Almeno negli USA. Lo rivela una ricerca pubblicata dalla rivista Nature basata sui dati degli smartphone in 10 città statunitensi. Ma basta limitare l’occupazione a un quinto della capacità per ridurre le nuove infezioni dell’80%
Un tempo, nei ristoranti meno puliti, o che non conservavano bene il cibo, si rischiava al più di tornare a casa con un brutto mal di pancia. Ora, secondo uno studio , sono tra i luoghi in cui è più facile beccarsi il Covid-19. Almeno negli USA. Non era certo la pubblicità che i gestori andavano cercando in un periodo così difficile, ma sia chiaro: nessuno ha ovviamente responsabilità sulla circolazione del Coronavirus che, come tutti i virus, si diffonde meglio nelle zone chiuse e con un’alta percentuale di umidità.
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Lo studio che “accusa” i ristoranti
«I ristoranti sono risultati di gran lunga i luoghi più a rischio – ha raccontato al New York Times Jure Leskovec, l’autore principale della ricerca a cui hanno partecipato anche Northwestern University, Microsoft Research e il Chan Zuckerberg Biohub -, circa quattro volte di più rispetto a palestre e bar, seguiti dagli alberghi». Insomma, come peraltro già sapevamo, il Covid predilige i luoghi chiusi, meglio ancora se male areati. Sempre la ricerca, pubblicata dalla rivista Nature e basata sui dati degli smartphone in 10 città statunitensi, ci dice che, globalmente, ristoranti, bar, hotel e palestre sono responsabili dell’80% delle infezioni da Covid-19.
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Come è stata realizzata la ricerca “via smartphone”
Lo studio coordinato dall’università di Stanford ha mappato la mobilità di 98 milioni di persone, calcolando gli ingressi e il tempo di permanenza in vari tipi di luoghi chiusi. I dati sono poi stati incrociati con gli indici di trasmissione dell’epidemia per elaborare un modello della diffusione del virus.
Dallo studio è emerso che nelle aree a reddito più basso ci sono più infezioni sia perché i luoghi pubblici sono generalmente più affollati sia in quanto si verifica una maggiore mobilità, legata con ogni probabilità al fatto che in quei quartieri sono poche le persone con una occupazione compatibile con lo smart working. Le precauzioni per ridurre l’affollamento, spiegano gli autori della ricerca, sembrano comunque funzionare. «Limitare l’occupazione dei ristoranti a un quinto della capacità – ha detto Leskovec -, ridurrebbe le nuove infezioni dell’80%, pur preservando il 60% dei clienti. Sono considerazioni importanti, questo lavoro sottolinea che non deve essere un approccio tutto o niente».