La Zuova Zelanda vuole consegnere all’Fbi il papà di Megaupload. Era stato arrestato 5 anni fa e accusato di vari reati, trai quali un buco da 500 milioni di dollari. Dopo varie sentenze e appelli, adesso Dotcom rischia davvero l’estradizione negli Stati Uniti e (almeno) 10 anni di carcere
I guai sembrano non finire mai per Kim Dotcom, nome d’arte di Kim Schmitz, informatico tedesco fondatore di Megaupload, sito di file sharing chiuso nel 2012 con l’accusa di violazione di copyright. Dopo aver trascorso un periodo in carcere ed essere stato rilasciato su cauzione, l’imprenditore rivive l’incubo di un’estradizione in Usa, da diversi anni risiede in Nuova Zelanda. Ieri l’Alta Corte della nazione neozelandese ha confermato la possibilità di estradare Dotcom e tutti le altre persone coinvolte nella vicenda, Finn Batato, Mathias Ortmann e Bram van der Kolk. Se spediti negli Stati Uniti rischiano decine di anni di carcere: «La decisione della Corte è una vittoria per noi», spiega Dotcom. Ecco perché lo afferma.
Quando è stato chiuso Megaupoload
Il rapporto tra Kim Dotcom e la giustizia è stato, per usare un eufemismo, sempre molto burrascoso. Pirata informatico da giovanissimo riceve già diverse condanne per attività illecite, come il furto dei dati bancari relativi a carte di credito. Nel 2002, beccato di nuovo con un altro reato, aggiotaggio per il tentativo di “turbare” il mercato azionario nell’affare Letsbuyit.
In sostanza dichiara di investire 50 milioni nella società in procinto di fallire, senza avere i fondi necessari. Basta questo a far alzare il valore delle azioni del 300% con Dotcom che da investitore fa tanti soldi. Ma la vera burrasca deve ancora abbattersi e prende forma quando lancia Megaupload, sito che consente agli utenti di uploadare e downloadare file.
Nel 2012 l’Fbi lo chiude e, in collaborazione con le autorità neozelandesi, arresta Dotcom che proprio quell’anno si è trasferito nel Paese. L’accusa che pende sulle sue spalle (la stessa per cui rischia oggi l’estradizione) è di quelle gravi. Il founder di Megaupload è incolpato di essere responsabile del buco di 500 milioni di dollari di mancati profitti per i detentori del copyright su film e canzoni. Viene arrestato e dietro cauzione viene rilasciato, mentre chiede di poter scontare la custodia cautelare a domicilio. Intanto, i suoi beni , e quelli degli altri coimputati, vengono confiscati dagli Stati Uniti, per un valore di oltre 200 milioni di dollari.
C’è anche una mezza vittoria per Dotcom
Da quel momento i tentativi della giustizia americana di fare pressione sulla Nuova Zelanda per estradare Dotcom si sono susseguiti con poche tregue. Nel 2015 il tribunale distrettuale apre all’estradizione. La questione è molto delicata. Secondo il mandato di arresto, Dotcom è accusato di violazione di copyright, reato che, tuttavia, non è nella lista di quelli per cui si può essere estradati in Nuova Zelanda, dove non c’è un crimine paragonabile al corrispettivo in Usa. Dotcom si appella alla decisione e si arriva a febbraio di quest’anno quando l’Alta Corte neozelandese conferma il verdetto del 2015.
Malgrado ciò Dotcom spiega alla stampa che la decisione è per lui una mezza vittoria. Il giudice infatti ha vietato l’estradizione per il reato di violazione di copyright, mentre l’ha consentita per “frode ed attività illecite”: «Cercano di entrare dalla porta di servizio. Ma è una contraddizione a cui ci appelleremo. Il mandato di arresto originario parla di violazione di copyright. Da dove viene fuori questa “frode”? », spiega alla stampa Dotcom che qui ha ragione. Gli Stati Uniti stanno cercando infatti altre vie per estradarlo.
La difesa di Dotcom, oltre che nelle aule di tribunale, sta avvenendo su Twitter in queste ore. L’informatico non risparmia tweet al vetriolo nei confronti del grande nemico a stelle e a strisce: «È un caso politico. È un giudizio politico, cos’è la Sharia», twitta. Mentre in un altro intervento sul social network, l’ultimo postato, scrive: «Non ho mai vissuto lì. Non ho mai viaggiato lì. Non ho mai fondato aziende lì. Eppure tutto il mio lavoro appartiene agli Stati Uniti». Il tweet si conclude con un link di un articolo che spiega perché il governo statunitense avrebbe sottratto milioni alle sue aziende.
I fatti. Cronistoria
Il prossimo capitolo della vicenda si svolgerà tra due anni, tanti ce ne vorranno per prendere in esame la proposta di appello di Dotcom e degli altri imputati. Nel frattempo, ecco in una timeline i passi più significativi della battaglia tra Dotcom e la giustizia americana.
2005: Dotcom fonda la piattaforma di file sharing Megaupload che diventa uno dei siti più popolari sulla Rete.
Novembre 2010: Dotcom che è nato in Germania e ha vissuto diversi anni a Hong Kong ottiene la cittadinanza neozelandese.
Gennaio 2012: Gli Usa chiudono il sito Megaupload, dietro accuse di violazione di copyright e sequestrano decine di milioni di dollari appartenenti all’azienda. Dotcom è arrestato in un drammatico raid presso la sua tenuta in Nuova Zelanda e sbattuto in carcere.
Febbraio 2012: Dotcom esce dal carcere su cauzione e ottiene i domiciliari.
Dicembre 2015: Uno dei tribunali distrettuali neozelandesi torna sull’estradizione di Dotcom e dei suoi tre colleghi: è possibile. Il founder e i suoi avvocati si appellano alla decisione.
Febbraio 2017: L’Alta Corte neozelandese conferma la decisione della corte distrettuale. Kim Dotcom e tre dei suoi colleghi possono essere estradati. Ma ancora una volta gli imputati fanno appello.