«Il Corporate Venture Capital, così come lo abbiamo pensato, è strumento al servizio della crescita del Gruppo». Giacomo Fanin, 30 anni, è Business Director di Cereal Docks Group e Managing Partner di Grey Silo, il veicolo di CVC della società agroalimentare con sede a Camisano Vicentino, fondata nel 1983. Come ogni lunedì su StartupItalia potete leggere i profili e le storie di chi investe ed è attivo nel comparto del Venture Capital in Italia e all’estero. Con questa intervista abbiamo deciso di occuparci di un settore promettente, ma che ancora in Italia registra numeri bassi. «Abbiamo iniziato a definire la nostra strategia di Open Innovation alla fine del 2018 quando con un gruppo di aziende della filiera alimentare abbiamo lanciato un corporate accelerator focalizzato sul foodtech. Ti rendi conto che il mondo corre e le risposte sono fuori dalle mura aziendali».
Quanto vale il Corporate Venture Capital in Italia?
Inquadriamo dunque il fenomeno, con qualche numero che fotografa l’ecosistema. Il Corporate Venture Capital raggruppa investimenti sotto forma di equity da parte di imprese già strutturate rivolti a startup o aziende che hanno una forte componente innovativa per quanto riguarda servizi e prodotti. Stando ai dati dell’Ottavo Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital di Confindustria, realizzato da Assolombarda e focalizzato sull’intero panorama nazionale, quasi un terzo delle startup e PMI innovative è partecipato da Corporate Venture Capital, per un totale di 5,3 mila imprese che generano 4,7 miliardi di euro di ricavi; quasi il 65% dei Corporate Venture Capitalist italiani è rappresentato da società di piccole dimensioni (meno di 10 addetti) e circa la metà si concentra nel nord ovest del Paese; un altro dato interessante riguarda l’ambito in cui si investe: più dell’81% sceglie settori diversi dal proprio su cui investire.
Leggi anche: Open Innovation, nel 2024 le aziende continueranno a investire in startup?
«L’azienda è partita con la raccolta e l’essicazione dei cereali nell’area del vicentino. Oggi conta 11 stabilimenti, di cui uno in Romania e più di 400 collaboratori. Il consolidato è poco più di un miliardo e mezzo di euro». Giacomo Fanin, seconda generazione di imprenditori, ricorda di aver sempre vissuto da vicino l’impresa di famiglia, coltivando un interesse presto riconosciuto dal padre, Mauro, che a lui e al fratello ha affidato la guida di parti strategiche della società. Sono tante le storie di successo imprenditoriale, tramandato e valorizzato dai più giovani di casa. Formula che, d’altra parte, non è la ricetta per il successo sicuro. «La sensibilità sull’impresa credo sia la chiave per capire il ruolo delle seconde generazioni».
Leggi anche: Europa, la sovranità tecnologica è lontana. «Sull’AI rischiamo di perdere competitività. Bisogna puntare sul tech transfer»
Cereal Docks è un’impresa attiva nell’ambito alimentare e agricolo, con varie attività tra cui la lavorazione di semi oleosi per la produzione di farine, oli e lecitine destinati alle industrie del feed e del food. A differenza della maggior parte dei CVC che, come abbiamo visto dai numeri, investono in altri settori, il veicolo Grey Silo Ventures rappresenta un braccio finanziario cruciale nella strategia aziendale. «Fino a pochi anni fa non esisteva un reparto di ricerca e sviluppo interno. Quindi siamo partiti dall’Open Innovation, lanciando un corporate accelerator con altre imprese come Amadori. Tra 2019 e 2021 abbiamo portato a bordo persone che hanno formato la unit R&D che ci mancava».
Dove investe Grey Silo
Dopo l’esperienza con l’acceleratore Giacomo Fanin ha così proposto di strutturare un CVC. «Ho preso spunto da quanto già accade in giro per il mondo, dal momento che in Italia i soggetti Corporate Venture Capital impegnati in ambito food sono pochi». Fondata nel 2022 Grey Silo guarda all’ecosistema di startup e PMI innovative per individuare nuove generazioni di ingredienti che rendano più smart i prodotti alimentari “non animal based”. Come ci ha spiegato Fanin le aree geografiche verso cui si rivolge sono principalmente due: Europa e Israele. Il CVC è interessato a realtà che si trovano tra la fase seed e il round Serie A. Finora ha direttamente investito in X-Farm Technologies e Nosh.Bio Gmbh e, insieme ad altri fondi, in altre società del settore.
Leggi anche: «L’ecosistema startup italiano ha tutto, ma servono più storie di successo»
Sono tre gli ambiti di investimento a cui mira Grey Silo: ingredienti e tecnologie per prodotti alimentari non di origine animale; nuovi ingredienti e tecnologie basate sui processi di fermentazione; e nuove soluzioni tecnologiche in ambito agri-tech. «In quest’ultimo settore ci interessano soluzioni di robotica e digitali per un’agricoltura che evolve». Nelle aziende famigliari, con decenni di storia alle spalle, Fanin ritiene che il ruolo delle nuove generazioni sia chiaro: «La necessità, come next gen, è dare un contributo affinché l’azienda possa evolvere e adeguarsi a un contesto di business che cambia continuamente». Se come spiegano diversi esperti che sentiamo su StartupItalia, l’innovazione è una sorta di “polizza assicurativa” sulla vita dell’azienda, l’adozione di veicoli come il CVC rappresenta una scelta a lungo termine – proprio come avviene nel Venture Capital – con grandi rischi ma che apre a scenari di crescita inaspettati.