Moltiplicazione degli investimenti e applicazioni sempre più vaste. Pechino punta tutto sui robot. E i numeri parlano chiaro
Una torre dell’orologio alta dieci metri con dei manichini meccanici che suonavano le ore. Il luogo, Kaifeng. L’anno, il 1088 dopo Cristo. Quasi un millennio fa. Quella torre, conosciuta come Motore Cosmico, è il primo tentativo di automazione in Cina. Da quell’idea dell’architetto Su Song in avanti, il gigante d’oriente è sempre rimasto interessato a immaginarsi e a costruire automi. Oggi, la Cina è uno dei principali punti cardine dell’innovazione tecnologica, compresa quella legata ai robot.
Leader mondiale in robotica entro il 2025
L’ambizione di Pechino è esplicita: diventare leader globale nel campo della robotica entro il 2025. Si tratta di un obiettivo dichiarato a chiare lettere nell’ultimo piano quinquennale licenziato dal Partito comunista cinese al termine del lianghui (le cosiddette “due sessioni”) del 2021, il principale appuntamento legislativo dell’anno dalle parti della capitale cinese. Per far fronte alla rivalità prolungata con gli Stati Uniti, il piano ambisce a potenziare la competitività della robotica cinese sulla scena globale, mirando ad una crescita dei ricavi di oltre il 20% all’anno attraverso assistenza finanziaria ed una rafforzata cooperazione tra industria, entità statali ed istituti di ricerca. Molte città e province si stanno sforzando di creare incubatori favorevoli allo sviluppo integrato dell’industria dei robot, che in Cina dovrebbe arrivare a valere 100 miliardi di yuan entro il 2025.
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D’altronde già oggi uno studio del Center for Security and Emerging Technology ha rivelato come la Cina sia leader mondiale per numero di brevetti di robotica: quasi il triplo rispetto a quelli degli Stati Uniti. Lo studio prende in esame i quindici anni intercorsi tra il 2005 e il 2019: ebbene, i brevetti di robotica made in China sono stati più di 25 mila contro i circa 9 mila e 500 ottenuti dagli Usa, che si posizionano tra l’altro al quarto posto. A completare il podio con la Cina ci sono infatti due suoi vicini, il Giappone con 15 mila brevetti e la Corea del Sud con 11 mila. A testimonianza del dominio asiatico nel settore. Nel solo 2019 la Cina ha ottenuto oltre la metà dei brevetti ottenuti dagli Stati Uniti in 15 anni, vale a dire 5 mila e 400. Un numero monstre, che si riflette in una percentuale del 43% di tutti i brevetti ottenuti quell’anno a livello mondiale.
Il sorpasso nel campo dell’AI
Una situazione simile a quella che si riscontra nell’intelligenza artificiale, dove di recente c’è stato il sorpasso. Negli ultimi dieci anni da Pechino sono state depositate quasi 390 mila domande, pari al 74,7% del totale. Non si tratta di una leadership solo quantitativa ma anche qualitativa. Nel 2020, per la prima volta, gli articoli accademici cinesi sono stati più citati di quelli americani nelle pubblicazioni scientifiche mondiali di settore. “La Cina ha già vinto la battaglia sull’intelligenza artificiale e tra 15-20 anni non avremo alcuna possibilità di competere”, ha dichiarato nei giorni scorsi Nicolas Chaillan, il responsabile software del Pentagono che si è appena dimesso per protestare contro la lentezza della trasformazione tecnologica dell’esercito americano.
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In ritardo sulla Corea del Sud
Tra gli obiettivi a corto termine quello di recuperare il ritardo della Cina di fronte alle altre potenze mondiali: con 246 robot per 10 mila dipendenti, la Cina è ancora indietro rispetto alla Corea del Sud, che ha una densità attuale di 932 e si è classificata prima dal 2010. Tuttavia, la Cina è ben al di sopra della media globale di 126 e vicino agli Stati Uniti, con 255. Un ritardo, comunque, che è relativo, vista l’enormità del territorio e della popolazione cinesi. E in netta riduzione. Solo cinque anni fa la Cina era al 25esimo posto al mondo per densità di presenza robotica in rapporto agli abitanti, oggi è già salita in nona posizione. E non accenna minimamente a interrompere la scalata.
Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica, la produzione di automi industriali cinesi è aumentata da 72 mila unità nel 2016 a 212 mila nel 2020. I produttori di robot di servizio e che svolgono funzioni speciali in Cina hanno ottenuto entrate per 52,9 miliardi di yuan (circa 8,21 miliardi di dollari) nel 2020, con un aumento del 41% rispetto al 2019. Al momento, riporta l’agenzia di stampa Xinhua, il 60% dei prodotti della compagnia vengono utilizzati nell’automazione e nelle industrie legate ai robot, principalmente nei settori dei semiconduttori, delle nuove energie e della biomedicina.
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I settori nei quali Pechino si trova già in una posizione di vantaggio rispetto a Washington sono diversi, a partire dalla robotica industriale fino a quella agricola, da quella subacquea fino a quella formativa. Le cifre approntate dal piano quinquennale consentiranno alla Cina di continuare a promuovere i progressi della robotica in campi come la produzione elettronica, la logistica e l’istruzione, esplorando nuove opportunità nel settore minerario, nella costruzione navale, e nell’energia nucleare.
Un giudice dotato di AI
Tra le applicazioni più recenti di intelligenza artificiale e robotica, c’è anche quella della giustizia. La Procura popolare di Shanghai Pudong ha finanziato la creazione di un giudice dotato di intelligenza artificiale, il primo del suo genere nel mondo. Questo giudice dà il 97% di decisioni corrette dopo aver ascoltato le argomentazioni verbali. Con il suo utilizzo, dai toni altamenti distopici, l’ufficio della procura più attiva in Cina conta di ridurre i carichi di lavoro e i tempi di attesa, attualmente lunghissimi, per arrivare a sentenza. Episodio che dimostra che nella visione di Pechino i robot saranno adoperati anche nel settore della social governance. Quasi tutte le aziende di robot mainstream hanno ricevuto un nuovo round di finanziamento quest’anno. Nella prima metà del 2021, ci sono stati 120 casi di finanziamento per aziende di robot, per un totale che ha superato i 10 miliardi di yuan.
Una volta quando si parlava di robot eravamo abituati a pensare immediatamente al Giappone. Un domani, forse, il pensiero si sposterà qualche centinaio di chilometri verso ovest.