Da anni vive a San Francisco e da poco ha terminato l’esperienza a Mountain View. Ma si ricorda ancora delle prime assunzioni: «Nei documenti aziendali trovavo i commenti di Larry Page in persona». Ora ha lanciato una startup. La nuova storia per “Italiani dell’altro mondo”
«Negli Stati Uniti un tech worker lavora per un’azienda in media poco più di quattro anni. Io sono rimasto nell’headquarter di Google per oltre 12. E questo mi rende molto orgoglioso». Raccontare la storia di Edoardo Mainella, che in realtà nella multinazionale di Mountain View ha trascorso gli ultimi due decenni, ci obbliga a ripercorrere i primi passi della grande G nel nostro Paese. «In Italia ho avuto la fortuna di viverla in fase startup». Erano i primi anni Duemila, un’altra epoca come sempre si specifica in questi casi (perché è vero). Ha collaborato fianco a fianco con Massimiliano Magrini, oggi in United Ventures, per portare qui un motore di ricerca che all’epoca in pochi capivano. «Con Fabrizio d’Aragona eravamo come i tre moschettieri. Quando chiamavamo le varie aziende ci rendevamo conto che non c’erano figure dedicate al digitale. Google era a tutti gli effetti una startup».
Per la rubrica Italiani dell’altro mondo siamo tornati in Silicon Valley, terra di innovazione promessa e ancora punto di riferimento. Edoardo Mainella si è trasferito a San Francisco più di dieci anni fa e da poco ha lasciato il suo ultimo incarico in Google per rimettersi in gioco con una venture rivolta sempre all’ecosistema dell’innovazione. «A Mountain View ho lanciato sei CRM globali». Spulciando dal suo profilo LinkedIn gli incarichi ricoperti rendono l’idea di quanto fosse immerso in una delle multinazionali più grandi: prima Global Operations & Product Manager e poi Global Product Leader, Tools & Infrastructure. Ma come ci è arrivato?
Il primo ricordo: la curiosità
Classe 1970, Edoardo Mainella è nato a Milano in una famiglia di imprenditori. In realtà non è partito da questo elemento per raccontare la sua infanzia. «Provengo da una famiglia molto curiosa», esordisce. Il papà è di Napoli, città che ha frequentato molto nel corso della sua adolescenza; la mamma giornalista a Il Giorno («Ricordo le fotografie dell’ANSA dagli Stati Uniti. Erano una finestra sul mondo»). Dopo gli gtudi al liceo Zaccaria di Milano, Edoardo è poi passato a Scienze Politiche. «L’ho trovata utile come facoltà: non ti specializzerà come un ingegnere, ma d’altra parte è sempre una tua responsabilità andare e crearti un futuro». La tesi di laurea sull’euro, quando ancora non c’era. «In quegli anni mi rendevo conto che stava succedendo qualcosa di incredibile». Quel futuro che lo avrebbe portato in braccia a Google ha avuto varie tappe e un sacco di passioni. Più una vicenda che lo ha segnato profondamente. «Sono uno sportivo: bici, kayak, sci. Da ragazzo sono stato investito da un auto mentre ero in mountain bike. Ero in discesa e ho picchiato la testa. Non c’è molto da dire: mi ritengo un miracolato».
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Sullo sfondo la preistoria del web, con i siti pionieri ed esperienze di aziende che, controvento rispetto al mainstream, sceglievano di esplorare questo settore, notando opportunità. «Ho lavorato per travelonline.it, la prima agenzia di viaggi su internet lanciata da un imprenditore svizzero. Sarebbe stata acquisita da eDreams». All’inizio del nuovo millennio, sulla soglia dello scoppio della bolla delle dot.com, era ancora un settore di nicchia. Edoardo Mainella si è poi spostato a Londra, applicando per Espotting dove ha lavorato fino al 2003. «Ricordo ancora quel periodo. Subito dopo l’attentato alle Torri Gemelle. Anni difficili, in cui ho dovuto stringere la cinghia».
Google chi?
E, infine, Google in Italia. In un contesto non ottimale per il web, un piccolo gruppo di startupper ha iniziato il percorso in salita, cercando di allacciare i primi rapporti con clienti, a cui andava spiegato il perché fosse importante avere una presenza online. L’iPhone, per intenderci, non era in commercio. «C’è stato tantissimo sacrificio, ma si iniziava a ingranare. Ricordo l’associazione degli albergatori di Ischia che si resero conto dell’importanza di comparire in cima ai risultati su Google». Edoardo Mainella conserva un sacco di aneddoti di quegli anni. Come di quella volta in cui vendette il primo spot su YouTube per il partito L’Italia dei valori. «Fu un case study pure negli Stati Uniti». In quel contesto di prima espansione e di assunzioni, rammenta anche i commenti di Larry Page in persona all’interno dei documenti aziendali ogni volta che un nuova persona entrava in Google.
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Edoardo Mainella ha viaggiato in tutto il mondo, conoscendo alcune delle persone che hanno modellato strumenti e software che oggi diamo per scontati. Come Andy Rubin, l’informatico che ha lavorato ad Android. «Se ci penso è stata davvero una cavalcata entusiasmante. Abbiamo conosciuto i fondatori di Google». Oggi a San Francisco è uno degli italiani che fa da punto di riferimento per chi dal nostro Paese atterra in Silicon Valley, collaborando ad esempio con Innovit. Uscito da Google dopo più di un’ondata tecnologica, Mainella è ora focalizzato su una nuova startup, che presto lancerà, impegnata sempre sul digitale. Si chiama rUnited Group e si propone di sviluppare e gestire una piattaforma dati IoT per supportare le iniziative di smart city e infrastrutture intelligenti. «Aiuteremo le startup riducendo i requisiti di finanziamento. Il nostro obiettivo è la digital inclusion».