Come noto, ChatGPT è il prodotto di punta di una azienda di nome OpenAI, alla ribalta delle cronache da mesi. Per anni si è parlato delle big tech o tech giants riferendosi a Alphabet (Google, ecc.), Amazon, Apple, Meta (Facebook, ecc.) e Microsoft, aziende i cui prodotti e servizi plasmano da decenni la vita di gran parte dell’umanità. Bene, da un anno a questa parte a questo elenco è stata aggiunta OpenAI, azienda praticamente sconosciuta fino a fine 2022 e nata soltanto sette anni prima.
OpenAI ha una storia molto particolare e merita conoscerla anche per comprenderne meglio il fenomeno ChatGPT. È nata il 10 dicembre 2015 nel cuore della Silicon Valley, dove le idee innovative si trasformano spesso in realtà rivoluzionarie e dove le cose accadano, per un motivo o per l’altro, prima che in tutto il resto del monto.
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L’obiettivo principale che questa organizzazione ha dichiarato sin dalla sua fondazione è stato quello di garantire che l’intelligenza artificiale generale sia di beneficio per tutta l’umanità. Non a caso, all’inizio, OpenAI è stata fondata come centro di ricerca non a scopo di lucro e non come società.
I fondatori erano investitori, imprenditori e ricercatori già di grande spicco all’epoca e hanno donato nel complesso un miliardo di dollari all’iniziativa per permetterne lo sviluppo e l’indipendenza; tra questi c’erano Sam Altman, presidente dell’acceleratore di startup Y Combinator, Elon Musk, fondatore di Tesla e SpaceX, Greg Brockman, ex CTO di Stripe.
Altri fondatori della prima ora non hanno investito economicamente, ma hanno messo a disposizione la loro competenza, le loro relazioni o i servizi delle loro aziende, tra questi Ilya Sutskever, John Schulman e Wojciech Zaremba. La visione di OpenAI era chiara: sviluppare un’IAG sicura e di benefico per tutta l’umanità, comunicando in trasparenza l’avanzamento delle proprie ricerche.
Questo approccio aperto era in netto contrasto con la tendenza prevalente di molte altre aziende nel campo dell’AI, che cercavano di mantenere segreti i loro progressi. OpenAI, al contrario di tutti, ha creduto fermamente che fosse necessario un impegno collaborativo e trasparente per affrontare le sfide globali poste dall’AI. Così, la filosofia di OpenAI è sempre stata quella di enfatizzare la cooperazione piuttosto che la competizione, tanto che l’organizzazione ha cercato di collaborare con altre istituzioni di ricerca e di creare un ecosistema globale dove le idee e le scoperte potessero essere condivise liberamente.
Nel suo manifesto iniziale, OpenAI ha sottolineato l’importanza di una ricerca “a lungo termine” e “di ampia portata” sull’AI perché convinta dei grandi benefici che questa potrà portare al mondo negli anni futuri. È stata anche sempre molto cauta, riconoscendo che esistono anche rischi significativi e non prevedibili, in particolare se l’AI dovesse superare le capacità umane in modi non controllati e non etici. Con queste premesse, OpenAI ha iniziato sin da subito le sue ricerche e i suoi primi sviluppi su vari progetti, tra cui il riconoscimento e la creazione delle immagini, l’autonomia dei robot e la gestione del linguaggio naturale, che avrebbe poi portato alla creazione di ChatGPT.
Sviluppo e finanziamenti di OpenAI
Grazie ai capitali e soprattutto grazie alla competenza dei suoi fondatori, OpenAI ha rappresentato un punto di riferimento tra gli addetti ai lavori nel panorama dell’intelligenza artificiale sin dalla sua fondazione. La sua crescita e il suo sviluppo sono stati sostenuti da una combinazione di visione chiara e trasparente, talento tecnico e, naturalmente, finanziamenti adeguati.
I fondi iniziali hanno permesso a OpenAI di attrarre alcuni dei migliori talenti nel campo dell’AI e sostenere i costi di struttura senza preoccupazioni. Questo ha permesso all’organizzazione di concentrarsi sulla ricerca senza la pressione immediata di generare profitti e di perseguire progetti ambiziosi e a lungo termine, come la serie GPT.
