Di lui i ricercatori dicono che è «un laboratorio ambulante per la scienza e per l’umanità». Per la nuova puntata di “Around Tech World” la storia di Mike Haddad. «Vi spiego perché la lotta ai cambiamenti climatici deve tener conto delle persone con disabilità»
Per tutto dicembre il mondo è stato con gli occhi puntati sulla Cop 28: negoziatori da una parte, attivisti dall’altra, mai così tanti delegati alla Conferenza delle Nazioni Unite all’Expo City di Dubai. Ma uno in particolare, Michael ‘Mike’ Haddad, è andato negli Emirati arabi con un compito del tutto speciale, richiamare l’attenzione di tutti sulla necessità di includere le persone con disabilità nelle strategie e nelle decisioni per invertire la situazione drammatica del pianeta di cui siamo custodi.
Chi parla di risultato storico, chi di traguardi deludenti, sta di fatto che Cop28 si è conclusa con un solo accordo per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili entro il 2050. Come si pone Haddad in tutto questo? Lui si dichiara ‘a man with a mission’: tetraplegico e ciò nonostante professionista degli sport di resistenza. Cammina grazie ad un esoscheletro tecnologico, sviluppato appositamente per lui, e l’aiuto di due stampelle. Sa benissimo, Mike, proprio come noi, che gli eventi estremi legati al clima – inondazioni, incendi, valanghe – sono in aumento. E particolarmente sfidanti per le persone come lui: la sua missione, quindi, è battersi per le persone con disabilità e per l’ambiente.
Mike è libanese e vive a Beirut, ma la sua missione lo porta in giro per il mondo, letteralmente passo dopo passo, con diverse iniziative per chiedere azioni concrete per la crisi climatica. Dal 2019 è Ambasciatore regionale di buona volontà dell’Undp (Onu). E Dubai gli ha offerto l’occasione per una breve marcia simbolica nella zona verde, ancora una volta per richiamare l’attenzione verso le persone con bisogni speciali e l’urgenza di iniziative per il clima. La marcia ha destato interesse generale ed è stata seguita da diversi media come la Cnn.
Dalla disavventura una nuova vita
Michael Haddad all’età di sei anni subisce una lesione al midollo spinale. Tre quarti delle sue funzioni motorie sono perse, ma proprio allora comincia la sua nuova vita, una vera e propria sfida a se stesso, portata avanti insieme a ricerca scientifica e forza di volontà. «È stato un duro lavoro», racconta, «ma con l’aiuto della medicina, della fede e con grande tenacia, sono tornato a camminare».
Ha un esoscheletro che gli stabilizza tronco, spalle e braccia e gli consente di spingere il corpo in avanti e di muoversi, un passo alla volta, con l’aiuto delle stampelle. E’ stato sviluppato appositamente per lui da un team di ingegneri, medici e ricercatori con tecnologia adattiva: Michael è stato seguito da vicino dagli scienziati dell’American University di Beirut (AUB), dalla Libanese American University (LAU) e da altre istituzioni internazionali. Un gruppo multidisciplinare che comprende dai neurologi ai fisioterapisti agli ingegneri. Insieme, studiano le prestazioni del fisico di Haddad e la neuroplasticità del suo cervello per capire meglio come esegue queste imprese. «Michael è un laboratorio ambulante per la scienza e l’umanità», dicono di lui i ricercatori. E questo perché ottiene dal suo esoscheletro più di quanto si pensasse fosse possibile dal punto di vista medico. Il team scientifico che studia le sue tecniche di locomozione spera di poter costruire un esoscheletro più leggero e, grazie ai nuovi traguardi della tecnologia, ‘intelligente’ e in grado di migliorare l’equilibrio e l’energia, in modo che gli utenti possano tenersi in equilibrio in modo personalizzato. Un salto tecnologico senza precedenti.
L’atleta che non può fermarsi
Mike intanto si muove senza sosta: è arrivato fino al Polo Nord, ha scalato montagne e attraversato deserti. Ha incontrato diverse personalità, da Papa Francesco al Segretario Onu Guterres. Neanche la pandemia l’ha fermato: a Beirut ha organizzato una maratona per raccogliere fondi per la ricostruzione dell’ospedale devastato dall’esplosione al porto (il 4 agosto 2020), Se posso farlo io, ha osservato, tutti possono riuscirci.
Il suo messaggio è chiaro: «Dobbiamo tessere un arazzo di unità, dove i fili della coscienza climatica si intrecciano con la forza dell’inclusione». E ci richiama all’azione: «Insieme, italiani di tutte le abilità, dobbiamo abbracciare un futuro sostenibile, dove nessuno viene lasciato indietro nel nostro viaggio verso un mondo più verde e più accessibile».
La prossima missione
Mike Haddad attualmente si sta preparando per la sua sfida più grande, percorrere 100 chilometri nel Circolo polare artico, per attirare attenzione sullo scioglimento della calotta glaciale, una delle manifestazioni più gravi del cambiamento climatico. La Arctic Walk for Action dovrebbe svolgersi in Norvegia alla fine del 2024. «Lasciamo che la nostra forza collettiva sostenga l’inclusione, garantendo che ogni individuo, indipendentemente dalle capacità, sia parte di una rivoluzione sostenibile. La nostra passione alimenterà un futuro più luminoso e più accessibile per tutti!», dice ancora. E’ vero che una sola persona non può salvare il pianeta. E nemmeno l’esoscheletro più hi-tech e ‘intelligente’ può dare la forza di volontà necessaria a superare le avversità. Ma a volte qualcuno come Mike Haddad ti manda gli auguri di buon anno ed è un segno. Possiamo farcela.