I dati sull’ultimo trimestre 2021: la multinazionale comunica per la prima volta il giro d’affari dell’advertising
In questo periodo di dati trimestrali c’è molto di cui discutere attorno alla situazione delle Big Tech. Vi abbiamo presentato i conti in tasca di Meta, l’ex gruppo Facebook, che perde sì utenti ma al tempo stesso ha investito 10 miliardi di dollari sul metaverso. A fine gennaio Apple ha comunicato i dati sull’ultimo trimestre 2021 (il cosiddetto Q4): utili record a 34,6 miliardi di dollari e le vendite dell’iPhone cresciute del 9% per un totale di oltre 71 miliardi di dollari. Nelle scorse ore è stato il turno di Amazon, il gigante dell’ecommerce fondato da Jeff Bezos e guidato dall’ad Andy Jassy: con 137,4 miliardi, le entrate segnano un nuovo record. Perfino di fronte a cifre del genere si può comunque parlare di alcuni cali nel business di Amazon, una multinazionale con investimenti e iniziative nei settori più disparati. Il business di AWS, Amazon Web Services, ha generato 17,78 miliardi di dollari di entrate nel Q4 2021 (+39,5% su base annua).
Van elettrici
Nel successo del quarto trimestre di Amazon ha giocato un ruolo decisivo la scaleup Rivian, azienda innovativa che produce auto elettriche in cui Amazon ha investito insieme a un player dell’automotive come Ford. Quell’operazione ha aumentato i profitti di 12 miliardi di dollari, rappresentando secondo quanto scrive il Wall Street Journal la principale fonte di guadagno dell’ultimo trimestre. Non è l’unica ex startup o costruttore di auto in cui il gigante di Seattle sta investendo: non più tardi di qualche settimana fa l’azienda ha stretto un accordo con Stellantis per la fornitura di van elettrici da introdurre nella propria flotta per le consegne. In questo approfondimento ci eravamo soffermati su tutti gli investimenti di Amazon nel campo della mobilità elettrica.
Amazon Prime: aumenta il costo dell’abbonamento
Come dicevamo ci sono stati dei cali per Amazon: il reddito operativo è sceso a 3,5 miliardi di dollari nel quarto trimestre 2021 (era 6,9 miliardi nel Q4 2020). Anche le Big Tech hanno fatto dunque i conti con l’aumento di costi a livello globale, al punto che sembrerebbe imminente un aumento del costo dell’abbonamento ad Amazon Prime negli Stati Uniti (da 119 dollari a 139 dollari). «Come previsto durante le vacanze, abbiamo visto costi più elevati a causa della carenza di manodopera e delle pressioni inflazionistiche; questi problemi rimangono nel primo trimestre 2022 a causa di omicron», ha dichiarato Andy Jassy, l’amministratore delegato di Amazon.
Dall’analisi fatta sulla stampa internazionale è l’investimento in Rivian ad aver salvato i conti dell’ultima trimestrale. Ricordiamo che Amazon detiene il 20% delle quote dell’azienda, quotatasi in Borsa alla fine del 2021. Ed è proprio quell’investimento ad aver fatto salire il reddito netto a 14,3 miliardi di dollari rispetto ai 7,2 di un anno fa. Senza Rivian, in altre parole, il reddito netto sarebbe scivolato a 2,5 miliardi di dollari, ha ricordato il New York Times. C’è un altro aspetto interessante, che ha sottolineato la CNBC: quello legato all’advertising come fonte di guadagno per Amazon.
Il fatto che Amazon abbia comunicato un giro d’affari di 31,2 miliardi di dollari in tutto il 2021 per quanto riguarda la pubblicità ci ha fatto venire in mente il siparietto di Mark Zuckerberg nell’aprile 2018 al Congresso degli Stati Uniti. A un senatore che gli chiedeva – nel 2018, ribadiamo – come riuscisse Facebook a essere sostenibile senza che gli utenti pagassero l’accesso al social, il giovane Ceo aveva risposto: “Senator, we run ads”, “Senatore, facciamo pubblicità” (qui sopra la GIF). Questo inciso ci è servito per ribadire che, forse, da parte della stampa è necessario ribadire che le Big Tech sono costruite sull’advertising e sul mercato dei dati.
Tornando alle entrate pubblicitarie di Amazon, i confronti sono eloquenti. I suoi 31,2 miliardi nel 2021 staccano di molto quelli guadagnati da Microsoft (10 miliardi) e da Snap’s (4,12), per citare due esempi. Non va poi trascurato il fatto che è stata la prima volta in assoluto in cui la società ha rivelato dati sull’advertising. Un asset che, oggi potrebbe stupire, non veniva reputato centrale per il digitale fino a venti anni fa. «Ci aspettiamo che i motori di ricerca finanziati dall’advertising siano intrinsecamente sbilanciati a favore di chi paga la pubblicità, a discapito delle esigenze dei consumatori». Sono le parole pronunciata dai cofondatori di Google Sergey Brin e Larry Page al World Wide Conference del 1998. Evidentemente le cose sono cambiate.