Poi, nel corso degli anni, OpenAI ha ampliato le sue fonti di finanziamento e ha cercato partnership e collaborazioni con altre entità, sia nel settore privato che in quello accademico. Come detto, piuttosto che semplici transazioni finanziarie, queste collaborazioni hanno spesso assunto la forma di condivisione di informazioni e di competenze.
Però, a un certo punto, è successo qualcosa, tanto che nel 2018 Elon Musk si è dimesso da tutte le cariche nel gruppo di ricerca, sostenendo che poteva sorgere un conflitto di interesse tra OpenAI e il ramo aziendale di Tesla che si occupa di intelligenza artificiale, ma pochi hanno creduto che questo fosse il vero motivo.
Solo l’anno seguente, nel 2019, OpenAI è diventata una società a scopo di lucro limitato, cioè è diventata a tutti gli effetti una società che deve fare utili, benché abbia nello statuto un limite ai guadagni. E non solo, pochi mesi dopo, ha annunciato una partnership con Microsoft, che ha investito un miliardo di dollari.
Non si può proprio dire che abbia venduto l’anima al diavolo, ma probabilmente i puristi della ricerca informatica l’hanno vista un po’ cosi. Comunque questa partnership ha avuto il merito di accelerare lo sviluppo di tecnologie AI su larga scala, grazie anche all’utilizzo della piattaforma cloud di Microsoft Azure.
Negli anni successivi, compreso il 2023, la società ha aperto il capitale a vari altri investitori, in particolare grandi fondi che investono in tecnologia. A settembre 2023 la società era valutata tra gli 80 e i 90 miliardi di dollari, benché il suo fatturato annuo fosse previsto per ‘solo’ un miliardo di dollari.
Questo significa che gli analisti hanno valutato che il potenziale di crescita del business della società sia esplosivo. Questa ricerca di crescita e questa nuova natura mercantile della società, però, non ha cambiato il modo di porsi al pubblico e la mission di OpenAI, cioè garantire che dell’IAG beneficiasse tutta l’umanità, obiettivo tutt’ora dichiarato anche sulla home page del sito dell’azienda.
È giusto ammettere che, nonostante l’ingresso di capitali significativi e valutazioni astronomiche, per ora OpenAI ha mantenuto l’impegno nella sua missione e nei suoi principi etici. L’organizzazione ha continuato a pubblicare gran parte delle sue ricerche, promuovendo un approccio aperto e collaborativo. Addirittura il CEO, Sam Altman, ha chiesto pubblicamente che lo sviluppo dell’AI e di aziende come la sua sia regolamentato e monitorato dalle istituzioni di tutto il mondo per impedire derive della tecnologia e monopoli aziendali potenzialmente pericolosissimi.
Nascita di GPT e tutte le sue evoluzioni
OpenAI ha colto subito l’opportunità offerta dai sistemi GPT, Generative Pre-trained Transformers, dopo la loro presentazione nel 2017 e ha lanciato GPT-1 già nel 2018. Questo modello, pur essendo impressionante per l’epoca, perché di fatto era già in grado di scrivere in autonomia su un argomento indicato, era solo l’inizio di uno sviluppo straordinario.
GPT-2: la sorpresa e la controversia
Nel 2019, OpenAI ha rilasciato GPT-2. Questa versione era notevolmente più grande e potente del suo predecessore, era capace di scrivere intere disquisizioni partendo da un titolo o dalla descrizione di un argomento. Tuttavia, OpenAI inizialmente ha esitato a rilasciare il modello completo, temendo che potesse essere utilizzato per scopi malevoli, come la generazione di fake news. Questa decisione ha sollevato un dibattito sull’etica dell’AI e sulla responsabilità delle organizzazioni di ricerca. Nonostante le preoccupazioni, la comunità scientifica ha accolto GPT-2 come un passo avanti significativo nella comprensione e generazione del linguaggio naturale. Lo strumento è comunque rimasto ristretto agli addetti ai lavori, alle università e a pochi precursori.
