Lo studio si intitola “Io’s tidal response precludes a shallow magma ocean” ed è stato pubblicato su Nature, una delle riviste scientifiche più autorevoli al mondo. Sotto la superficie di Io, il satellite Galileiano più vicino a Giove, non c’è un oceano di magma liquido come si era pensato fiora, bensì un mantello solido. Alla pubblicazione hanno collaborato anche diversi ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma e dell’Università di Bologna.
Chi ha guidato la ricerca su Io pubblicata da Nature
«La risposta della luna alle forze di marea esercitate da Giove è risultata piuttosto bassa – ha detto Luciano Iess, professore presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale dell’ateneo romano – indicazione dell’assenza di un oceano di magma vicino alla superficie e, piuttosto, della presenza di un mantello solido profondo al suo interno».
La ricerca, coordinata da Ryan Park del Jet Propulsion Laboratory dalla NASA, si è basata sui dati collezionati dalla sonda Juno dell’Agenzia spaziale USA durante due recenti sorvoli ravvicinati della luna insieme ai dati storici della missione Galileo, la sonda della NASA che tra il 1995 e il 2003 ha esplorato il sistema di Giove.
Io, cosa sappiamo sul satellite di Giove?
Io è un satellite unico nel sistema di Giove e questo è dovuto alla sua intensa attività vulcanica, che lo rende l’oggetto geologicamente più attivo del sistema solare. Per decenni si è creduto che l’enorme attrazione gravitazionale di Giove fosse sufficiente a creare un oceano di magma sotto la sua superficie, capace di alimentarne i vulcani. Le misure di induzione magnetica condotte dalla sonda Galileo avevano infatti suggerito la presenza di un oceano di magma sotto la superficie di questa luna.
Un simile scenario è stato però rivisto a seguito delle nuove osservazioni realizzate da Juno, la sonda che dal 2016 sta esplorando Giove e, più recentemente, le sue lune. Juno ha sorvolato per due volte Io a circa 1.500 chilometri di quota, raccogliendo dati del campo gravitazionale della luna. I risultati dell’analisi mostrano una risposta gravitazionale della luna alle forze di marea piuttosto modesta.
«La combinazione dei dati acquisiti da Juno con quelli collezionati dalla sonda Galileo oltre 20 anni fa – ha aggiunto Daniele Durante, ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale alla Sapienza di Roma – ha permesso di migliorare la stima della risposta mareale di Io, che fornisce indicazioni dirette della deformabilità della struttura interna della luna».