L’ospedale sarà pronto all’inizio della prossima settimana con i reparti di pronto soccorso, terapia intensiva, sub intensiva e radiologia
Volontari dell’Associazione Nazionale Alpini, AREU (Azienda Regionale Emergenza Urgenza), medici, infermieri, tecnici e operatori sanitari, provenienti anche dalla Russia, dottori e addetti alla logistica di Emergency, insieme a squadre di operai a lavoro H24 sono schierati in prima linea nella gestione del nuovo ospedale in costruzione nel padiglione B della Fiera di Bergamo.
Una corsa contro il tempo, iniziata domenica scorsa (22 marzo), è quella che stanno portando avanti squadre di 30-40 persone, tra operai e volontari, a lavoro H24 su tre turni. Il pavimento è stato posato, e si stanno tirando su le pareti. A breve si monterà anche l’impianto elettrico e quello per l’ossigeno.
Doveva essere l’ospedale da campo degli alpini e, invece, diventerà una struttura sanitaria dedicata esclusivamente ai malati di Covid-19, dotata di un pronto soccorso, 2 posti letto in terapia intensiva, 24 in sub intensiva, 30-40 posti per la sub-intensiva e 50 di stabilizzazione con supporto d’ossigeno, per un totale di 120 posti disponibili. Al suo interno sarà presente anche il reparto di radiologia, per effettuare le Tac. “Se tutto va secondo le previsioni, ad inizio della prossima settimana l’ospedale dovrebbe entrare in attività“, afferma Pietro Parrino, direttore Field Operations Department di Emergency.
Pietro Parrino, Emergency. Photo credit: Eleonora Stevani
La squadra di Emergency in prima linea
Su richiesta della Regione Lombardia, Emergency ha iniziato a lavorare nella città di Bergamo con un proprio team. “Abbiamo messo insieme una squadra di 25/30 persone, tra medici, infermieri, tecnici sanitari e addetti alla logistica che hanno lavorato o lavorano per noi – racconta a StartupItalia Pietro Parrino – Alcuni li abbiamo richiamati dalle missioni in Africa in cui erano impegnati, riducendo le nostre attività nel continente africano per aiutare l’Italia”.
In particolar modo, Emergency sta collaborando alla progettazione della nuova struttura mettendo a disposizione la sua esperienza maturata in Sierra Leone, nel 2014-2015, durante l’epidemia di Ebola.
“Durante le epidemie di Ebola e Covid-19, i comportamenti da adottare per proteggere il personale sanitario dal contagio sono, praticamente, gli stessi – spiega il direttore – L’epidemia di Ebola ci ha insegnato come gestire al meglio un’intera struttura sanitaria. La nostra idea, a Bergamo, è, infatti, quella di offrire sia supporto medico che logistico nella gestione dell’intero ospedale da campo. In particolar modo, parte del nostro personale impiegato, aiuterà il personale medico a garantire i livelli massimi di igiene e pulizia nella struttura e a evitare comportamenti che potrebbero ledere sé stessi o gli altri“.
Una riorganizzazione efficace degli spazi e dei flussi, studiata minuziosamente, per ridurre il più possibile le possibilità di contagio sarà, dunque, il principale supporto fornito da Emergency. “E’ fondamentale che ogni area sia compartimentalizzata, che i luoghi di vestizione/svestizione siano ben definiti, che il movimento delle persone sia pensato e studiato in anticipo”, ha specificato Rossella Miccio, presidente di Emergency.
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Il team impiegato a Bergamo
Oltre ad Emergency, ad offrire il proprio supporto nella gestione del nuovo ospedale c’è anche l’Associazione Nazionale Alpini, che, in passato, ha gestito ospedali da campo durante il terremoto in Centro Italia, in Kosovo, in Giordania per i profughi siriani e in Sri Lanka, dopo lo tsunami. Volontari esterni, provenienti da altri ospedali d’Italia, e un team che arriva dalla Russia comporranno la squadra, per un totale di circa un centinaio di specialisti impiegati nella provincia più colpita d’Italia da Covid-19.
La lettera dei medici del Papa Giovanni XXIII
Il grido disperato è arrivato dagli stessi medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, che, in una lettera pubblicata sul New England Journal of Medicine, denunciano: “Nonostante Bergamo sia una città relativamente piccola, è l’epicentro dell’epidemia, più di Milano… Il nostro ospedale è altamente contaminato e siamo già oltre il punto del collasso: 300 letti su 900 sono occupati da malati di Covid-19. Il 70% dei posti in terapia intensiva sono riservati ai malati gravi di Covid-19 che abbiano una ragionevole speranza di sopravvivere. La situazione è tragica in quanto operiamo ben al di sotto del nostro normale standard di assistenza. I tempi di attesa per un letto di terapia intensiva sono lunghi ore. I pazienti più anziani non vengono rianimati e muoiono da soli senza adeguate cure palliative, mentre la famiglia viene informata telefonicamente..Ma la situazione nell’area circostante è ancora peggiore. La maggior parte degli ospedali è sovraffollata e si avvicina al collasso mentre non sono disponibili farmaci, ventilatori meccanici, ossigeno e dispositivi di protezione individuale. I pazienti giacciono su materassi stesi a terra. Il sistema sanitario fa fatica a fornire servizi regolari mentre i cimiteri sono sopraffatti… Negli ospedali, gli operatori sanitari e il personale ausiliario sono soli mentre cercano di mantenere operativo il sistema. Fuori dagli ospedali, le comunità vengono trascurate, i programmi di vaccinazione sono in stand-by e la situazione nelle carceri sta diventando esplosiva senza alcun allontanamento sociale. Siamo in quarantena dal 10 marzo. Sfortunatamente, il mondo esterno sembra inconsapevole del fatto che a Bergamo questo focolaio sia fuori controllo… Il Coronavirus è l’Ebola dei ricchi e richiede uno sforzo transnazionale coordinato. Non è particolarmente letale, ma è molto contagioso. Più la società è medicalizzata e centralizzata, più il virus è diffuso. Questa catastrofe che si sta svolgendo nella ricca Lombardia potrebbe avvenire ovunque”.