L’animatronic sfornato dalla divisione ricerca del colosso ammicca e replica i piccoli ma essenziali movimenti di occhi e testa che rendono l’interazione umana quello che è: un rapporto continuamente corretto in base agli stimoli verbali e non verbali
Non solo perché non ha la pelle (e neanche qualcosa di simile). Anche per il resto il nuovo robot – per la precisione l’animatronic, modello meccanico arricchito da soluzioni tecnologiche – sfornato dalla divisione ricerca della Walt Disney Imagineering insieme a un gruppo di ricercatori delle università dell’Illinois (sede di Urbana-Champaign) e del California Institute of Technology fa una certa impressione. Perché ammicca e replica i piccoli ma essenziali movimenti della testa che rendono l’interazione umana quello che è: un rapporto lineare, continuamente corretto in base agli stimoli verbali e non verbali che ci si scambia reciprocamente. Basta vedere questo video pubblicato su YouTube da DisneyResearchHub per rendersene conto.
Come fa giustamente notare The Verge riprendendo l’articolo intitolato Realistic and Interactive Robot Gaze in cui gli esperti espongono il funzionamento, mentre la maggior parte dei robot umanoidi sfoggia ottime riproduzioni degli occhi e concentra gran parte dell’espressività su quegli elementi mimetici, le persone non interagiscono fra loro solo in quel modo. Lo sguardo non si muove e fissa ma, appunto, è una dimensione che cambia continuamente ed è un elemento chiave che plasma le percezioni degli interlocutori. Non coinvolge solo gli occhi ma l’intera gamma dell’approccio non verbale fanno gli palpebre che sbattono, di micromovimenti del busto e degli stessi bulbi oculari e così via. Fra l’altro, secondo alcune indagini, infatti, chi stabilisce un maggiore contatto visivo con noi viene percepito come più simile oltre che più intelligente, coscienzioso, sincero e in definitiva meritevole di fiducia. In più, lo sguardo è in grado di trasmetterci stati sociali ed emotivi complessi. Per questo è importante anche per un robot o un pupazzo animato. Specie se quel robot è sviluppato all’interno di una fabbrica di sogni come la Disney.
Ovviamente non è complesso immaginare come il gruppo potrebbe sfruttare un androide in grado di replicare in modo estremamente raffinato le espressioni facciali umane e gli incessanti aggiustamenti che compiamo per interagire nel modo più lineare possibile con chi abbiamo di fronte. D’altronde i robot e i personaggi animatronici progettati per sembrare umanoidi e interagire con persone reali riescono in effetti a voltarsi verso una persona e a focalizzare la direzione dei loro occhi sul volto ma poi tendono a bloccarsi in quel punto specifico. Che, come invece ha spiegato Gizmodo, è l’esatto contrario di quello che fanno gli esseri umani, continuando a “seguire” gli interlocutori aggiustando campo visivo, i movimenti e le espressioni nei loro confronti. Proprio quel che tenta di fare il nuovo robot, che potrebbe tornare utilissimo per i personaggi sempre più realistici dei parchi a tema così come modelli di partenza per film e animazioni, da elaborare poi in post produzione.
Ma come funziona il nuovo, inquietante robot che ammicca e che per il momento si limita a un torso con una testa vagamente scheletrica? Monta un sensore nella zona del torace che lo avvisa quando deve voltarsi e interfacciarsi con una persona di fronte. I suoi movimenti oculari passano dal contatto visivo diretto ai movimenti rapidi degli occhi noti come saccadi. L’androide si muove anche su e giù in modo accennato, per mimare inspirazione ed espirazione, ed è in grado di percepire suoni o altri avvenimenti circostanti, su cui sposta lo sguardo analizzandone i segnali sonori, per poi tornare a concentrarsi sul suo interlocutore. Proprio quello che farebbe un essere umano in carne, ossa. E pelle.