L’indiscrezione dagli States: l’azienda di Mountain View starebbe lavorando a una versione del proprio sistema capace di oscurare le voci non gradite al governo cinese
Otto anni fa Google abbandonava la Cina in protesta contro la censura e le pratiche di hacking online vigenti nel Paese. Ma ora l’azienda di Mountain View potrebbe farvi ritorno proponendo un nuovo motore di ricerca conforme ai desideri del governo cinese. Un Google capace di filtrare in anticipo i siti web e i termini di ricerca considerati “inappropriati” o “indesiderabili”.
Opposizione interna
A lanciare la notizia è stato per primo il portale online The Intercept, poi approfondita anche dal New York Times. Google avrebbe un team di ingegneri che sta lavorando a un’app di ricerca con limitazioni sui contenuti, hanno rivelato alcuni dipendenti chiedendo di restare anonimi.
Stando ad alcune mail interne all’azienda, filtrate inopinatamente fino ai giornalisti, questo progetto avrebbe sollevato numerose critiche con impiegati che hanno chiesto il trasferimento ad altro incarico e persino minacciato di andarsene. In fin dei conti, sarebbe una decisa marcia indietro rispetto alle posizioni critiche espresse nel 2010 sulla libertà in Cina.
Google, secondo molti, il miglior ambiente lavorativo al mondo
Un mercato “difficile”
Niente di sorprendente, comunque. Google non è la prima realtà americana che guarda con interesse il mercato cinese. Anche a costo di pesanti compromessi. Ne è un esempio LinkedIn che in Cina limita l’accesso ad alcuni dei suoi contenuti. Ma anche Facebook, dove è stato sviluppato un software specifico per oscurare determinati post.
Il Paese più popoloso al mondo, ovviamente, rappresenta un’attrattiva importante anche per il colosso fondato da Sergey Brin e Larry Page. Un bacino immenso di potenziali utenti che Google sta cercando di avvicinare con investimenti e acquisizioni: a giugno sono stati spesi 550 milioni in JD.com, uno dei rivenditori cinesi online più grandi sul mercato.
Se il progetto di un motore di ricerca pensato per la Cina trovasse effettivamente conferma, e da Mountain View non sono arrivati comunicati in tal senso, Google si troverebbe comunque a doversi confrontare con un mercato “difficile”. Da un lato le norme stringenti del governo cinese nei confronti delle aziende, soprattutto se straniere, che maneggiano dati personali: nella prima metà del 2018 sono stati chiusi oltre 3.000 siti web. Dall’altra la concorrenza di una realtà come Baidu ormai perfettamente integrata con l’utente medio cinese. Per scalzare questo scomodo avversario servirebbe qualcosa di più di un motore di ricerca “a mezzo servizio”.