Per il nostro longform domenicale l’incontro con il fumettista e illustratore Lorenzo Ceccotti, noto anche con lo pseudonimo di LRNZ. La sua carriera spazia dal cinema al fumetto e ha co-fondato EGAIR, associazione che chiede alla politica regole chiare sull’intelligenza artificiale
«Se prendi un qualcosa prodotto dagli esseri umani, lo saccheggi e lo metti a reddito di aziende private è grave. Resto convinto del fatto che si stia parlando di diritti inalienabili violati. Dove sta scritto che l’AI di Midjourney debba sapere come è fatta una particolare persona?». Lorenzo Ceccotti, classe 1978 di Roma, è un artista con lunghi anni di esperienza nel mondo della creatività, tra arte digitale, graphic novel e animazione. Un patrimonio, il suo e quello di moltissimi altri, che a suo avviso rischia di essere travolto dall’assenza di norme e dalla spregiudicatezza di certe aziende. Ecco perché ha co-fondato EGAIR, acronimo che sta per European Guild for Artificial Intelligence Regulation, il cui manifesto chiede alla politica anzitutto un’accelerazione sulle norme prima che sia troppo tardi e il lavoro di tutti venga messo a rischio.
Prima di affrontare la questione AI, ci racconti di te? Come sei diventato un artista?
Ho una famiglia di artisti: papà architetto e mamma musicista. Sono stato fortunato, perché mi hanno educato all’immagine. Mi reputo un artista designer, un disegnatore che presta la propria arte ad animazione, fumetto e cinema. Nel mio lavoro mi piacciono tutti gli strumenti, adoro sperimentare nuove vie del digitale da quando sono ragazzo: sono stato fra i primi a esplorare nuove tecniche di comunicazione con rich media e internet già alla fine degli anni Novanta. Mi piace collaborare con chi ha competenze diverse dalle mie, coder in particolare.
All’ultimo SIOS23 Florence si è discusso di AI e arte. Quand’è che ti sei accorto che stava arrivando qualcosa di importante?
Quando Google ha reso disponibile alcuni anni fa DeepDream. Parliamo di esperimenti di deep learning per la creazione di immagini astratte, come cani con mille occhi. Sono contenuti singolari, generati da zero da un pc senza nessun intervento umano. È il primo assaggio dell’approccio contemporaneo, partito su dataset davvero ridotti.
Sembra che il mondo artistico sia davvero preoccupato dell’AI. A Hollywood lo sciopero degli sceneggiatori è durato mesi e continua quello degli attori. Vi ritrovate nelle loro istanze?
È assolutamente in linea con le nostre richieste. I produttori cinematografici vorrebbero utilizzare i dati biometrici raccolti in fase di ripresa per poi riutilizzarli all’infinito. Questo va contro ogni buon senso. Noi invece diciamo che ogni utilizzo di dati, specie ricoperti da privacy o diritto d’autore, deve avvenire soltanto alla luce del consenso. Non può esistere un contratto che spezzi un diritto inalienabile. Nell’ultimo film di Indiana Jones è stata utilizzata l’AI per ringiovanire il volto di Harrison Ford. Ma l’attore non ha ceduto i propri dati se non per quella pellicola. Applicazioni ragionevoli dell’AI ci sono e quindi non c’è motivo per non adottarle sempre.
Nel manifesto dell’EGAIR spiegate che, se non si agisce in tempo, questo sarebbe “solo l’inizio di una crisi che colpirà tutti i tipi di lavoro e di occupazione, siano essi lavori creativi o meno”
È lo scenario in cui finiremo se manteniamo questa direzione. Alla fine comanderà chi avrà il vapore, le macchine. Oggi il copyright impedisce a un qualsiasi colosso dell’animazione di utilizzare il mio lavoro per farci quel che vuole. Dovrebbero firmare un contratto e questo grazie al fatto che i miei diritti sono inalienabili. Ma se tutti possono prendere tutto, allora chi ha la forza di raggiungere molti utenti comanderà.
L’AI porta con sé anche un altro rischio, quello legato al deep fake. Immagini, video e audio inventati che potrebbero essere usati per inquinare il dibattito pubblico
Porto l’esempio di Midjourney (il software che crea immagini partendo da un testo, ndr). Una persona che conosco ha realizzato quella famosa immagine del Papa vestito con cappotto bianco, stile trapper. Ha fatto sorridere in molti, ma facciamo un passo oltre. Se pensiamo che in realtà si parla di una persona come tutte le altre, mi chiedo, dove sta scritto che Midjourney debba sapere come è fatta una persona per poi ritrarla in un’immagine? Chiunque potrebbe finire in copertina a un libro a sua insaputa e magari anche all’insaputa di chi l’immagine l’ha acquistata da un servizio generativo. Il punto è proprio che non dovrebbero esserci immagini nei dataset che non siano state liberate con il consenso informato e da un contratto che ne regoli lo sfruttamento.
La vostra preoccupazione sembra però in linea con quella dei Ceo di grandi aziende. Sam Altman, l’uomo dietro a ChatGPT, ha incontrato capi di Stato e di Governo chiedendo che si regoli l’AI. Come leggi tutto questo?
Non credo che siamo affatto in linea e penso che mentano. Il problema non è l’AI, il problema sono queste persone. Se pensi di dirigere un’azienda che va verso una direzione pericolosa ebbene il problema sei tu. Loro si difendono dicendo che l’AI nelle mani sbagliate potrebbe distruggerci, mentre nelle loro è al sicuro. Ma è un modo perverso di ragionare. Ci sono solo aziende che vogliono fare un sacco di soldi e che invece dovrebbero sottostare alle scelte e ai limiti posti dalla comunità. A oggi, come cittadino europeo, io non ho la libertà di di rifiutarmi di collaborare attivamente con le aziende di capitali private di questi individui di cui non condivido nulla eticamente. Mio malgrado vengo depredato del valore delle mie opere e dei miei dati, contribuendo a migliorare giorno dopo giorno il loro servizio, rendendo sempre più irresistibile la loro unique selling proposition.