La Commissione sta provando a imporre ai Paesi europei l’adozione di un protocollo comune per evitare di fare entrare chi proviene da Paesi non sicuri. Porte chiuse per gli USA?
Il primo luglio l’Unione europea tornerà a riaprirsi al mondo. Dirlo fa ancora un certo effetto, ma al momento siamo ancora isolati e consentiamo accessi extra-Ue solo a casi tipizzati. C’è però un tema impellente: a chi riaprire le frontiere? Ed è un tema non da poco, perché sebbene da noi tenga banco il dibattito sul fatto che il Covid-19 abbia o meno perso potenza, altrove, è innegabile, continua a furoreggiare a piacimento. E riaprire le frontiere a Stati in piena crisi sanitaria potrebbe significare trovarsi il problema Covid-19 nuovamente alle porte di casa…
L’Unione europea dovrà essere davvero unita
Per questo la Commissione di Ursula von der Leyen da settimane sta facendo i salti mortali per convincere i Paesi dell’Unione ad adottare un protocollo comune sulle entrate extra-Ue. Facile a dirsi, tutt’altro a realizzare, perché ogni nazione ha amicizie particolari fuori dai confini comunitari che non vuole incrinare.
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Nell’Europa dell’Est, per esempio, ci sono rapporti stretti verso la Russia, che oggi versa ancora in una condizione sanitaria parecchio seria. Poi c’è chi ha scambi frequenti con la Turchia. Senza una risposta comune, c’è il rischio che infetti in arrivo da Stati ancora nel pieno dell’emergenza pandemia varchino le frontiere comunitarie e poi, con la riapertura di quelle interne, si spostino liberamente per il Vecchio continente.
Porte chiuse in faccia agli americani?
In queste stesse ore in Europa si dibatte sull’opportunità di tenere chiuse le frontiere per gli americani. Negli USA la situazione è fuori controllo. Basti pensare al fatto che decine di agenti del Secret Service, l’agenzia federale che protegge il presidente americano, sono state messe in quarantena dopo aver prestato servizio al controverso comizio di Donald Trump a Tulsa, in Oklahoma. Mentre nelle ultime 24 ore nei 50 Stati si sono registrati oltre 35.900 nuovi casi di Coronavirus, numero record da fine aprile e uno dei più alti finora rilevati dall’inizio della pandemia. Le vittime delle ultime 24 ore sono 756. Finora negli Usa ci sono stati 2.380.452 casi e 121.969 decessi. E anche l’Australia sta combattendo contro la coda della pandemia. Secondo i dati della Johns Hopkins University, l’Australia – che ha 25 milioni di abitanti – registra ad oggi 7.558 casi di coronavirus, di cui 104 decessi.
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Il danno economico per il turismo italiano
Poi ci sono anche gli interessi economici di Paesi come il nostro, che vivono di turismo e che vorrebbero quanto prima tornare ad accogliere ospiti stranieri, anche per cancellare una volta per tutte il marchio infamante di nazione “appestata”, dato che siamo stati la culla del Coronavirus nel mondo occidentale.
La decisione di escludere taluni Paesi potrebbe costarci cara: secondo l’ISTAT, nel 2018, con una quota sul totale delle presenze di turisti non residenti pari al 27,1%, i tedeschi si sono rivelati i più assidui frequentatori dell’italico Stivale. E fin qui tutto bene perché loro possono già venire in Italia dal 2 giugno scorso. Seguono, però, i turisti provenienti da Stati Uniti, Regno Unito (entrambi sui 6,5 punti percentuali), mentre com’è noto risulta in forte crescita il turismo cinese, aumentato tra il 15 e il 16% nel 2018 e nel 2019, anche se rappresenta ancora solo il 5% delle presenze straniere.