Collaborazioni trasversali e nuove alleanze per fare “open innovation”: questo è stato il tema della nuova puntata di LIFE, il vocabolario dedicato al futuro della salute
L’innovazione oggi corre veloce e per le aziende non è più sostenibile portare avanti da sole la ricerca di nuovi prodotti o applicazioni: bisogna aprirsi al mondo e collaborare, investendo risorse economiche ed umane, coinvolgendo anche i cittadini in questo processo e tenendo fermo lo sguardo su invenzioni che siano accessibili a tutti. Ne hanno parlato gli ospiti della diretta di Life, organizzata da Startupitalia in collaborazione con Sanofi Pastuer, dedicata all’open innovation. Innovatrici e innovatori da tutto il mondo hanno analizzato il tema da diversi punti di vista: chi fa ricerca e chi ha fondato una startup, chi segue il processo innovativo all’interno delle aziende e chi lo supporta dall’esterno. Gli originali spunti visual del disegnatore ed esperto di tematiche scientifiche Giulio Pompei hanno accompagnato l’incontro, moderato da Anna Gaudenzi e Giampaolo Colletti.
“L’innovazione è un processo che va ripensato in maniera totalmente aperta, invitando davvero tutti alla co-creazione: non solo gli esperti, ma anche le persone stesse che in futuro utilizzeranno le innovazioni. Così si accorciano i tempi e, soprattutto, si diminuisce il rischio di fallimento nel momento in cui i prodotti arrivano sul mercato”: questa la riflessione iniziale di Simona Maschi, co-founder e ceo del Copenhagen Institute of Interaction Design, uno dei 20 centri di ricerca più interessanti in Europa. Quali sono i progetti di cui si sta occupando il CIID? “Nell’ultimo anno abbiamo lavorato in simbiosi con un contesto che è alle prese con la pandemia, cercando di adattare le nostre sfide alle nuove esigenze: con Lego, per esempio, abbiamo pensato a una forma di gioco più digitale, poi ci siamo occupati di didattica per gli adolescenti sul tema della sostenibilità e di futuro dell’agricoltura, pensando anche alla valorizzazione dell’abitudine di cucinare a casa. Questo è un esempio di totale crowdsourcing proprio perché tutti possono condividere la loro esperienza culinaria grazie al web. E’ anche un comportamento sostenibile, perché così si diminuisce la quantità di rifiuti prodotta, si aumenta la socialità e si apprezza di più la genuinità degli ingredienti”.
La natura come modello di innovazione
L’attenzione all’ambiente è al centro della ricerca del CIID, che ha aperto anche una sede in Costa Rica, Paese conosciuto nel mondo per la notevole biodiversità che lo caratterizza e per l’esperienza nel campo delle energie rinnovabili. “La natura è un grande esempio di open innovation perché è in continua evoluzione”, ha sottolineato Maschi. Non a caso la biomimesi è una disciplina di recente formazione che studia e imita i processi biologici e biomeccanici degli esseri viventi come fonte di ispirazione per il miglioramento delle attività e tecnologie umane. “Stiamo lavorando a un device wearable in grado di riprodurre alcune abilità degli animali che l’uomo non ha, come lo spiccato senso della geolocalizzazione che hanno i serpenti”.
“Sono due le sfide principali legate all’open innovation”, ha proseguito Andrea Zorzetto, managing partner di Plug and Play, la più grande piattaforma di innovazione al mondo, nata nella Silicon Valley, con oltre 35.000 startup e 500 aziende partner. “Innanzitutto per quanto riguarda le persone è importante che questo tema coinvolga tutto il personale e che ci sia un team di open innovation ben collegato alle varie unità dell’azienda. L’altra sfida si gioca a livello di processi: di fronte a un’innovazione che corre sempre più veloce le aziende hanno bisogno di diventare più snelle e flessibili per stare al passo con i cambiamenti. La collaborazione con le startup, per loro natura più dinamiche, è centrale”.
L’innovazione dei distretti industriali italiani
“I vaccini anti-Covid sono stati un grande successo di open innovation. Quasi tutte le big pharma hanno collaborato con startup e centri di ricerca, soggetti più agili e più pronti ad affrontare sfide ad altissimo rischio come quelle poste dalla pandemia”, ha proseguito Stefano Mainetti, executive advisor di Polihub. Qual è la situazione in Italia? “Pur essendo un Paese di piccole città e di piccole imprese rispetto al resto del mondo, abbiamo dei distretti industriali con grandi potenzialità, come dimostra la Motor Valley di Modena. Ci sono però alcuni aspetti da potenziare, come la capacità di collaborare in modo virtuoso nel lungo periodo, che richiede una grande visione strategica, e la disponibilità di fondi di Corporale Venture Capital”.
Tommaso Portaluri è innovation manager di IN – Innovation and Project Management srl, società di Udine che supporta il finanziamento di progetti R&D per centri di ricerca, aziende e start-up: “Sosteniamo organizzazioni private e pubbliche nella partecipazione a progetti di innovazione europei, nazionali e locali, fornendo servizi e consulenza professionale di gestione dell’innovazione. Negli ultimi 10 anni abbiamo veicolato oltre 70 milioni di euro in funding diretto e dai nostri progetti sono anche nate varie startup, alcune molto affermate in ambito medico”.
L’impatto dell’innovazione sulla società
“La collaborazione con startup e aziende è importante perché possono fornire alla ricerca tematiche su cui lavorare”, ha sottolineato Vieri Giuliano Santucci, ricercatore presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR. “E’ anche giusto, però, che la ricerca, soprattutto quella pubblica, non sia totalmente application oriented: se lasciata libera di svilupparsi, può persino arrivare a individuare soluzioni che si riveleranno utili per problemi futuri, che non si sono ancora manifestati nel presente”. Fondamentale è avere sempre in mente anche l’impatto sulla società: “I benefici dell’innovazione vanno messi a disposizione di tutti i cittadini. Attenzione a non aumentare i divari sociali”.
Startup e aziende, ma anche università. Isabella Castiglioni è professoressa ordinaria di fisica applicata all’Università di Milano Bicocca e fondatrice della startup Deep Trace, che opera nel campo dell’intelligenza artificiale combinandola con l’imaging medica:“Le competenze sono centrali per l’open innovation: compito dell’università è fornire agli studenti le necessarie basi formative, nonché aggiornare costantemente i programmi di studio per stare al passo con le richieste del mercato. La collaborazione con le startup che nascono come spin-off dagli atenei è il naturale proseguimento di un percorso che altrimenti l’università non riuscirebbe a supportare: è uno scambio reciproco di esperienze e competenze”.
Quando l’open innovation nasce da aziende competitor
“Open innovation significa anche collaborazione tra aziende competitor in nome di un obiettivo comune”, ha concluso Francesca Trippi, Medical Manager FLU di Sanofi Pasteur, sottolineando come il produttore farmaceutico francese abbia collaborato con la britannica GlaxoSmithKline alla messa a punto di un nuovo vaccino anti Covid, Vidprevtyn, ora sotto esame dell’Ema. Non solo: Sanofi, uno dei maggiori produttori di vaccini al mondo per vendite, ha di recente dichiarato che investirà circa 400 milioni di euro all’anno in un centro di eccellenza per i vaccini mRNA, il primo nel suo genere. L’obiettivo? Produrre almeno sei nuovi vaccini sperimentali sull’uomo entro il 2025.