GPT-3: un grande balzo
Nel 2020, il mondo digitale ha assistito all’arrivo di GPT-3. Con 175 miliardi di parametri, era il modello di linguaggio più grande mai creato. La sua capacità di generare testi e codice informatico coerenti ha stupito sia gli esperti che un primo piccolo pubblico di utenti normali. Un esempio particolarmente affascinante è stato un’applicazione che ha permesso a GPT-3 di scrivere un codice software su richiesta, dimostrando un potenziale rivoluzionario per l’industria della programmazione. Questa è stata la prima versione che ha avuto un utilizzo commerciale più diffuso; benché non ancora accessibile ai privati, OpenAI lo ha destinato a poche aziende test selezionate che lo usavano per i loro prodotti, per esempio chatbot nel settore del customer care. Non solo era difficile farsi selezionare come azienda test, ma era anche caro l’utilizzo, infatti il sistema richiedeva una grande capacità di calcolo, che OpenAI ancora non aveva sviluppata come adesso.
ChatGPT: una svolta epocale
Il 30 novembre 2022, OpenAI ha pubblicato ChatGPT, l’evoluzione 3.5 di GPT-3, specificamente ottimizzata per le conversazioni. Questo modello ha combinato le potenti capacità di generazione di testo di GPT-3 con algoritmi avanzati per comprendere e rispondere in modo appropriato alle richieste degli utenti. La sua capacità di interagire con l’utente in modo naturale e coerente ha aperto nuove frontiere negli ambiti più disparati, come si potrà leggere ampiamente nei prossimi capitoli. Sin dal primo giorno, lo strumento è stato dedicato a un pubblico vastissimo, di fatto a tutta l’umanità. Non solo ChatGPT è stato raggiungibile via web da chiunque nel mondo, ma è stato (ed è ancora) gratuito, se pur con certi limiti. Se da un lato questa scelta è in linea con la missione di OpenAI di creare una AI a beneficio di tutta l’umanità, dall’altra ha scatenato un vero terremoto. Fino a quel 30 novembre del 2022, la gran parte della popolazione non aveva avuto rapporti con una intelligenza artificiale se non con gli assistenti vocali a casa o con la guida assistita in macchina. Le persone comuni non immaginavano assolutamente possibile che un computer fosse in grado di rispondere in modo compiuto a domande esplicite di cultura generale e anche specialistiche, e tanto meno che potesse scrivere in autonomia articoli di giornale, ricerche e addirittura poesie.
Gli assistenti vocali di fatto sono un telecomando a voce o al massimo un motore di ricerca a voce, certo non creano. Prima di quel giorno, al massimo, qualche early adopter aveva provato a interloquire con i chatbot degli e-commerce, sentendosi rispondere “non ho capito” o “scrivi all’help desk”. Anche loro di fatto cercavano fra risposte pronte, non creavano. Così, dialogare con ChatGPT è stata un’esperienza sconvolgente per tutti, un’esperienza che ha lasciato increduli anche i più grandi appassionati di tecnologia. Lo stesso Turing, con il suo test, si sarebbe impressionato. Il fatto che questa AI sia nell’ambito del linguaggio naturale, del dialogo, della capacità di comunicare, cioè in una delle funzioni base dell’essere umano, ha reso tutto più sconvolgente e di fatto è stato il modo con cui il mondo, l’umanità, ha preso realmente coscienza dell’intelligenza artificiale e della sua potenza. In molti non si accorgono, ma in realtà è già cambiato tutto nella percezione che l’uomo ha delle macchine e nulla sarà più come prima.
ChatGPT-4: ancora più potente
Non paga di aver cambiato il corso della storia, OpenAI ha già presentato un’evoluzione a ChatGPT con GPT-4, ancora più evoluto ed efficiente. Questa versione è a pagamento, ma chiunque ha compreso la potenza dello strumento la sta comprando a soli 20 dollari al mese, un costo irrisorio rispetto ai vantaggi che offre.
Altri sistemi GPT
ChatGPT è sicuramente il sistema GPT più noto ed è l’oggetto di questo volume, però è giusto sapere che non è l’unico. Infatti ormai esistono numerosi altri sistemi GPT in fase di sviluppo o già disponibili, creati dalle più grandi software house del mondo, e ognuno dalle proprie caratteristiche e potenzialità.
