Si chiude una storia iniziata nel 2016. Oltre 60 città attive. Nel 2021 la condanna a Milano per caporalato
«In questi anni, purtroppo, non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo. Ecco perché oggi siamo tristi di annunciare che abbiamo preso la difficile decisione di interrompere le nostre operazioni di consegna di cibo in Italia tramite l’app Uber Eats». L’annuncio dell’addio di uno dei protagonisti del food delivery del nostro Paese è arrivato nelle scorse ore. Uber Eats aveva lanciato la propria attività in Italia a partire da Milano, nel 2016, e in questi anni ha toccato più di 60 città lungo lo Stivale.
Il food delivery ha registrato una crescita in Italia a seguito dello scoppio della pandemia, quando ristoranti e pizzerie potevano soltanto aggrapparsi alla consegna a domicilio per mantenere aperti nel corso del lockdown. Sappiamo d’altra parte quanto in questi anni la questione dei rider abbia tenuto banco a livello nazionale: sono diventati il simbolo della cosiddetta gig economy, caratterizzata da un’elevata flessibilità con alcuni casi di evidente sfruttamento. Uber Eats ha subìto nel 2021 la prima condanna del settore relativa all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro dei ciclo-fattorini.
A rimanere in Italia resterà Uber Black, ossia il servizio dell’ex startup USA che consente la prenotazione di servizi di trasporto offerti soltanto dagli autisti che hanno licenza NCC. «Dopo il lancio del servizio Taxi in Sardegna annunciato la settimana scorsa, prevediamo di aumentare ulteriormente la nostra presenza nel Paese e di lanciare quattro nuove città entro la fine dell’anno», ha aggiunto l’azienda. In molti contesti in cui si è presentata Uber ha incontrato enormi resistenze da parte della categoria di tassisti. Le richieste di liberalizzazioni del mercato e di apertura alla concorrenza in Italia sono tuttavia sempre cadute nel vuoto.