Mentre si discute di turismo in orbita e la rivalità Cina-Usa arriva persino sulla Luna, l’astrofisica italiana ricorda il valore della ricerca, che rimane “All’origine di soluzioni tecnologiche innovative”. Per la scienziata “Si va verso una sinergia stellare tra pubblico e privato”
La foto del mese pubblicata sul sito dell’Esa, l’agenzia spaziale europea, ha come protagonista Leda 2046648. Si tratta di una galassia con forma a spirale, situata nella Costellazione di Ercole, a oltre un miliardo di anni luce di distanza. Per la seconda volta nella storia, dopo l’osservazione di Andromeda, l’uomo ha individuato un gemello della via Lattea.
L’ha identificata il telescopio spaziale James Webb, lanciato il giorno di Natale del 2021 a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra allo scopo di scrutare l’universo profondo e svelare oggetti finora sconosciuti all’essere umano. Proprio l’erede di Hubble sta effettuando una delle missioni più intriganti, secondo Simonetta Di Pippo, astrofisica di fama mondiale, oggi a capo dello Space Economy Evolution Lab all’interno di Sda Bocconi.
Delegata italiana all’Esa per la Stazione spaziale internazionale dal 1989 ed esperta europea nel programma della Nasa per l’esplorazione di Marte, dal 2008 al 2011 Di Pippo dirige l’unità Volo umano dell’agenzia spaziale europea. Nel 2014 è nominata a capo dell’Ufficio per gli affari dello spazio extra-atmosferico delle Nazioni Unite a Vienna, ruolo che ricopre fino a marzo dello scorso anno. “Il James Webb telescope è l’osservatorio più avanzato mai realizzato. Ci sta regalando delle immagini ad alta risoluzione dello spazio profondo”, sottolinea. “Sta spingendo più in alto il livello della nostra conoscenza. È una delle tre missioni, diverse da quelle relative alla Luna e a Marte, che più mi affascinano”.
Quali sono le altre due?
Ad aprile è previsto il lancio della missione Jupiter Icy Moons Explorer da parte dell’Esa. Ha come obiettivo l’osservazione di Giove e delle sue tre lune, che ospitano un oceano coperto da una coltre di ghiaccio. Nel 2026 è previsto l’avvio della missione Dragonfly della Nasa verso Titano, la più grande luna di Saturno, dove un drone spaziale arriverà nel 2034 per effettuare una caratterizzazione sistematica di questo oggetto molto importante. Andrà alla ricerca di processi chimici prebiotici, perché Titano è considerato un analogo della Terra primordiale e potrebbe fornire informazione sulla comparsa della vita sul nostro pianeta. Entrambe le missioni hanno fini diversi, ma anche comuni: capire come è nato e si è evoluto il nostro sistema solare. In ogni caso, non dobbiamo sottovalutare il ritorno di esseri umani sulla Luna, perché aprirà un universo di possibilità.
Ritorno sulla Luna che, oltre a essere un evento spaziale, rappresenta un importante fatto di politica internazionale.
Si richiama a una competizione in campo spaziale tra Cina e Stati Uniti. Ricordo che nel 1986 la Cina voleva entrare nella collaborazione alla base della Stazione spaziale internazionale, ma le condizioni geopolitiche non erano favorevoli. Nel frattempo, Pechino ha accelerato la sua strategia spaziale e oggi esegue una serie di missioni sulla Luna, le Chang’e, riportando campioni del suolo lunare sulla Terra in quantità superiore al totale raccolto dalle missioni Apollo. Si prepara inoltre a un’esplorazione sistematica della zona del polo sud, dove vorrebbe impiantare una base permanente, e ha lanciato la sua stazione spaziale, Tiangong, in orbita bassa terrestre, dove rimarrà per diversi anni.
Come sta rispondendo Washington ai progressi cinesi?
La strategia statunitense prevede un passaggio alla gestione delle attività in orbita bassa terrestre sempre più in carico alle imprese commerciali e si prevede entro il 2030, ma la data è da confermare, la dismissione della Iss, soppiantata da possibili stazioni spaziali private. La Nasa si potrà quindi concentrare sull’esplorazione del sistema solare, partendo proprio dalla Luna, con il programma Artemis. Nel 2022 si è aperta una nuova fase di esplorazione lunare, che sarà effettuata in collaborazione internazionale, aprendo la strada a un periodo dove lavoreremo e vivremo per lunghi periodi in condizioni non terrestri. Lo spazio diventerà una naturale estensione della specie umana oltre la Terra.
A quanto pare, ci sarà parecchio traffico sulla Luna.
In assenza di regole chiare, così come sono carenti le norme sulla gestione del traffico, è da aspettarsi un pericolo di sovraffollamento sul suolo lunare. Il trattato sulla Luna è stato ratificato soltanto da 13 Paesi e non da Cina e Stati Uniti. È urgente introdurre nuove leggi se si vogliono evitare situazioni di potenziale conflitto. Ecco perché sono state avviate iniziative di affiliazione di vari Paesi, basate su principi di base autodichiarati, come nel caso degli accordi Artemis, firmato a oggi da 23 Stati. Russia e Cina hanno firmato un accordo simile ma separato.
L’altra grande corsa sembra essere quella per lo sbarco su Marte, con Elon Musk in prima fila.
