viaggio alla scoperta degli “Italiani dell’altro mondo”.
Pierluca D’Oro, dalla Sicilia al Canada
Pierluca D’Oro è nato a Catania, dove ha frequentato la triennale facendo le sue prime esperienze con modelli di Intelligenza artificiale. «In Italia ci sono centri di eccellenza, ma i limiti sono nelle risorse computazionali, diventate sempre più importanti con l’AI. Per allenarla servono cluster e computer. A livello di connessioni con grandi laboratori nelle aziende purtroppo non c’è lo stesso ecosistema che trovo in nord America».
Prima di prendere il volo per il Canada, si è specializzato in magistrale al Politecnico di Milano, durante la quale ha svolto un tirocinio in Svizzera presso NNAISENSE, fondata da Jürgen Schmidhuber, uno dei computer scientist più noti. Era il 2019 e c’erano diverse startup attive sul fronte AI. Ma questa era una delle poche che faceva ricerca accademica. «Si respirava un’atmosfera di ricerca, molto prima dell’hype sulla Intelligenza artificiale generativa».
Il dottorato, come anticipato, lo sta facendo al Mila di Montreal. Un luogo che ci ha descritto così. «Si tratta di un centro bellissimo, sembra la sede di una startup ed è uno dei più grandi centri al mondo. L’obiettivo è essere punto di eccellenza, ma anche di favorire connessioni con il settore aziendale e industriale. Infatti nello stesso edificio ci sono laboratori di grandi aziende tra cui Meta».
Al momento Pierluca D’Oro è visiting researcher presso Meta. «Sono pagato da Meta, posso far ricerca usando le risorse di Meta». Ormai da tempo su StartupItalia riferiamo dei piani di Mark Zuckerberg che, dopo non poche delusioni con il metaverso, si è lanciato nella corsa sull’AI per competere con ChatGPT attraverso il modello di Llama.
Chi lavora sugli agenti di AI
Nel suo lavoro di tesi di dottorato Pierluca D’Oro si è occupato di studiare l’apprendimento per rinforzo, termine che di solito si associa all’addestramento dei cani. Se fai un’azione giusta, arriva il premio. La cosa non è molto diversa se si parla di AI. «Un agente di intelligenza artificiale può imparare dai rinforzi che gli dai. Il feedback è sotto forma di punteggio. Senza che tu debba dimostrare qual è il comportamento giusto, mano a mano il sistema impara».
Nel concreto qual è l’azione che l’agente dovrebbe svolgere per la tesi di dottorato? «Imparare a giocare a un videogioco complesso, partendo da zero. Ha generato parecchio interesse come lavoro». Nel frattempo lato consumer il mercato ha già offerto qualche assaggio di agenti di AI, anche se i feedback non sono stati eccezionali: prendiamo gli esempi dell’AI Pin e di Rabbit, di cui abbiamo scritto.
Per commentare la situazione non proprio promettente di questi dispositivi, Pierluca D’Oro ragiona da ricercatore. «Con questi agenti l’aspettativa è che diamo un compito e loro lo eseguono. Ma ci sono ancora diverse sfide puramente tecnologiche. Se ChatGPT mi dà la risposta sbagliata è un conto; se invece un agente commette un errore, magari con soldi di mezzo, è un problema più grave».
Dal suo punto di vista va considerato il fatto che non tutti i prodotti che oggi vediamo saranno per forza i migliori per interfacciarsi con l’AI. «Ancora non è chiaro quale sia il modo migliore per relazionarsi con gli agenti. Può sembrare molto naturale parlarci. Ma non è detto che sia la strategia migliore. Serviranno prodotti e nuove user experience».
Nel corso dell’intervista abbiamo raccolto anche l’opinione di Pierluca D’Oro su uno dei competitor di ChatGPT, Llama. «Dal punto di vista del ricercatore è molto speciale perché è un modello open. Puoi scaricarlo, puoi usarlo su pc liberamente, mentre Gemini e ChatGPT funzionano tramite API, non hai accesso al modello vero e proprio». Se un anno fa il software di OpenAI godeva di un vantaggio tecnologico, oggi sembra si sia assottigliato. «Llama 3.1 è assolutamente comparabile». E da poco è stata rilasciato Llama 3.2.
A contatto con l’AI in uno dei centri di ricerca più importanti al mondo, c’è qualcosa che lo spaventa rispetto al futuro? «Quando una tecnologia diventa più potente ci sono sempre potenziali usi negativi. Non ho nessuna paura o preoccupazione su rischi esistenziali. Come ricercatore sento la necessità che la tecnologia sia comunque robusta e adeguata».