Se avete una startup vi sarà probabilmente mulinata in testa l’idea di far i bagagli e prender un biglietto di sola andata per gli USA. Perché laggiù sì che ricevere finanziamenti da business angel e Venture Capital è facile. «Avevo tante aspettative sul fund-rainsing, ma ci hanno preso a sberle». Andrea Croce, Ceo della startup Popularise, è al momento a Los Angeles dove l’azienda è stata selezionata per frequentare Plug and Play, uno dei più importanti acceleratori a livello internazionale. Prima di raggiungere gli States l’azienda è stata accelerata da Italian Lifestyle, promosso da Fondazione CR Firenze, Intesa Sanpaolo Innovation Center e Nana Bianca.
La testimonianza di Andrea Croce in questa nuova puntata della rubrica “Italiani dell’altro mondo” è preziosa per tutti quei Ceo che in questo periodo fanno fatica a raccogliere investimenti e si domandano se non esista una meta più adatta. Non che gli USA non siano una delle terre promesse per chi fa innovazione. Ma in valigia è meglio tenere libero uno scompartimento per farci stare dentro molto realismo.
La storia di Andrea Croce, Ceo di Popularise
Ogni puntata della nostra rubrica “Italiani dell’altro mondo” parte dal background della persona. Classe 1984 e originario di Varese, Andrea Croce ha studiato giurisprudenza e ha frequentato poi un master in organizzazione di eventi e marketing. Per anni ha lavorato nel settore fieristico, con ruoli di responsabilità all’Artigiano in Fiera a Milano. «Durante il Covid mi è venuta l’idea di Popularise. Così ho mollato tutto».
Attiva nell’ambito dell’influencer marketing, Popularise è una startup early stage che ha raccolto finora 185mila euro. Fondata nel 2021, conta su un team di otto persone. Il suo focus punta non tanto sui big, quanto più sulle persone comuni – tutti noi – che sui social possono creare contenuti di valore suggerendo un particolare servizio dopo averlo testato.
Leggi anche: «La mia malattia è stata la mia forza, così ho aperto la startup a Miami»
«Ciascuno può diventare influencer – premette Croce -. Ci si sposta dall’ influencer marketing per coinvolgere direttamente il cliente, che promuove l’azienda. Facciamo l’esempio di un ristorante: ci vai a cena, ti trovi sulla tavola un QR che invita a diventarne ambassador. Se crei contenuti su Instagram o TikTok che funzionano vieni premiato con crediti che puoi utilizzare. Tutto in base alle performance del video».
Al momento Popularise ha una cinquantina di clienti, con una community composta da 7mila persone. Il suo è un modello B2C, con campagne che arrivano direttamente al consumatore. StartupItalia ha intervistato Croce nei giorni in cui si trova a Los Angeles per farsi raccontare un’esperienza di accelerazione, così come maggiori elementi per delineare un’ecosistema americano forse troppo idealizzato. O, nel peggiore dei casi, davvero poco conosciuto.
Quanto è facile raccogliere fondi negli USA?
Torniamo alla questione fund-raising. Che possibilità ha una startup italiana di raccogliere fondi stando poche settimane negli USA? «In molti ci hanno detto: se siete basati in Italia non avete speranze. Così ho cambiato strategia per validare il prodotto sul mercato americano e trovare qui partner interessati». La differenza poi sta anche in che stadio si trova la startup.
«Per startup early stage è più difficile raccogliere, perché c’è più selezione. C’è sempre molto denaro invece per quelle dal Serie A in su». Quali sono richieste per sedersi al tavolo e negoziare un round? «Tendenzialmente la richiesta è avere sede in Delaware. E intendono la sede centrale. L’investitore americano è molto territoriale e vuole il contatto diretto col founder».
Leggi anche: Zacconi: «Un ecosistema cresce se produce unicorni. Candy Crush? Sono serviti tanti errori»
Nelle settimane trascorse finora a Los Angeles Andrea Croce ha anche avuto modo di apprezzare una modalità diversa nel pitchare. «Sono pitch molto più emozionali. L’obiettivo è appassionare l’investitore. L’errore che si fa al primo incontro, di solito, è versare tutto addosso. Negli USA è ritenuto uno sbaglio enorme». Del resto, se bastasse chiederli – i soldi – in giro ci sarebbero solo unicorni. «Bisogna stuzzicare la curiosità», distinguendosi e così ottenendo un’opportunità per un secondo incontro.
A Los Angeles, che non è la Silicon Valley, l’atmosfera è comunque interessante per chi fa startup. «C’è molta voglia di fare sistema – spiega Andrea Croce -. La cosa che mi ha colpito di più è che ci sono startup nel nostro stesso ambito pronte a darci disponibilità. Hanno voglia di condividere le proprie esperienze. Non percepisco invidia, ma una forte etica del lavoro». Questa puntata di “Italiani dell’altro mondo”, lo avrete ormai capito, non voleva certo scoraggiarvi dal raggiungere gli USA, ma nel caso di partire col massimo della consapevolezza. «Qui capisci come gira il mondo. Poi non nego che la speranza di raccogliere rimane ancora viva».