La capsula Osiris Rex, in viaggio a 12,3 chilometri al secondo, porta con sé sulla Terra alcuni frammenti dell’asteroide Bennu. Per la rubrica Spazio al futuro nel nostro longform domenicale l’astrofisica Patrizia Caraveo ci svela i dettagli della missione
Ogni giorno entrano in contatto con l’atmosfera circa 100 tonnellate di materiale extraterrestre che va incontro a un’esperienza bruciante a causa dell’attrito che lo surriscalda. La polvere, che rappresenta la grande maggioranza del materiale cosmico, si consuma lasciando strisce luminose che noi chiamiamo stelle cadenti, mentre i sassi cosmici di maggiore dimensione arrivano a terra vistosamente bruciacchiati, sono i meteoriti. Oggi, 24 settembre, alla dose giornaliera, che arriva naturalmente, si aggiungerà una consegna speciale: nel Department of Defense’s Utah Test and Training Range, che occupa una vasta porzione del deserto salato poco lontano da Salt Lake City, è atteso l’arrivo della capsula sigillata contenente circa 200 g di campioni dell’asteroide Bennu raccolti dalla missione Osiris Rex (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, and Security–Regolith Explorer) della NASA. I campioni sono stati raccolti il 20 ottobre 2020 con una manovra denominata TAG (Touch And Go) dopo che la sonda, arrivata nel dicembre 2018, aveva mappato accuratamente la superficie del corpo celeste per scegliere il luogo più adatto. Trovare una regione ragionevolmente pianeggiante non è stato un compito facile perché Bennu, che misura 565 m × 535 m × 508 m, ha una superficie molto accidentata.
Le immagini evidenziano la presenza di grandi massi che la sonda doveva assolutamente evitare. Come si vede nel filmato, il braccio robotico della sonda si è avvicinato fino a toccare la superficie dell’asteroide usando un getto azoto per muovere e fare sollevare del materiale in modo di permettere la raccolta. Come tutti gli asteroidi carboniosi, Bennu, è molto poco coeso e il getto di gas ha smosso molto materiale garantendo una raccolta abbondante, anche troppo dal momento che qualche granello ha fatto incastrare il meccanismo di chiusura del contenitore ed è stato necessario trasferire immeritamente i campioni nella capsula che li avrebbe riportati a Terra. Per stare sul sicuro, la NASA ha deciso di utilizzare una copia della capsula che, nel gennaio 2006, aveva riportato a Terra i campioni di polvere della cometa Wild2 catturati dalla sonda Stardust.
Quello era stato il primo atterraggio riuscito nel deserto salato dello Utah dopo il mezzo fallimento di due anni prima quando il paracadute della capsula contenente, campioni del vento solare, raccolti dalla sonda Genesis, non si era aperto e la capsula si è schiantata al suolo esponendo alla contaminazione terrestre il prezioso materiale. Era tale la preoccupazione della contaminazione che, per evitare qualsiasi tipo di contatto con materiale terrestre, in quel caso si era deciso di tentare il recupero in volo con un apposito elicottero che doveva acchiappare la struttura del paracadute. In seguito si è capito che il sensore che doveva dare il comando per aprire il paracadute non aveva funzionato, ma rimane vero che occorre dedicare grandissima attenzione al paracadute che deve stare ripiegato per anni (subendo paurosi sbalzi di temperatura) ma che deve aprirsi perfettamente al momento giusto per rallentare la capsula e farla atterrare senza traumi.
Ben arrivato Bennu
Adesso è la volta della capsula di Osiris Rex che, dopo avere raccolto i campioni, è rimasta a studiare Bennu, aspettando il giusto allineamento per iniziare il viaggio di ritorno, il 10 maggio 2021. Da allora ha descritto due orbite intorno al Sole per presentarsi all’appuntamento con la Terra con la giusta traiettoria. Oggi è il momento della verità. A meno di problemi sulla traiettoria oppure di condizioni meteo proibitive, alle 12:42, ora italiana, deve essere dato il comando di sgancio. Questo non significa la fine della missione Osiris Rex perché la sonda continuerà il suo viaggio che prevede lo studio di un secondo asteroide, questa volta senza raccolta di campioni.
La capsula, che viaggia a 12,3 km /sec, impiegherà altre 4 ore per arrivare in contatto con l’atmosfera ed altre 13 minuti per la discesa. Anche se, come abbiamo detto, per la NASA il rientro di una capsula non è una novità, non si vuole lasciare niente al caso e, il 30 agosto, è stata fatta una prova generale con una copia della capsula lanciata da un aereo. Nella discesa vera, la capsula di arroventerà al contatto con l’atmosfera e sarà ben visibile, poi si aprirà il primo paracadute seguito dal secondo, quello più grande che la depositerà a Terra per essere recuperata.
La capsula deve essere recuperata nel più breve tempo possibile, messa in una rete in modo che un elicottero la porti nella camera pulita allestita nel Test and Training Range, per essere preparata al viaggio che la porterà a Houston dove, all’interno del Johnson Space Center, c’è un edificio dedicato alla conservazione dei campioni extraterrestri. Qui sono conservati, ancora sigillati, buona parte dei campioni lunari raccolti dagli astronauti delle missioni Apollo, e qui verranno conservati i campioni di Bennu. Un quarto del materiale raccolto sarà distribuito in giro per il mondo agli scienziati che hanno chiesto di analizzarlo mentre il resto verrà conservato per future analisi che potrebbero essere rese possibili a seguito dello sviluppo di nuove tecnologie. Nel caso gli esperti decidessero che la traiettoria non sia quella giusta oppure che il meteo non permetta di effettuare l’atterraggio in sicurezza, Osiris Rex non rilascerà la capsula che continuerà ad orbitare intorno al Sole e si ripresenterà all’appuntamento tra due anni.
Ovviamente, gli scienziati sperano che la traiettoria sia perfetta ed che il meteo collabori perchè sono curiosissimi di sapere quanto Bennu sia simile (oppure quanto sia diverso) dagli asteroidi Itokawa e Ryugu che sono stati visitati dalla missioni giapponesi Hayabusa 1 e 2. Per fare atterrare i campioni, l’agenzia spaziale giapponese, che non può contare su territori desertici in patria, ha dovuto chiedere il permesso di utilizzare il deserto del Woomera nel centro dell’Australia.
Mentre Hayabusa 1, nel 2010, ci ha portato pochi minuscoli granelli dell’asteroide Itokawa, Hayabusa 2 ha avuto più fortuna e, nel 2020, ha consegnato diversi grammi di Ryugu. Gli asteroidi rappresentano la memoria storica della nascita del sistema solare e sono vere e proprie capsule del tempo, perché non sono evoluti né si sono scaldati e raffreddati, come invece è successo ai pianeti. Sono pristini, identici a com’erano 4,5 miliardi di anni fa: ecco perché è così importante che i loro campioni non subiscano alcuna contaminazione terrestre.