I giorni più difficili per l’UE. StartupItalia ha intervistato Brando Benifei, capodelegazione del PD al Parlamento Europeo
«Noi siamo per la mutualizzazione del rischio, non dei debiti del passato. Per affrontare l’emergenza coronavirus la Germania deve capire che viviamo tempi straordinari». StartupItalia ha raggiunto telefonicamente Brando Benifei, europarlamentare e capodelegazione del Partito Democratico al Parlamento Europeo. «Finora le istituzioni europee, ovvero la Commissione, la BCE e il Parlamento hanno fatto tutto quel che si poteva fare in termini di decisioni e di fondi stanziati». Il 2020 è, di fatto, diventato l’anno più difficile per l’Unione Europea dai tempi in cui l’idea di solidarietà continentale cominciò a germogliare tra le ceneri del secondo conflitto mondiale. Oggi ha parlato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Sono indispensabili ulteriori iniziative comuni – ha detto il Capo dello Stato nel suo messaggio alla Nazione – superando vecchi schemi ormai fuori dalla realtà».
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© Fonte: profilo Twitter David Sassoli
Unione Europea: cosa si è fatto
«Ho condiviso il discorso del capo dello Stato – ha premesso l’onorevole Benifei – quello che finora le istituzioni dell’Unione Europea hanno fatto non è poco. La Commissione ha deciso di sospendere il Patto di Stabilità, la Banca Centrale Europea acquisterà titoli di stato per 750 miliardi di euro e il Parlamento Europeo ha deciso proprio ieri di sbloccare 37 miliardi di risorse inutilizzate dai fondi strutturali per destinarli all’emergenza. Nove di questi miliardi andranno all’Italia». Eppure qualcosa non sta funzionando nella solidarietà tra Stati membri, visto che alcuni paesi, Germania in testa, si sono opposti all’idea dei cosiddetti coronabond, titoli di debito di cui ciascuno dei Ventisette dovrebbe farsi carico per fronteggiare l’emergenza come un fronte comune. Alla base di questo rifiuto la convinzione che gli strumenti già in campo sarebbero più che sufficienti.
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Brando Benifei, capodelegazione del Pd al Parlamento Europeo
Cosa va fatto
La ricetta per la ricostruzione – o quanto meno una valida traccia di essa – l’ha riassunta in maniera solenne l’ex presidente della BCE, Mario Draghi, in un articolo pubblicato sul Financial Times. Il suo pensiero si potrebbe così riassumere: occorre che gli Stati non si preoccupino del debito pubblico perché, come in guerra, si sopravvive soltanto in questa maniera. «Noi – ha continuato Benifei – stiamo spingendo per gli eurobond perché occorre avere titoli di stato comuni per finanziare la ripresa, ma serve che i governi prendano iniziativa. Gli europarlamentari si stanno impegnando anche sui livelli nazionali». L’obiezione in risposta agli euroscettici che, mai come in queste settimane, dipingono l’Europa come nemica dell’Italia sarebbe che a opporsi alla mutualizzazione del rischio non è l’Unione Europea, ma i singoli governi del Vecchio Continente. Sul tema è stato chiaro il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli: «I governi nazionali non sono l’Europa», ha dichiarato.
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© Fonte: Profilo Twitter Ursula von der Leyen
L’Italexit è più vicina?
L’Unione Europea si è data ancora poche settimane per dare una risposta definitiva e avviare i cantieri della ricostruzione economica continentale. Purtroppo la rabbia che sale dall’Italia viene alimentata anche con nuovi slanci verso l’Italexit, l’uscita dell’Italia dall’UE. «Credo che sia un’opzione altamente improbabile – ha spiegato l’eurodeputato – resto convinto che i negoziati porteranno a un buon esito per l’Italia e l’Europa. Faccio inoltre notare che l’ipotesi di un referendum per uscire o meno dall’Unione non è prevista dalla nostra Costituzione».
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© Fonte: profilo Twitter Ursula von der Leyen