Chiara, la 12enne di Pordenone che ha tentato il suicidio, è solo l’ultimo dei casi di adolescenti afflitti da bullismo e cyberbullismo. 2 ragazzi su 3 ammettono che del tema si dovrebbe parlare di più
Stavolta il web non c’entra. Anzi forse è proprio grazie a Whatsapp che Chiara, la dodicenne di Pordenone che ha tentato di suicidarsi buttandosi dalla finestra dopo aver lasciato un biglietto con scritto “Adesso sarete contenti”, avrebbe potuto ancora una volta ripensare a quel gesto estremo. Perché Chiara, nei giorni scorsi, con il cellulare aveva mandato un grido d’aiuto. E qualcuno dei suoi compagni l’aveva ascoltata e dissuasa. Quello che non riusciva a dire a parole Chiara l’ha detto con uno degli strumenti che usa la sua generazione: il cellulare.
Una tragedia da 8 lettere
Uno degli ultimi messaggi, secondo quanto riportato dai media, è stato: “Bullismo…bullismo…bullismo”. Le ha digitate tre volte quelle otto lettere. Le ha scandite per bene per attrarre l’attenzione di qualcuno. Nelle chat archiviate nel suo cellulare ci sono i dialoghi tra adolescenti, c’è la richiesta di aiuto che la giovane ragazza aveva già fatto nei giorni scorsi ad alcuni amici di cui si fidava. E loro l’avevano dissuasa, forse apparentemente tranquillizzata. Non sappiamo ancora chi, invece, l’abbia perseguitata. Non conosciamo nemmeno come.
Il ritiro sociale della vittima
Ma se anche fosse un caso di cyberbullismo la questione è un’altra: Chiara quando lunedì è stata soccorso ha detto a tutti che non ce la faceva a tornare a scuola. E’ quell’ambiente che ha tormentato la ragazzina. E’ la vita reale, l’incontro con gli altri, con quelli che per lei sono diventati “mostri”. Un fenomeno che Skuola.net osserva da tempo: “I bulli – spiegano i promotori del sito esaminando i dati di una ricerca svolta sul tema – agiscono soprattutto in gruppo (lo ammette il 72% degli intervistati) e generalmente gli insulti e le violenze avvengo offline. L’87% delle vittime è stato infatti preso di mira esclusivamente o prevalentemente nella vita reale”. Certo il cyberbullismo è in crescita e riguarda soprattutto le femmine tra gli 11 e i 13 anni ma ciò che è certo è che di bullismo non si parla abbastanza. Lo dicono una vittima su tre. Ora il Governo corre ai ripari con una Legge, già approvata in Senato e in arrivo alla Camera, che prevede persino il Daspo per i telefonini e la confisca dei personal computer.
Di bullismo si deve parlare di più
L’idea è quella di creare persino un reato specifico per gli “atti persecutori mediante strumenti telematici e informatici”. Come dire, prevenzione ed educazione, non servono. Meglio la repressione. In realtà di educazione non se fa abbastanza. Forse dovremmo partire da lì, dal parlare con i nostri ragazzi di regole, far percepire loro il significato e l’importanza della regola, essenziale nella vita a quattr’occhi così come in quella dietro uno schermo. Serve un passo in più che coinvolga tutti: famiglie, insegnanti e ragazzi. Il caso di Pordenone ci insegna che non può essere solo la politica a decidere ma l’organo legislativo deve decidere con la comunità educante che strada intraprendere. Questa partita è troppo delicata per lasciarla solo nelle mani dei parlamentari, spesso lontani dal mondo della scuola e dei banchi di un’aula.