«C’è questa idea secondo cui i ricchi vorrebbero vivere per sempre. E onestamente credo che qualcuno miri a quello. La Fontana della giovinezza, affresco presente nel Castello della Manta in provincia di Cuneo, lo spiega chiaramente: è almeno dal Medioevo che esiste questo sogno. Quella longevità assomiglia molto al concetto di immortalità. Noi preferiamo ragionare di longevità in salute: non parliamo di vivere in eterno». Il tema è affascinante, perché riguarda il rapporto con il passare del tempo e, inevitabilmente, la morte che attende ciascuno di noi. Nicola Palmarini è il Direttore del National Innovation Centre for Ageing, incarico che ha iniziato a ricoprire nel 2019 dopo anni trascorsi in giro per il mondo, lavorando soprattutto in IBM, Big Tech che tra le tante cose si occupa pure di iniziative che hanno impatti sulla società.
Palmarini: cosa determina la salute
Per la rubrica “Italiani dell’altro mondo” abbiamo dunque intervistato un talento italiano che lavora da anni a Newcastle, in Inghilterra, dove è stato chiamato dal governo inglese per aprire un centro che diventasse polo di eccellenza sulle tematiche della longevità. «Ci tengo a precisare: non viene finanziato dal ministero della Salute, ma dal ministero dell’Innovazione. Aiutiamo imprese pubbliche e private a fare progetti sulla longevità. Dalle startup alle grandi aziende».
Come ci ha mostrato Simone Bianco di Altos Labs, una delle società californiana che operano su questa frontiera di ricerca, la longevità ha molto a che fare con la ricerca scientifica e farmacologica. Non è improbabile che parte della soluzione per una vita più lunga e più sana deriverà da trattamenti e medicinali. Sarebbe però sbagliato pensare che tutto il resto non conti. «I determinanti della salute sono diversi secondo l’OMS: quello della cura incide per l’11%, il 22% è rappresentato dalla genetica, il 7% deriva dall’ambiente. La parte maggioritaria, il 60%, va ricercata però in aspetti sociali e comportamentali».
A chi interessa la longevità?
Significa che per star bene è senz’altro necessaria la cura reattiva, quando si ha un problema, ma sempre di più si parla di medicina preventiva, in un’ottica di maggior attivismo da parte del paziente che non dovrebbe scoprire di aver un problema all’ultimo momento. Come ci ha spiegato Palmarini, uno degli equivoci da evitare è confinare la longevità a un tema legato alla vecchiaia. «Non ha molta efficacia smettere di fumare a 65 anni: è meglio non iniziare a 20. La vera parola che si associa alla longevità è la prevenzione. Ma non esiste ancora un modello di business collegato».
Può sembrare banale, ma la longevità in salute richiede comportamenti corretti per mantenersi, appunto, in salute: dall’alimentazione al sonno, fino all’attività fisica. Al netto delle notizie di colore che acchiappano l’attenzione dell’opinione pubblica con i miliardari (tra questi, ad esempio, Jeff Bezos) impegnati a finanziare le nuove pharma company per trovare il presunto elisir, sta crescendo in effetti un ecosistema di aziende impegnate su questo verticale.
Medicina nello spazio
«Fino a cinque anni fa non avevamo la capacità computazionale che abbiamo oggi. Ecco allora che l’intelligenza artificiale ci permette di fare modelli predittivi e accelerare i clinical trial, un processo tipicamente molto lungo». L’AI generativa, per ora, non è ancora arrivata al momento eureka, in cui riesce da sola a compiere una scoperta scientifica (un domani, chissà). «In giro per il mondo ci sono startup al lavoro su questo: ZOE, in Uk, offre uno dei servizi più sofisticati per capire il livello di salute: fa analisi sangue e delle feci da remoto, mappa il microbiota. È ancora abbastanza caro, ma ha svolto un lavoro incredibile sulla educazione». Su StartupItalia ne abbiamo scritto per via dei recenti licenziamenti, trend che riguarda da diverso tempo parecchie società innovative.
E che dire delle biotech che hanno trovato l’ispirazione nella space economy per la longevità? «Cosmica simula la spedizione dei campioni di sangue nello spazio, ricreando situazioni di microgravità. E dato che la permanenza in orbita accelera l’invecchiamento, a quel punto l’azienda è in grado di verificare quali sono le parti danneggiate da questo futuro e si concentra sul riparare preventivamente là dove la persona avrà problemi. Perché riescono a prevedere come invecchierà. In prospettiva credo che tecnologie simili diventeranno una commodity».
L’Italia è condannata all’inverno demografico?
Secondo Palmarini non esiste settore in cui non si possa ragionare su possibili opportunità di business legate alla longevità. «In Italia dovremmo renderci conto che longevità è tutto quello che non riguarda l’healthcare». Nel Paese l’età media sfiora i 50 anni, nel 2023 sono stati 380mila i nuovi nati e dal 2020 al 2022 il calo è stato del -29,3% rispetto al triennio 2008-2010. È l’inverno demografico di cui si discute.
«Oggi registriamo meno di 1,3 figli per donna, mentre 2,1 sarebbe il livello minimo per garantire un ricambio generazionale. Personalmente credo sia impossibile recuperare quel gap – ci spiega Palmarini -. E non possiamo risolvere il problema dell’inverno demografico senza parlare di immigrazione, o senza supportare le donne a restare nel ciclo del lavoro. Forse è ora di renderci conto che il nostro capitale certo e crescente sono le persone che invecchiano. Su quelle dovremmo investire oltre al banale costrutto sociale della pensione». La longevità ci aiuta a sviluppare un’idea di vecchiaia lungo il corso della vita, nella prevenzione della malattia – che invece sembra essere l’unico concetto legato ad essa. «Il nostro target è occuparci di tutte le coorti generazionali, con grande attenzioni ai più giovani, loro dovranno arrivare agli 80 anni il più possibile in salute. Ne avranno bisogno il Paese e la sua società».