“Il cloud è un paradigma irreversibile; non si torna indietro, ma mancano figure competenti”, dice Stefano Mainetti, professore alla Business School del Politecnico di Milano
Quali sono le opportunità per le startup che oggi offre il cloud? Come proteggere i propri dati? Quale è lo scenario italiano? Cloud Day, la conferenza tecnica dedicata al cloud computing ha mostrato i vantaggi in termini di tecnologia, feature, scenari, costi. Tra i partecipanti, i rappresentanti di AWS, Google, Microsoft, IBM e MongoDB. Dai container a serverless, dallo storage a machine learning e servizi cognitivi, passando per IoT e DevOps, il cloud non è un mero “Hosting 2.0”, ma un’opportunità di innovazione dalla quale trarre vantaggio competitivo, livelli di servizio irraggiungibili sinora e anche risparmio economico. Un mondo molto interessante, ma quale è il prezzo da pagare?
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Confidential computing: quanto sono al sicuro i nostri dati?
“Il cloud è nato principalmente per rispondere alle esigenze dei clienti – afferma Fabio Santini, direttore della Divisione Global Partner Solution di Microsoft Italia – Oggi il cloud è una piattaforma scalabile, globale, distribuita, che si paga a consumo ed è qualcosa che tutti quanti, oramai, riconosciamo come valore. Il problema di fondo è la catena di fiducia che i clienti hanno nel cloud: si parla di confidential computing“.
“Il problema di fondo è la catena di fiducia che i clienti hanno nel cloud”
“Il problema della privacy resta centrale e il cliente non si fida perché la cloud platform mette lui stesso al centro, con le sue app e i suoi dati. Attorno a lui ci sono diversi attori che hanno i permessi per accedere a questi dati. Questo è l’argomento che spaventa di più perché il cliente non ha la certezza che i suoi dati non siano visti e vorrebbe far accedere ai suoi dati solo coloro di cui si fida. Una soluzione è criptare i dati, come fa anche Microsoft, ma questo succede quando si è già presenti nel cloud, perciò si deve pensare a proteggere anche i dati in transito. Il confidential computing nasce per eseguire un codice in un ambiente fidato riducendo la catena di fiducia perché gli attori che girano attorno al cliente sono sempre meno, permettendo al cliente stesso di scrivere il codice. Per fortuna, oggi lo possiamo fare”.
Cloud: un mondo bellissimo ma ci sono le competenze?
“Le competenze sono centrali per quello che facciamo e per lo sviluppo del cloud – commenta Olimpia Merlo, Amazon Web Services – La commissione europea dice che entro il 2030 almeno l’80% delle persone dovrebbe avere competenze digitali di base. Le infrastrutture anche devono essere interconnesse e arrivare a tutti. Allo stesso tempo, le aziende devono utilizzare servizi avanzati per il cloud e i data. Oltre agli innovatori, ci sono le PMI che devono raggiungere almeno il 90% di intensità tecnologica di base. Il settore pubblico ci obbliga a iniziare a utilizzare alcuni servizi con accesso ai servizi di base per il 100% della popolazione, accesso alle cartelle cliniche online e all’identità digitale”. Secondo uno studio condotto da Public First, il 49% degli intervistati a iniziato a usare il cloud soltanto negli ultimi 3 anni e la scarsità di competenze digitali sta ostacolando le aziende nella transizione al digitale. Il 38% delle imprese intervistate ha dichiarato che la crescita è diminuita; il 21% che sono aumentati i costi e il 22% che è stato rallentato lo sviluppo di nuove tecnologie. Dati che sono stati messi in evidenza anche dall’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano di cui è responsabile scientifico Stefano Mainetti, professore alla Business School del Politecnico. “Il tema delle competenze mancanti resta centrale – ha dichiarato il professor Mainetti in un’intervista a StartupItalia – Il cloud vede di fronte a se una nuova complessità con la gestione di elementi fisici su un codice. Per fare questo switch c’è, chiaramente, bisogno di figure professionali competenti. Per questo si deve insistere sulla formazione e sull’aggiornamento continuo di chi in questo ambito già ci lavora. E’ un mercato in costante evoluzione e che ha bisogno sempre più di figure femminili. Si pensi che oggi sono solo il 10% le donne che lavorano nel settore del cloud. Ce ne è bisogno anche perché è un settore in cui la multidisciplinarietà è prioritaria e le donne, in questo, sono forti”.
“Oggi sono solo il 10% le donne che lavorano nel settore del cloud”
Le sfide ambientali del cloud
“Il cloud, oggi, è un paradigma irreversibile che fa parte del nostro processo di industrializzazione dove le infrastrutture sono software e l’impatto ambientale deve essere sempre più sostenibile – afferma il professor Mainetti – Ma la sfida ambientale ha un costo. Aruba, ad esempio, ha comprato 7 centrali idroelettriche ma se quella centrale funziona a gas è chiaro che l’impatto ambientale comunque si fa ancora sentire. Possiamo dire che oggi c’è sensibilità su questo tema anche perché i certificati ESG sono, oramai, indispensabili”.