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Non c’è solo il fattore economico di cui tener conto: mettere i dati nella nuvola offre molti vantaggi, tra cui quello relativo alla sicurezza. I risultati di una ricerca condotta da Oracle
Quello che è successo in questi anni è che il cloud da buzzword, con più peso nel marketing che nelle scelte strategiche delle aziende, si è trasformato in una autentica necessità: oggi sarebbe impossibile immaginare qualsivoglia strategia di investimenti senza tenere conto di questo fattore tecnologico, che ha finito per travalicare il concetto stesso di soluzione tecnica e ha iniziato a influenzare l’essenza del business model di molte aziende. Il cloud è una necessità, dicevamo: per le sue capacità, per la sua onnipresenza, per la sua flessibilità. Quello di cui si tiene poco conto è anche che da grandi moli di dati derivano anche grandi responsabilità: qui entra in gioco ancora la nuvola, che può offrire maggiori garanzie di quanto non facciano le pur collaudate soluzioni on premise.
Questione di strategia
Ciò che emerge da una ricerca Oracle, condotta su oltre 20 mercati distribuiti in tutto il mondo e a cui hanno risposto centinaia di manager di aziende di ogni dimensione (più di 500 solo in Italia), è la mancanza di una vera strategia sui dati in buona parte delle organizzazioni interrogate. Quello che manca, in oltre il 40 per cento dei casi, è una strategia chiara e un percorso tracciato su come rendere davvero utili e sicure le informazioni: c’è un problema legato alle figure coinvolte in questo processo, con ancora una certa ambiguità su chi sia davvero responsabile per la gestione di questi aspetti sia dal punto di vista della sicurezza che della loro valorizzazione.
Esiste un doppio binario da seguire: da un lato l’esigenza di definire chi sia il responsabile della sicurezza dei dati (in Italia solo il 24,8% degli intervistati si ritiene effettivamente responsabile per la conservazione degli stessi), dall’altro è necessario sfruttare questi dati per ricavare un valore aggiunto dagli stessi. A ben guardare due facce della stessa medaglia: offrire accesso ai dati, e trarne un valore aggiunto magari attraverso applicazioni e servizi di nuova generazione a base di machine learning, significa allo stesso tempo mettere in piedi l’infrastruttura necessaria a garantire e regolare l’accesso alle informazioni.
Una tale infrastruttura può raggiungere una complessità di allestimento e gestione decisamente superiore al budget e alle capacità di aziende di qualsiasi dimensione: la crescita dei dati ottenibili e raccolti pone una sfida non da poco in termini di storage e di velocità di analisi delle banche dati, senza contare la questione sicurezza. GDPR è una realtà con cui è impossibile non misurarsi: le sue implicazioni, in termini pecuniari e di reputazione, non sono assolutamente trascurabili. Ad eventuali sanzioni si unisce sempre un danno aggiuntivo legato alla perdita di credibilità del marchio, e dalle rilevazioni Oracle appare chiaro come tale fattore sia preso in considerazione da appena un’azienda su due.
Il cloud è una risorsa
“In Oracle ci occupiamo da sempre di dati: di dati e di previsioni sugli utilizzi dei dati stessi” racconta Marella Folgori, responsabile in materia di sicurezza per Oracle in Italia, Russia e nell’area dell’ex-URSS. Il dialogo costante con i clienti, e con potenziali tali, permette di valutare lo scenario attuale e quello futuro: quali sono gli utilizzi tipici, le moli di informazioni gestite, le problematiche comuni da affrontare mediante lo sviluppo di servizi il più possibile mirati su specifici verticali di business.
“Una soluzione in cloud può essere un’ottima soluzione per un’azienda grande che si trova a dover affrontare una grossa mole di dati, così come per una startup che non è più costretta ad approvvigionarsi di una infrastruttura ma nasce e lavora direttamente in cloud” continua Folgori. Per entrambi nella nuvola ci sono delle opportunità da cogliere: le grandi troveranno servizi SaaS destinati all’analisi dei dati tramite il machine learning, le più piccole possono evitare di impegnare una larga fetta dei propri fondi nell’acquisto di hardware e software che inevitabilmente costituiranno una spesa fissa per la manutenzione, la messa in sicurezza e l’eventuale aggiornamento per tenere storage e potenza di calcolo al passo coi tempi.
Eliminare i costi fissi della gestione on premise libera risorse: risorse umane ed economiche utili a investire in ciò che crea vero valore, per esempio dirottando i propri tecnici nello sviluppo di applicazioni utili in luogo della mera manutenzione. Ma è soprattutto la sicurezza un fattore da non sottovalutare: le soluzioni hybrid e multivendor, la maggioranza di quanto si trova in circolazione oggi, necessitano di un livello di attenzione per il pattugliamento del perimetro perennemente in evoluzione tale da risultare soverchiante. Strumenti come l’Autonomous Database permettono di accertarsi che patch e ottimizzazioni siano applicate in modo autonomo, e costituiscono un buon punto di partenza per la gestione consapevole e sicura dei propri dati: focalizzando il lavoro dei tecnici sulla definizioni di criteri di accesso che vadano oltre la semplice provenienza dall’interno dell’infrastruttura aziendale.
La chiave è l’identità
L’attenzione va quindi spostata sull’identità e altri strumenti di valutazione del rischio differenti, che costituiscono un approccio nuovo alla sicurezza più efficace e più in linea con le reali esigenze di un’azienda. Come quella relativa alla comprensione di chi ha avuto accesso e quando ai dati, quali dati ha consultato ed elaborato, così da poter tracciarne gli utilizzi e rilevare eventuali comportamenti che travalichino le policy aziendali predefinite. Senza trascurare una certa dose di flessibilità: avere a disposizione un archivio unico significa anche poter consentire a più dipendenti di accedervi, ciascuno traendone un vantaggio specifico e potendo contare su strumenti moderni per l’analisi degli stessi.
Sono queste le esigenze delle aziende e dei clienti Oracle: “Capire come si muovono i dati all’interno della nuvola, e se stanno rispettando le regole – conclude Folgori – Per questo noi di Oracle abbiamo messo a punto gli strumenti giusti per accompagnarli in questo percorso”. Il futuro del business è qui, nel cloud: dove le macchine possono contribuire a liberarci dal peso di compiti gravosi, lasciandoci la libertà e l’opportunità di fare noi stessi in prima persona la differenza.