Il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, Vinicio Nardo si dice contrario a una chiusura totale e si augura che il dpcm sia in sintonia con l’ordinanza lombarda che prevede deroghe eccezionali
C’è inquietudine e insoddisfazione nel mondo delle partite Iva e dei professionisti per le nuove, più stringenti, regole varate dalla Regione Lombardia che paiono trovare nuova conferma nel dpcm annunciato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte nella serata di ieri (anche se, non essendo stato pubblicato ancora alcun testo, è impossibile sapere quali attività dovranno chiudere). In merito, il presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, intervistato da ANSA, spera in una interpretazione meno rigida delle future norme, che consenta comunque ai legali di recarsi in studio per le urgenze.
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Cosa chiedono gli avvocati di Milano
“Gli studi legali non possono chiudere del tutto, come gli studi notarili, e credo che l’interpretazione del provvedimento sia senza possibilità di equivoci, ossia che si possa andare nel proprio studio per gli affari urgenti, ad esempio per ritirare fascicoli urgenti che non sono digitalizzati”. È quanto ha espresso il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, Vinicio Nardo, parlando con l’ANSA in merito all’ordinanza della Regione Lombardia che ha decretato la chiusura delle “attività degli studi professionali”. Del resto la medesima disposizione regionale contiene una deroga: “salvo le attività relative ai servizi indifferibili e urgenti o sottoposti a termini di scadenza”.
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“Gli avvocati – prosegue Nardo – ovviamente ora sono smarriti, impauriti e stanno aspettando anche di conoscere il provvedimento nazionale del Governo sulla chiusura delle attività”. Un provvedimento che il presidente dell’Ordine dei legali milanesi spera resti in linea con l’ordinanza lombarda che, come si anticipava, consente agli avvocati di accedere agli studi limitatamente per continuare a sbrigare gli affari urgenti e non prorogabili in quanto soggetti a scadenza.
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Se il dpcm di Conte fosse più stringente si creerebbe un cortocircuito con il resto del mondo giudiziario che, come sottolinea il presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, non ha chiuso del tutto. I lavori nei palazzi di giustizia “vanno avanti perché si tratta chiaramente di un servizio essenziale”.
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Sarebbe una inutile penalizzazione in quanto, già da diverse settimane, sottolinea Nardo “noi siamo a tutti a casa a lavorare, i nostri collaboratori anche loro stanno lavorando da casa e se io devo andare in studio ci vado da solo e cosi’ i miei colleghi”. Per questo l’Ordine degli avvocati di Milano auspica che resti la possibilità “di autocertificare che, se si sta andando in studio, lo si sta facendo per un’esigenza non differibile”.”Non tutto, infatti – conclude Nardo – si può fare telematicamente, sia perché gli uffici giudiziari non hanno a volte queste capacità, sia perché gli stessi clienti a volte al massimo hanno un telefonino”.