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I pomodori che siamo abituati a tagliare nell’insalata o a mangiare come snack hanno davvero poco in comune con quelli portati in Europa dai conquistadores spagnoli. Sono piuttosto il frutto di un costante miglioramento genetico che si avvale delle tecnologie più moderne
Che aspetto avevano i pomodori quando Hernan Cortez arrivò nelle Americhe all’inizio del 1.500? Non erano certo belli rossi e dolci come siamo abituati a pensarli. Né crescevano grandi e lucidi e potevano essere conservati per giorni. Erano piuttosto delle bacche di dimensioni variabili, di colore probabilmente giallo (da qui il nome pomo d’oro) e dal sapore molto aspro. Qualcosa che oggi semplicemente non avrebbe mercato.
Da dove arrivano allora le varie tipologie di pomodoro che possiamo trovare nel banco del fresco di un qualunque supermercato? La risposta è dal miglioramento genetico. Per secoli gli agricoltori hanno selezionato le piante che avevano le caratteristiche più interessanti dal punto di vista della coltivazione, del consumo e della conservazione.
Un lavoro empirico, portato avanti da singoli volenterosi che osservando le diverse piante in un campo selezionavano quelle più interessanti. Poi grazie al lavoro di Gregor Mendel, che ha gettato le basi del concetto di ereditarietà genetica, quelle che prima erano semplicemente selezioni hanno iniziato a trasformarsi in incroci. I botanici e gli agronomi hanno così iniziato a programmare strategie di miglioramento genetico per selezionare varietà sempre più rispondenti alle necessità degli agricoltori e dei consumatori.
La vera rivoluzione l’abbiamo poi avuta negli ultimi settant’anni, quando le moderne conoscenze sul Dna ci hanno permesso di spingere l’acceleratore sul miglioramento genetico tradizionale e assistito dalle biotecnologie.
La serra Tomato Vision di Syngenta, in Olanda, dove vengono selezionate nuove varietà di pomodoro grazie alle più moderne tecnologie
Dal selvatico all’addomesticato
Il miglioramento genetico è d’altronde parte dell’agricoltura stessa. L’agricoltura nasce quando un gruppo di cacciatori-raccoglitori nella Mezzaluna fertile si accorsero che i semi di una spiga di grano non si staccavano, disperdendosi nell’ambiente, ma rimanevano attaccati. Decisero così di prenderli e piantarli, compiendo il primo atto agricolo della storia dell’umanità. Allo stesso tempo furono i primi a compiere un atto di miglioramento genetico, avendo selezionato una varietà particolare e avendola riprodotta affinché mantenesse i caratteri di interesse.
Ma torniamo al pomodoro. Come è cambiato nei secoli? “I primi pomodori sono arrivati in Spagna nel 1.500 e per circa 200 anni sono rimasti relegati ad una curiosità botanica. Solo alla fine del 1.700, proprio a Napoli, inizia la coltivazione su larga scala per il consumo umano”, ci racconta Luigi Frusciante, professore emerito di genetica agraria presso l’Università di Napoli Federico II, che con il suo gruppo di ricerca ha contribuito al sequenziamento del genoma del pomodoro.
“Il miglioramento genetico inizia nella seconda metà dell’Ottocento, quando nel Nord e Sud Italia si iniziano a selezionare piante che bene si adattano ai diversi areali di coltivazione. Nel Sarnese-Nocerino fa la sua comparsa il San Marzano, una pianta che per l’epoca produceva molto, fino a 400 quintali ad ettaro (oggi arriviamo a 2.000) e i cui frutti potevano essere lavorati per essere inscatolati. Il tutto rigorosamente a mano”.
La rivoluzione del pomodoro da industria
Oggi la materia prima che alimenta l’industria conserviera viene raccolta da apposite macchine che staccano i pomodori dalle piante in campo per poi accumularli in rimorchi. Qualcuno potrebbe pensare che la raccolta meccanizzata sia iniziata con l’invenzione delle macchine raccoglitrici. È esattamente l’opposto. Tutto è iniziato con la selezione di varietà di pomodoro da industria (quelle che vengono lavorate e non si consumano fresche) adatte ad essere raccolte meccanicamente.
Questo significa ad esempio avere piante di taglia bassa, con pomodori che si staccano dal picciolo, in modo che nelle lavorazioni successive non ci debba essere un operatore che tolga le parti verdi. Significa avere piante che fanno maturare i frutti tutti assieme, in quanto la macchina passa una volta sola, raccogliendo sia pomodori maturi sia acerbi. Ma anche frutti dalla buccia resistente, che possono essere accumulati a tonnellate dentro i rimorchi dei camion per essere trasportati alle industrie senza spappolarsi.
iLcamone quello vero di Syngenta. Il camone è una varietà storica italiana che è stata ‘modernizzata’ rendendola resistente ad alcune malattie
Tutti questi caratteri sono stati selezionati nel Dopoguerra dai ricercatori attraverso un lungo e minuzioso lavoro di incrocio. Il lavoro di miglioramento genetico sta proprio nell’incrociare due piante, ognuna delle quali è portatrice di caratteristiche interessanti, per generarne una terza che ha nel suo dna gli aspetti positivi di entrambi i genitori.
