Il Financial Times aveva fatto sapere che la comunità scientifica internazionale ha dubbi sui dati forniti da AstraZeneca. Poco fa la numero 1 del colosso farmaceutico ha confermato
Altro piccolo inciampo (il primo fu la sospensione dei test per qualche giorno all’inizio di settembre) per il vaccino di Oxford, tra i più promettenti e, come sappiamo, quello scelto dal governo italiano per la propria campagna vaccinale. Sembra però che il prodotto richieda studi suppletivi visto che i dati resi noti da AstraZeneca sono stati messi in dubbio dalla comunità scientifica internazionale. Ma andiamo con ordine.
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Il prodotto elaborato dall’università di Oxford, in collaborazione fra gli altri con l’Irbm di Pomezia richiede studi “supplementari”. Lo ha ammesso oggi, in un’intervista a Bloomberg, Pascal Soriot, numero uno della società farmaceutica produttrice AstraZeneca, partner del progetto.
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Tutto ciò avviene a pochi giorni dalla pubblicazione dei primi risultati sulla sperimentazione che indicavano un’efficacia del prototipo compresa fra il 62 e il 90% a seconda dei tipi di dosaggio (70% medio circa). Quei risultati erano stati oggetto di richiesta di chiarimenti e di dubbi su alcuni dati nella comunità scientifica internazionale.
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I dubbi degli esperti sul vaccino di Oxford
A darne notizia era stato il Financial Times, citando una serie di esperti. Il punto sul quale chiedono chiarezza sono i dosaggi in relazione ai gruppi di età dei partecipanti ai trial. Sembra che l’efficacia al 70% comunicata dall’azienda sia stata raggiunta mettendo insieme i risultati della sperimentazione su due gruppi diversi: il primo, più ampio, che ha ricevuto due dosi, ha fatto registrare un’efficacia del 62%, il secondo che ha ricevuto una dose e mezza, ha fatto registrare un’efficacia del 90% ma pare fosse composto di persone di età pari o inferiore a 55 anni, quindi una fascia a minor rischio Covid.