Da Taiwan un’esperienza magica nei panni di una fattucchiera
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Little Witch Nobeta, metti una strega nel castello. Non è Hogwarts Legacy
Se avete già giocato a Hogwarts Legacy, innamorandovi come noi del mondo magico finalmente disponibile anche in console, sappiate che il panorama gaming ha ancora altro da offrirvi in termini di incantesimi e castelli enormi da esplorare. Little Witch Nobeta non è un titolo che potremmo definire simile all’oper world sviluppato da Avalanche Software (le cui vendite hanno toccato gli 850 milioni di dollari in due settimane dal lancio). Eppure incuriosisce che in un pugno di settimane siano usciti per coincidenza un tripla A dedicato all’IP magico più famoso degli ultimi decenni e un indie che tenta di conquistarsi una fetta di appassionati del genere RPG con le avventure di una maga all’interno di un castello.
Il fascino di Little Witch Nobeta si nota a partire dalla grafica, con tonalità degli sprite quasi levigate. La storia all’inizio è appena accennata: la protagonista è una piccola strega, di nome Nobeta, che sta per entrare in un grande castello. Parte senza troppi preamboli l’esplorazione di lunghi corridoi, stanze e angoli della magione dove ad attenderla ci sono spiriti e nemici pronti a scaraventarle addosso maledizioni.
Nello svilupparlo, lo studio taiwanese Pupuya Games ha scelto un combat system in real time e, dobbiamo riconoscerlo, è la soluzione migliore. C’è spazio per correre attorno ai nemici, sorprenderli oppure scappare se si è troppo deboli. A livello di difficoltà, Little Witch Nobeta riprende l’anima dei soulslike, con una curva della difficoltà che impenna molto alla svelta e che richiede un costante impegno da parte del gamer nel dosaggio della stamina.
A livello di interni, il castello di Little Witch Nobeta ci ha ricordato un po’ quel minimalismo (leggi pochissimi dettagli) di titoli come Shishi: Timeless Prelude e Potato Flowers in Full Bloom. Si nota alla svelta che l’intera esperienza verte sul combat system più che sull’esplorazione vera e propria. Nel complesso però il voto sul titolo è senz’altro positivo, anche per scontri che difficilmente risultano noiosi e ripetitivi, richiedendo invece uno studio costante degli avversari e dei loro pattern d’attacco. Disponibile soltanto con sottotitoli in inglese, ha una storia che fa da sfondo. Gli amanti degli anime e della cultura orientale si ritroveranno senz’altro a proprio agio.
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