Sul fronte del miglioramento genetico delle specie orticole Syngenta, uno dei principali gruppi dell’agribusiness a livello globale, investe ogni anno circa 100 milioni di dollari per portare avanti programmi di ricerca nei suoi 25 centri di R&D sparsi per il mondo. Sul pomodoro l’azienda ha investito in Tomato Vision, una serra all’avanguardia, situata nei Paesi Bassi, dove 800 ibridi innovativi vengono testati e selezionati in base a specifiche esigenze di mercato, con l’ausilio di tecnologie di breeding ultramoderne e con l’esclusivo utilizzo di metodi di selezione tradizionali. La serra è stata progettata per riprodurre le condizioni reali di coltivazione, con diversi ambienti per la coltivazione, con e senza luce artificiale, e con il massimo controllo degli aspetti climatici.
La rivoluzione del pomodoro in insalata
Dobbiamo ora sfatare un altro mito. I famosi pomodori ciliegino, quelli piccoli e tondi che crescono in grappoli, hanno poco più di quarant’anni di storia. Sono stati infatti selezionati all’interno di serre laboratorio in Israele negli anni 80. Da qui sono poi stati esportati in tutto il mondo e in Sicilia hanno trovato il luogo ideale di crescita, esprimendo quelle caratteristiche che sono valse anche il riconoscimento dell’indicazione geografica protetta da parte della comunità europea.
Certo, il pomodoro piccolo e tondo già esisteva da tempo, ma i ricercatori israeliani lo hanno migliorato. Ad esempio volevano mantenere grappoli con pomodori di piccole dimensioni, tondi e dolci, che maturassero contemporaneamente. Ma volevano avere anche piante che producessero frutti in continuazione e richiedessero poca acqua.
Il miglioramento genetico non si ferma. Oggi ad esempio vanno di moda i pomodori mini-plum, di piccolissime dimensioni, che possono essere mangiati come snack salutari. Dimensioni ma anche colore, visto che oggi in commercio ci sono pomodori viola scuro, che sembrano quasi neri, ma anche gialli, arancioni, verdi e rossi.
Syngenta ha poi lanciato Yoom, il pomodoro viola dal gusto esotico di Umami. Mentre ha migliorato il camone, lanciando il marchio ‘iLcamone quello vero‘. Eccellenza del Made In Italy, introdotta per la prima volta a metà degli anni Ottanta nel sud della Sardegna, il camone è una varietà oggi migliorata grazie all’inserimento di resistenze genetiche per contrastare alcune malattie che causavano ingenti danni alle coltivazioni.
Il pomodoro YOOM, al gusto di Umami
Non dimentichiamoci poi che l’accettazione da parte del consumatore è una parte importante del lavoro dei genetisti. Negli anni ’70 ad esempio il pomodoro rosso era una rarità, in quanto tale colorazione era assunta dai frutti completamente maturi e vicini dunque alla marcescenza. Nei supermercati i pomodori erano dunque verdi tendenti al rosso. Il lavoro di miglioramento genetico ha invece permesso di ottenere pomodori rossi che si mantengono a lungo (la cosiddetta shelf life, tanto importante per contrastare il food waste).
Certo, talvolta si sono sacrificate altre caratteristiche, come ad esempio il sapore. Un tabloid tedesco, riferendosi ai pomodori olandesi, li definiva ‘wasserbombe‘, e cioè bombe d’acqua, in quanto belli da vedere ma assolutamente privi di gusto. Oggi invece le moderne varietà sono in grado di coniugare produttività e gusto.
Il miglioramento genetico al servizio dell’uomo
D’altronde il lavoro dei genetisti è tutt’altro che semplice. Devono selezionare piante in grado di produrre frutti in abbondanza, che siano piacevoli all’occhio e anche buoni. In tutto questo devono pensare anche a soddisfare le richieste degli agricoltori. I pomodori, come ogni altra pianta, sono soggetti a malattie fungine e batteriche, agli attacchi degli insetti e dei virus.
Un esempio interessante è quello rappresentato dal Tomato brown rugose fruit virus (ToBRFV), un virus che colpisce le piante di pomodoro, uccidendole, e che viene trasmesso molto facilmente, anche solo con il contatto. Ebbene, grazie al lavoro di miglioramento genetico portato avanti nei centri di ricerca Syngenta, sono state selezionate varietà di pomodoro resistenti al virus.
Questo significa che anche se il microrganismo penetra all’interno dell’ospite non è in grado di riprodursi e quindi di arrecare danno. Un po’ come se le piante fossero state vaccinate. Questo significa scongiurare danni alla produzione e assicurare cibo ad un costo accessibile ad una popolazione mondiale in crescita.
Ma c’è di più, perché grazie alle Tecnologie di evoluzione assistita (TEA), un team di ricerca internazionale ha modificato il genoma del pomodoro creando una nuova varietà in grado di accumulare nelle foglie e nei frutti la provitamina D3, il precursore assimilabile della vitamina D, essenziale per la salute delle ossa e del sistema immunitario.
La nuova frontiera del miglioramento genetico è proprio questa. Avere piante che non solo sono resistenti ai patogeni e si adattano ai cambiamenti climatici, ma che sono anche in grado di sintetizzare nutrienti che fanno bene al nostro corpo. “Grazie alle Tea saremmo in grado di sfruttare al meglio la variabilità genetica presente in natura, rendendo attuali vecchie varietà, come il San Marzano, o creandone di completamente nuove”, conclude Frusciante.