Come ogni mercoledì ospitiamo Notizie dal futuro, la rubrica di Paola Pisano, professore associato di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Torino e già Ministro dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione. Un viaggio attorno al mondo su tecnologia, intelligenza artificiale ed ecosistemi hi-tech
Notizie attorno al mondo, con l’innovazione come denominatore comune. Sono quelle raccolte tutti i mercoledì sui profili social di Paola Pisano, tra questi LinkedIn e Instagram, nel tentativo di comprendere dove ci porterà la tecnologia e qual è il suo ruolo nella vita di istituzioni, aziende e semplici cittadini.
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Vision Pro è il nuovo visore annunciato da Apple alla Apple worldwide Developers Conference. Dodici telecamere e vari sensori riprendono il mondo reale per poi sovrapporvi realtà virtuale consentendo a chi li indossa di immergersi nella vita online. I comandi sono attivati attraverso la voce e il display da 23 ml di pixel, mostra gli occhi di chi lo indossa. Vision Pro sarà disponibile nel 2024. Alta qualità del display, nuovo microchip R1 sviluppato dalla Apple, si contrappongono ad una durata limitata della batteria e ad un visore di design ma ancora ingombrante.
A quale mercato sta puntando Apple? Il prezzo – intorno a 3.499 dollari, quasi 12 volte il prezzo del Quest 2 di Meta, il VR più venduto – non fa pensare che Vision Pro sia adatto ad un utilizzo di massa. Neanche le aziende sono state menzionate durante la presentazione. Se si immagina invece che sostituirà Iphone il numero di pezzi venduti per eguagliare le entrate dovrebbe essere di 60 milioni l’anno. Anche questo risultato sembra improbabile. Dar vita ad un nuovo mercato di applicazioni di sviluppatori terzi potrebbe sembrare la strada più probabile. Anche se Apple non è mai stata un’azienda First mover, ossia che per prima propone una nuova tecnologia.
DPI sono le “digital pubblic infrustructure” su cui l’India lavora ormai da più di 10 anni. Il DPI è composto da tre piattaforme: identità digitale biometrica, Pagamenti digitali e gestione dei dati. Con l’Aadhaar (lo Spid indiano) i cittadini accedono a tutti i documenti online, da quelli fiscali, ai certificati vaccinali, alle pagelle delle scuole superiori. Il sistema aiuta anche ad erogare fondi in modo rapido nei momenti di emergenza come durante la pandemia.
L’India esporterà il suo modello verso altri paesi in via di sviluppo? Grazie all’infrastruttura digitale diverse piattaforme sono state create e molte lo saranno presto. L’Open Network for Digital Commerce è una organizzazione non profit sostenuta dal governo che aiuta i servizi di e-commerce indiani a superare problematiche come pagamenti e logistica. L’ecosistema digitale non include solo agenzie governative ma anche aziende tecnologiche, università e società pubbliche. Un esempio di “leapfrog” tecnologico in cui, partendo da un XX secolo senza carte di credito o pc sulle scrivanie, i Paesi in via di sviluppo potrebbero fare un balzo in avanti rispetto all’Occidente.
DIIA è “l’APP IO” dell’ Ucraina creata tre anni fa per consentire ai cittadini/e di accedere a servizi pubblici e privati dai loro cellulari. Durante la pandemia l’app ha permesso agli ucraini di verificare il proprio stato di vaccinazione. Oggi fornisce il primo passaporto digitale al mondo, patenti di guida digitali, permessi di costruzione, registrazione dei nuovi nati, pagamento delle tasse, firma digitale, e possibilità di effettuare operazioni bancarie.
Di recente si sono aggiunte funzioni per insegnare agli ucraini a pilotare droni, a segnalare le truppe russe e a chiedere fondi per la ricostruzione. L’Ucraina rappresenta un altro esempio di innovazione inversa, in cui le novità tecnologiche non arrivano solo da paesi occidentali ma da angoli del mondo inaspettati? L’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, che ha finanziato parte del suo sviluppo insieme al governo britannico, sta lavorando con Kiev per esportarla. L’Estonia, sta importando il codice DIIA, così come Zambia, Kosovo e Colombia. Visa e Google hanno sostenuto il DIIA con sovvenzioni.
I piani di espansione di TSMC, azienda di microchip taiwanese, preoccupano gli azionisti. Mark Liu, presidente di TSMC, durante l’assemblea nazionale ha affermato che l’azienda deve globalizzarsi per espandere la propria leadership tecnologica e produttiva. TSMC ha deciso di investire 40 miliardi di dollari in due impianti di produzione negli Stati Uniti, di costruirne un altro in Giappone e di prenderne in considerazione uno in Germania.
Sarà la geopolitica a guidare le scelte del settore dei microchip per i prossimi anni o il ritorno sugli investimenti? La maggior parte della capacità produttiva e tecnologica rimarrà a Taiwan. Solo il 10% della produzioni di TSMC verrà effettuato all’estero laddove ci saranno sovvenzioni per rendere redditizi gli impianti. I paesi che accoglieranno TSMC dovranno assicurare catene di approvvigionamento e manodopera adeguate affinché gli investimenti diventino profittevoli.