«Se non fai errori stai lavorando su problemi che non sono abbastanza difficili. E questo è un grosso errore», scrive Frank Wilczek, premio Nobel per la fisica. Il suo insegnamento è valido nella scienza come nelle startup, specie nel fintech dove gli ostacoli, tra regolamenti e la competizione delle big company, conducono dritti dritti alla strada dell’errore.
Eppure ne esistono alcuni, di errori, che possono essere evitati perché sono comuni (se altri ci sono cascati, tu puoi fare attenzione…) e si scansano con un po’ di piccoli accorgimenti, che tutti sono in grado di fare. Ecco con l’aiuto della multinazionale bancaria BBVA, e di Pascal Bouvier, venture partner a Santander InnoVentures, i sette errori da evitare assolutamente se il tuo sogno è creare una fintech di successo.
1. I prodotti non si vendono da soli
Tutti gli startupper sognano di inventare la nuova Uber e alcuni hanno davvero idee disruptive. Eppure, non tutti sanno che un’innovazione, per quanto rivoluzionaria, non si vende da sola. I piani di marketing e un team capace di sviluppare delle strategie di vendita, sono necessari nel fintech, più che in un altro campo, vista la complessità dei tuoi utenti potenziali. Dopotutto, stai “toccando i loro soldi”, uno degli aspetti che di più hanno a cuore.
2. Non dare peso ai cicli economici
Una soluzione fintech può essere validissima oggi e morire nel giro di un anno. Il contesto economico nella finanza tecnologica gioca infatti un ruolo ancora più determinante che bisogna tenere in assoluta considerazione. Pensiamo a una piattaforma di lending che non stabilisce strategie a priori in caso di aumento del tasso di interesse nel tempo. Mettere in conto questa e altre variabili può salvare la startup dal fallimento.
3. Occhio ai regolamenti prima di tutto
Privacy, uso dei dati, gli infiniti regolamenti dell’industria finanziaria. Anche l’idea più innovativa è destinata a naufragare se non tiene in considerazione le mille e più leggi che regolano il mondo della finanza. Pensiamo solo agli aspetti legali dei processi di Know Your Customer (KYC) e Anti-Money Laundering. Pascal Bouvier consiglia alle fintech di assumere subito una figura chiave, un responsabile compliance, necessario per mettere fin da subito a posto tutti gli aspetti legali.
4. Meglio un venture che ne sa
La ricerca dei capitali comporta nelle fintech due grossi scogli da superare. Il primo è sempre di natura legale, specie quando si cercano soldi all’estero. Gli investitori stranieri rispondono a un contesto normativo diverso dal nostro e quindi è importante conoscerlo bene prima di approcciarli. L’altro ostacolo è nella scelta del venture. Meglio puntare su qualcuno che ha una profonda conoscenza del mondo bancario e finanziario e delle leggi che lo regolano. Solo così si può pensare di lanciare un guanto di sfida serio ai giganti del settore.
5. La credibilità è la chiave
Investitori o clienti si affideranno all’online per misurare la credibilità della soluzione e un sito “under costruction” non è proprio quello che si aspettano di vedere. Un portale, anche minimale, deve contenere la descrizione del prodotto e tutto il materiale (foto, link su eventuali articoli). La credibilità è essenziale per fare affari e un sito è la lettera di presentazione con cui la fintech si mostra al mondo.
6. Non pensare a difendersi
La difesa della proprietà intellettuale diventa ancora più importante nel fintech. Per Bouvier quando tutto sembra facile, ci sono due insidie pronte a portare la startup al fallimento: 1) la tecnologia è già coperta dal brevetto di una big company nel campo in cui opera. 2) La soluzione è tanto semplice che è replicabile da terzi senza molti sforzi. In questa giungla diventa fondamentale sapersi proteggere prima di essere sbranati da una tigre.
7. Il payment è tutt’altro che facile
Molti si lanciano nel mobile payment perché resta uno dei settori più promettenti del fintech. Secondo uno studio di TrendForce, il valore del mercato raggiungere i 620 miliardi di dollari alla fine di quest’anno, toccando il trilione nel 2019. Malgrado i numeri, il payment è uno dei terreni più insidiosi, in cui molte startup sono scivolate. Chi investe deve coinvolgere tutti i diversi attori del sistema (merchant, utenti, processori, altri network). Ed è assicurato che farli lavorare tutti in armonia è una missione davvero complessa. Una soluzione per farcela? Secondo Bouvier bussare alle porte di una banca e chiedere aiuto.