«Parti addestrato per affrontare le situazioni più critiche e senza paura. Tutto è previsto. Ma quando arrivi lassù e vedi la Terra dall’alto, sei travolto da un’onda di emozioni» Walter Villadei, astronauta, ingegnere aerospaziale, colonello dell’aeronautica militare, è uomo di ricerca. «Sono un astronauta che conserva gli occhi con cui da bambino sognavo di esplorare le stelle». Ha partecipato a missioni che hanno spinto la nostra conoscenza oltre, ha diretto esperimenti per capire gli effetti della microgravità e la vita su Marte. È appena tornato dalla missione Axiom 3: il volo doveva durare 14 giorni ma le brutte condizioni meteo ne hanno rallentato il rientro. Ed è durato 21 giorni. Con 38 ore di volo libero di andata dalla terra alla stazione. E 41 ore per il rientro. Un viaggio atteso per lui da oltre 13 anni. «La mia storia dimostra che chi la dura la vince».
I viaggi spaziali di Walter Villadei
Capitano del Falcon 9, con Space X, pilota della missione AX3, è decollato il 18 gennaio dal Kennedy Space Center a Cap Canaveral. Ha trascorso tre settimane nella Stazione spaziale internazionale «Un’esperienza straordinaria in cui ho imparato tantissimo. La cosa più importante? Ho imparato ad affrontare i miei limiti. Limiti di tipo cognitivo. E per quanto l’addestramento sia finalizzato a dare agli astronauti straordinarie abilità, quando arrivi a quel punto zero, in cui tutto si accende per la prima volta, ti ritrovi un uomo travolto dalle emozioni. Arrivare a bordo della stazione e imparare a muoversi è come tornare bambini, devi controllare il corpo che si muove in modo completamente differente. Poi impari a relazionarti con gli altri. Eravamo 4 astronauti di diverse nazionalità».
La missione Voluntas è durata 21 giorni. «Le condizioni meteo ci hanno impedito di fare il cosidetto undocking, cioè di staccarci dalla stazione internazionale quando era previsto. Per cui siamo rimasti 4 giorni in più. Paura? No. La paura è un meccanismo di protezione naturale, ma non blocca l’astronauta, che impara presto ad affrontare le questioni di emergenza».
Com’è la Terra vista dall’alto? «Affacciarsi dalla cupola della stazione spaziale internazionale e vedere il mondo e la sua bellezza è uno spettacolo straordinario. Partiamo addestrati ad affrontare le situazioni più critiche, ma poi siamo uomini e le emozioni ci travolgono». Romano, classe 1974, figlio di una generazione cresciuta con SuperQuark. «Ricordo ore e ore trascorse a guardare esploratori che erano andati nelle parti più remote del Pianeta, pensando: ci andrò anche io». Laurea in ingegneria aerospaziale, Colonnello dell’aeronautica («sono da 30 anni in questa meravigliosa arma azzurra») Villadei lavora per Axiom, società che sta costruendo la nuova stazione spaziale internazionale, destinata a diventare il porto di partenza delle prossime missioni sulla Luna e su Marte.
Una nuova casa per l’uomo nello spazio
«L’attuale stazione spaziale internazionale compirà 30 anni nel 2028. È un’infrastruttura vecchia che gli americani hanno deciso di sostituire, coinvolgendo aziende private che stanno già realizzando queste nuove infrastrutture. Axiom Space, l’azienda aerospaziale statunitense che è stata selezionata dalla NASA, sta costruendo i primi moduli qui in Italia. Questa è una straordinaria opportunità per il nostro Paese. Personalmente sono a Houston, in Texas. In questo momento stiamo cercando di raccogliere le esigenze della comunità industriale e scientifica nazionale in modo che in futuro, questa stazione possa consentire all’Italia e ai nostri ricercatori di accedere trovando già pronto qualcosa che risponda alle loro esigenze».
Ritorneremo sulla Luna? «Sì. Torneremo sulla Luna entro il 2030 e lo faremo per rimanerci. E questa è la notizia. Non ci andremo per un’andata e ritorno come è stato con il programma Apollo. Marte è ancora un orizzonte lontano, c’è ancora bisogno di uno sforzo notevole. Ma anche qui la collaborazione tra pubblico e privato sta accelerando molto».
Walter Villadei è stato ospite al Milan Longevity Summit, il summit della longevità che ha attirato a Milano 60 scienziati da tutto il mondo. Ha raccontato gli studi della sua ultima missione, realizzata anche per capire di più su come si sviluppano malattie come l’Alzheimer. In questo periodo sta girando l’Italia per raccontare lo spazio. «Per me è una dimensione professionale e umana al tempo stesso, ma è anche una straordinaria opportunità per gli individui e per le comunità. Vorrei dire alle nuove generazioni che lo spazio sembra un sogno irrealizzabile ma non lo non è. Non è così lontano, in realtà è molto vicino. Provateci con passione, con impegno, con studio».
Padre di tre figlie di 19, 17 e 15 anni, Villadei le lascia libere di esprimersi. «Credo che sia la cosa migliore che un genitore possa fare». Tutte e tre sono appassionate di materie scientifiche. Lui ha iniziato come cosmonauta, nel 2011. «L’aeronautica mi ha selezionato e inviato a Star City, la Città delle stelle, vicino a Mosca per iniziare l’addestramento come cosmonauta. A quel tempo gli americani avevano ritirato lo Space Shuttle. Così per chiunque l’opportunità di volare nello spazio transitava per un addestramento sulla Soyuz, in Unione Sovietica. Sono rimasto li fino al 2019 poi nel 2021 ho iniziato l’addestramento presso la NASA. Da quel momento, molto rapidamente, si sono concretizzate le condizioni per volare nello spazio…»
Avrebbe immaginato di arrivare fin lassù? «In parte sì, in parte no. Non è stato scontato, ma lungo la strada ho imparato tanto. Bisogna avere il coraggio di osare, di credere nei propri sogni, ma anche di cadere e rialzarsi. E di guardarsi sempre intorno. Andare nello spazio è sempre stato un obiettivo nel mio orizzonte, non è mai stato l’unico…»