«Parto dal presupposto che l’ultima parola spetta all’umano. L’AI può avere allucinazioni. Si basa su statistiche di altissimo livello, ma siamo sempre noi persone, esercitando il pensiero critico, a dover valutare la bontà degli output». Mentre i grandi player globali investono miliardi sull’Intelligenza artificiale, il mercato ha già a disposizione soluzioni che possono fare la differenza come ci spiega Emanuela Pignataro, Head of Execution & Business Transformation di Cegos Italia. La società, attiva nel Learning & Development, è in contatto con aziende che stanno cercando di capire le potenzialità dello strumento, in un nuovo percorso di transizione digitale.
Quanto vale il mercato dell’Intelligenza artificiale in Italia
«Per quanto mi riguarda – spiega Pignataro – utilizzo due strumenti molto diffusi legati all’AI: Power BI è un tool in grado di aggregare dati per visualizzarli in una maniera molto rapida. Sono un utente di riflesso nel senso che leggo report prodotti da questa tecnologia. L’altro è ChatGPT: ero partita per pura curiosità, Ma devo ammettere che mi capita spesso di sfruttarlo».
Le proiezioni da qui ai prossimi anni riferiscono di un aumento costante dell’impiego di simili strumenti, con ricadute sull’economia. Le stime riferiscono che l’AI varrà il 3,5% del PIL globale entro il 2030. Secondo i dati del Politecnico di Milano il mercato italiano valeva 760 milioni di euro in Italia (con una crescita del 52%). «Non bisogna averne paura. L’Intelligenza artificiale va percepita come un alleata a cui delegare in un certo senso il lavoro sporco». Secondo l’esperta sono diverse le cose da fare a tal proposito: non smettere di formarsi – «imparare ad imparare» – e non tralasciare l’importanza della creatività.
Le skill per governare l’AI
«L’AI non uccide la creatività, al contrario. Se le si affidano task è possibile che il risultato finale sia un output creativo. Per quanto riguarda la nostra esperienza, notiamo due approcci all’interno delle aziende: i manager senior intendono l’Intelligenza artificiale come un tool a cui delegare attività operative, mentre quelli junior lo valutano come strumento di supporto a livello creativo». Un tema è centrale secondo Pignataro: «La capacità di adattamento è fondamentale, è la skill di questo periodo storico alla luce di tecnologie che evolvono così velocemente».
Anche lato formazione le cose stanno cambiando. «Se ben integrata, l’AI può rappresentare un booster importante poiché consente di migliorarne la pianificazione strategica e il livello di coinvolgimento dei partecipanti». Non appena il mondo ha iniziato a utilizzare ChatGPT alcuni esperti hanno spiegato che l’Intelligenza artificiale avrebbe costretto ad alzare il livello medio della qualità del lavoro in moltissimi mestieri.
«Ci saranno sicuramente cambiamenti per tutti – conclude Pignataro -. Bisogna lavorare sulle skill, proprio come nelle precedenti rivoluzioni. Credo che si debba distinguere tra le varie aziende quando si parla di AI: i dati riferiscono che ad essere partite con progetti sono soprattutto le grandi realtà, mentre le PMI sono in una fase precedente, di curiosità: solo il 18% ha avviato un’iniziativa di Intelligenza artificiale».