Sale così a 15 (su 26) il numero di Paesi dell’area Schengen ad aver chiuso le proprie frontiere interne per la pandemia
Emmanuel Macron ha tentato di resistere fino all’ultimo. Chiudere le frontiere con il resto d’Europa, in un momento di crisi così grave, in un momento in cui soprattutto a Bruxelles e agli Stati del Nord si chiede maggiore solidarietà, è un pessimo segnale. E poi, oltre al messaggio politico, ci sono questioni economiche (il lavoro dei transfrontalieri) e pragmatiche (il libero scambio delle merci, ormai alla base di economie interdipendenti), senza dimenticare che il ripristino delle frontiere rischia di rallentare l’approvvigionamento di beni di prima necessità e di medicine e materiali medici, acuendo l’attuale crisi sanitaria.
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La decisione più difficile per Macron
La decisione presa dal presidente francese in concerto con il primo ministro non è stata certamente facile. Sale così a 15 (su 26) il numero di Paesi dell’area Schengen ad aver chiuso le proprie frontiere interne per la pandemia. La Francia si aggiunge infatti a Belgio, Finlandia, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Danimarca, Polonia, Lituania, Germania, Estonia, Norvegia, Spagna e Portogallo. Fuori dalla Ue, le ha chiuse la Svizzera.
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La Svezia aveva invece rinnovato i controlli nel novembre scorso, motivando col rischio di una minaccia prevedibile. Quindi in totale gli Stati dell’area Schengen con le frontiere chiuse sono attualmente 16. L’Italia invece continua a tenere aperte le proprie frontiere, ritenendo che sia sufficiente la disposizione della quarantena.
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Le ore più difficili per la Francia
E anche Emmanuel Macron, si anticipava, ha atteso parecchio prima di notificare la decisione alla Commissione europea di sospendere Schengen. La misura, che prevede sbarre che tornano ad abbassarsi lungo i confini almeno fino al 30 ottobre prossimo (ma potrebbe essere revocata prima, nel caso di miglioramento) è stata presa, si legge, “per motivi di sicurezza”, ma anche “di ordine pubblico”. Dunque l’Eliseo teme lo scoppio di possibili rivolte.
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La crisi sanitaria si è acuita soprattutto nelle ultime ore, in particolar modo nella capitale. Il sistema ospedaliero Assistance Publique – Hôpitaux de Paris ha fatto sapere che gli 870 pazienti ricoverati in terapia intensiva occupano tutti i letti disponibili. Sotto pressione tutte le strutture di ricovero dell’Ile-de-France, la regione in cui si trova Parigi, con 2mila malati in rianimazione. In tutta la Francia sono 6.399 su 26.246 ricoverati. Mentre il numero dei decessi ha superato la soglia delle 4mila 500 unità. Intanto, il primo ministro Edouard Philippe ha spiegato che è “probabile” che la Francia proceda al confinamento totale dei cittadini “non in una sola volta e per tutti”.
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