La tempistica del 2030 non è irrealistica. L’attivismo dei privati, in particolare di SpaceX, è evidente. Nelle ultime settimane, Starship ha eseguito con successo due test fondamentali per arrivare al primo lancio, previsto entro poche settimane. È un veicolo alto più di 100 metri, riutilizzabile, in grado di trasportare fino a 100 persone sulla Luna e su Marte e rientrare sulla Terra. Nell’ambito delle missioni lunari, Starship offrirà un complemento alle missioni Artemis. Musk ha però nei piani anche di costruire una città marziana e questo progetto si muove su un binario autonomo, almeno per il momento. Nella sua visione del futuro, Starship è come una sorta di moderna arca di Noè, che può salvare la specie umana in caso di catastrofe sulla Terra.
C’è il rischio che la predominanza degli obiettivi commerciali releghi in secondo piano il finanziamento e l’attenzione sulla ricerca?
Spero di no. La ricerca scientifica e di base sono sempre all’origine di soluzioni tecnologiche innovative, perché obiettivi sfidanti portano a soluzioni non convenzionali. Missioni come la Nasa/Esa/Asi Cassini-Huyghens ci hanno aperto il mondo di Saturno, i suoi anelli e le sue lune, inclusa Titano, dove c’è un sistema di circolazione climatica simile a quello terrestre ma a base di metano. Nel caso di Marte, comprendere i motivi della trasformazione che lo ha fatto diventare non ospitale potrebbe aiutarci a simulare una potenziale evoluzione della Terra al verificarsi di certe condizioni e a capire come renderlo abitabile. Esistono anche missioni private, come le Breakthrough Initiative, che cercano la civilizzazione nell’Universo.
Un sistema ibrido.
Numerose stazioni spaziali commerciali in orbita bassa apriranno anche a un mercato di ricerca scientifica, oltre all’uso del dato e delle infrastrutture spaziali, per aiutarci a gestire la crisi climatica. Sembra quindi si vada sempre di più verso una sinergia di intenti tra pubblico e privato, un fatto positivo per costruire un ecosistema virtuoso dove i vari elementi siano bilanciati e si migliorino l’un l’altro.
Un incrocio di competenze tipico delle aziende della space economy, il cui valore continua ad aumentare. Quali saranno le opportunità per i nuovi talenti?
La space economy ha una intrinseca natura interdisciplinare e i giovani che intendono lavorare in questo settore devono acquisire competenze verticali e trasversali. L’offerta formativa non è allineata alle esigenze di crescita del settore, in termini sia qualitativi sia quantitativi. Accade tanto in Italia, quanto nel resto del mondo. In Sda Bocconi stiamo lavorando a un approccio rivoluzionario all’educazione nel settore, anche attraverso lo sviluppo di ricerche che vadano oltre lo stato dell’arte. Gli studenti possono così avere a disposizione informazioni ancora non disponibili, perché nello spazio, per essere vincenti, occorre essere eccellenti.
Perché l’università è costretta a inseguire le evoluzioni del settore?
Questo accade quando ci si trova davanti a tecnologie che maturano in modo molto rapido, anche se prevedibile. La chiave del successo sta nel riuscire ad avere una visione di lungo termine abbinata a una capacità operativa sul breve.
L’Italia ha in atto un piano da 4,7 miliardi di euro per la space economy. I fondi sono impiegati nelle direzioni giuste?
A mio avviso, comunicazioni satellitari e osservazione della Terra, due delle direttrici del programma, sono ormai settori maturi. Occorre concentrarsi su space factory e in-orbit economy. Nel Pnrr, però, la parte dedicata a questi filoni è molto inferiore a quella dedicata all’osservazione terrestre. I motivi di questa scelta sono chiari e condivisibili, ma il gap rimane. Soprattutto, il Pnrr avrà un impatto temporale di pochi anni. Occorre prepararsi con una strategia di medio-lungo termine e occorre farlo ora.
Intanto, anche il numero delle startup italiane in ambito spaziale sta crescendo.
Forse risulterò una voce fuori dal coro, ma non è corretto pensare che per occuparsi di spazio non bisogna sapere di spazio o che lo spazio sia alla portata di tutti. Non è così. Migliaia di satelliti lanciati in orbita non significa che ora sia più facile, ma che come comunità abbiamo imparato a gestire le difficoltà, sempre dietro l’angolo. Anche i parametri da usare per decidere se finanziare o meno una startup devono essere valutati attentamente.
Qual è il criterio più importante per un investitore?
Avere un’idea brillante ed essere diventato il CEO della propria startup non sempre basta. È necessaria una squadra ben articolata. Al convegno organizzato dal SEE Lab, dalla Secure world foundation e dalla George Washington University, un relatore ha portato l’esempio di un investitore che, dopo aver ascoltato un discorso convincente da parte di un CEO di una startup, gli ha chiesto: cosa ne sarà del mio investimento, se tu vieni investito da un autobus?
Non proprio un’immagine rassicurante.
A parte la sua crudezza, la rappresentazione evidenzia come, per avere successo, occorrano numerosi ingredienti amalgamati nel modo più funzionale e completo. A partire da una squadra solida e diversificata.
Di cos’altro hanno bisogno le nuove realtà che si affacciano a questo mercato?
È necessaria una nuova legge che supporti le startup, le pmi e le imprese già consolidate, permetta loro di godere di un ecosistema che favorisca co-investimenti e offra la possibilità di affrontare il mercato globale con un supporto solido alle spalle. In futuro, questo sostegno diventerà sempre più importante, perché, come vediamo, lo spazio sta diventando indispensabile in tutto quello che facciamo e faremo. Come si usa dire, lo spazio è con noi.