In questo capitolo analizzeremo alcuni dei principali sistemi alternativi a ChatGPT.
Bard
Il principale competitor commerciale di ChatGPT è Bard di Google AI, divisione dedicata all’intelligenza artificiale del gigante informatico. Il sistema è basato su Pathways Language Model 2 o più conosciuto come PaLM 2, un modello linguistico rilasciato alla fine del 2022. Il suo predecessore, PaLM, è il modello originale basato sulla tecnologia LaMDA, Language Model for Dialogue Applications, la prima rete neurale basata sui transformer rilasciata nel 2017, di fatto quella che ha inaugurato l’era moderna dell’AI dedicata al linguaggio naturale. L’azienda sta anche lavorando a un altro progetto parallelo, Gemini, che però non è ancora ancora pubblico al momento della stesura di questo volume.
Meta AI
Naturalmente anche gli altri giganti digitali non vogliono perdere le grandi opportunità che i sistemi GPT potranno offrire. Meta (ex Facebook) sta proponendo al mercato il suo sistema Meta AI e una serie di meta-personaggi, di fatto dei chatbot con caratteristiche peculiari. Il nuovo sistema è basato parzialmente sui vecchi Llama, Large Language Model Meta AI, che Meta ha sempre definito pretrained and fine-tuned, quindi appunto anche con preparazioni specifiche o settoriali.
Ernie 3.5
Nella gara alle AI conversazionali non poteva mancare la Cina, che è scesa in campo grazie a Baidu, chiamato comunemente ‘il Google cinese’, che è in assoluto il principale motore di ricerca in lingua cinese. Ernie 3.5 è naturalmente specializzato nella gestione del linguaggio ideogrammatico, ben diverso da quello alfabetico. Quindi è dedicato prevalentemente alla popolazione di lingua cinese, che è circa tre volte quella di lingua inglese.
GPT-Neo
Esistono anche degli outsider che cercano di farsi largo, uno di questi è EleutherAI; in fondo anche OpenAI era un outsider fino al 2022, come si è visto. Il progetto si chiama GPT-Neo e ha varie versioni preparate su dimensioni diverse di parametri, la più grande supera GPT-3, quindi è ormai competitivo con i sistemi delle società più grandi.
Questi sono i principali sistemi GPT alternativi a ChatGPT, ma ne esistono numerosi altri già disponibili o in fase di sviluppo, ognuno con le proprie caratteristiche e potenzialità. È però difficile immaginare che piccole aziende possano superare i risultati dei grandi giganti del tech. Come visto, il caso OpenAI è stato veramente una eccezione dovuta a fondatori eccezionali con risorse economiche eccezionali. Così, più che la nascita di nuovi sistemi GPT da parte di piccole aziende, è facile immaginare lo sviluppo degli esistenti da parte dei giganti tecnologici e la nascita di infinite applicazioni che si appoggiano su questi. Succederà qualcosa di simile a quello che è successo con i sistemi di mappe digitali: aziende come Uber, Airbnb, il carsharing e molti altri business che si sono appoggiati a Google Maps, Apple Maps e Baidu Maps. Così infinite applicazioni potranno appoggiarsi a ChatGPT, Bard e Ernie per costruire dei Layer2 (livello 2), cioè dei sistemi on-top a essi.
Con queste evoluzioni arriveranno anche responsabilità sempre più grandi che la comunità scientifica, le aziende e la società in generale dovranno affrontare. Le sfide sociali ed economiche saranno sempre maggiori man mano che questi modelli diventeranno sempre più integrati nella vita quotidiana delle persone.
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Quali sfide attendono la società di domani? Quali sono i rischi e quali le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico? Per la rubrica “Futuro da sfogliare” un estratto del libro Chat GPT, l’inizio di una nuova era (Kenness) di Federico Morgantini, imprenditore e giornalista di Forbes Italia, L’Espresso e DigiTech.News su temi tecnologici e finanziari. Nel 2022 ha costituito Morghy Digital, società che sviluppa soluzioni di intelligenza artificiale. Il libro è pubblicato dall’editore Kenness ed è distribuito nel territorio nazionale da Messaggerie Libri.