L’IIT di Genova organizza per il 28 e 29 luglio il G20 dell’Intelligenza Artificiale. Abbiamo intervistato il direttore scientifico Giorgio Metta
Il 28 e 29 luglio si terrà a Genova il G20 dedicato all’Intelligenza Artificiale e alla robotica. A organizzarlo è l’Istituto Italiano di Tecnologia su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’ambito delle iniziative speciali legate legate al G20. Una due giorni, a cui parteciperanno scienziati da tutto il mondo insieme ad esponenti della società civile del nostro Paese, con l’obiettivo di fare il punto sullo stato dell’arte in questi ambiti.
“L’evento avrà un doppio taglio”, spiega a Startupitalia Giorgio Metta, direttore scientifico dell’IIT e padre del robot umanoide iCub. “Nella prima giornata i maggiori esponenti dediti allo studio di AI e robotica si interrogheranno in modo più tecnico e dettagliato sul percorso della ricerca in questi comparti. Il dibattito del secondo giorno, rivolto alla società civile, riguarderà l’influenza che Intelligenza Artificiale e robotica avranno sul nostro futuro: dal mondo del lavoro alla sostenibilità, dalle considerazioni etiche all’esplorazione dello spazio, fino all’arte e alla musica”.
Direttore, l’IIT ha reso Genova un polo per la creazione e lo sviluppo di nuove tecnologie. Quali sono i progetti a cui state lavorando?
“Innanzitutto parliamo sempre di tecnologie molto trasversali, sia per quanto riguarda la robotica sia per l’Intelligenza Artificiale, che si possono applicare a campi diversi con il fine comune di migliorare la vita dei cittadini. Ci stiamo concentrando molto, per esempio, sul tema della sicurezza sul lavoro. Da tempo facciamo ricerca sugli aspetti della riabilitazione e della prostetica, ma l’obiettivo che ci siamo posti è quello di riuscire a intervenire prima dell’incidente, non solo a posteriori. In collaborazione con Inail, stiamo lavorando a un progetto in cui robotica e IA possano mettersi al servizio della prevenzione, della salute e della sicurezza sul posto di lavoro, aiutando a valutare, gestire e ridurre il rischio psicofisico delle persone”.
Oltre all’industria, in quali altri campi le nuove tecnologie stanno offrendo i maggiori sviluppi?
“Una delle sfide per la salute è quella della bioinformatica. Studiamo nuovi algoritmi che possano essere di supporto nell’analisi dei dati nel campo della genomica. Grazie alla tecnologia possiamo inoltre creare simulazioni utili allo sviluppo di farmaci e nuove molecole, anticipando le interazioni possibili con il mondo biologico. La robotica, poi, è sempre più utile per gli interventi in caso di disastro e per l’agricoltura di precisione. In questo caso favorisce la tutela dell’ambiente grazie alla riduzione dell’utilizzo di sostanze inquinanti e che hanno anche un impatto nella produzione di gas serra, aspetto questo meno conosciuto”.
Come realizzare una convivenza fattiva tra macchina ed essere umano, lasciando comunque a quest’ultimo un ruolo centrale?
“Si parla spesso di scenari futuri in cui le macchine sono onnipresenti: nella realtà dei fatti ne avremo un gran bisogno sicuramente, ma saranno di supporto nello svolgimento delle mansioni più ripetitive, usuranti o pericolose. L’uomo rimarrà al centro del ciclo di produzione e di sviluppo: avrà il ruolo di decisore ultimo, organizzatore del lavoro, sviluppatore delle macchine. Non esiste una tecnologia che possa sostituirsi alla capacità umana di prendere decisioni e anche di inventare. Le macchine vanno benissimo per lavori sempre uguali, programmati a priori. E’ quasi un non problema, quindi. Non ci sarà una sostituzione delle persone, ma nasceranno nuove opportunità a beneficio del lavoro di tutti. Si creeranno piuttosto nuovi lavori: bisognerà guidare i robot anziché svolgere il lavoro a mano”.
La ricerca sta studiando anche i meccanismi sensoriali, motori e cognitivi che consentono agli esseri umani di stabilire la comprensione reciproca. Come progettare robot che possano avvalersi di meccanismi di interazione simili ai nostri? Come farli collaborare in modo sempre più naturale con le persone nella loro quotidianità?
“Stiamo studiando l’interazione tra robot ed essere umano in modo da migliorare il lavoro che devono fare insieme. Il robot potrà essere più prevedibile e avrà una capacità d’interazione più naturale, non sarà più un elemento di distrazione dell’essere umano dal suo compito, ma farà le cose giuste nel momento giusto. Per farlo stiamo approfondendo come si possa interagire con un robot più sofisticato. Questa ricerca ha avuto una bellissima ricaduta, ovvero la collaborazione con l’Istituto Don Orione di Genova, che si occupa di processi di insegnamento ai bambini che soffrono di disturbi dello spettro autistico”.
Come può un robot aiutare chi soffre di disturbi dello spettro autistico?
“Stiamo mettendo a punto un percorso formativo che possa insegnare capacità cognitive importanti, che altrimenti non verrebbero sviluppate. Per esempio, quella di capire il punto di vista di un’altra persona. Sempre in presenza di un terapista, il robot umanoide interagisce con il bambino: gli presenta diversi oggetti e mostra diverse espressioni del viso, chiedendo al bambino di indovinare il suo punto di vista e dando poi un feedback attraverso gesti e sorrisi. I risultati preliminari si stanno rivelando molto soddisfacenti. Stiamo anche lavorando sulla capacità di attenzione: il robot può dare l’esempio mostrandosi interessato a un certo oggetto o guardando un certo punto nello spazio. La sua presenza è importante perché la macchina è qualcosa di più semplice da capire rispetto all’essere umano. L’idea, alla fine di questi esperimenti, è quella di elaborare un programma di insegnamento che migliorerà complessivamente la qualità di vita dei bambini che soffrono di disturbi dello spettro autistico. Un esempio di come la robotica possa mettersi al servizio della società”.
Quali sono i confini etici della ricerca?
“In questo caso gli studi sono stati tutti approvati dai vari comitati etici, come avviene normalmente. Si tratta di innovazioni che hanno comunque un bassissimo impatto da questo punto di vista: è come inventare nuovi giochi, che però insegnano qualcosa. Non escludiamo tra l’altro che queste tecnologie possano in futuro avere una ricaduta anche nei percorsi di tipo scolastico ed essere usate per insegnare la matematica e tutte le materie Stem. In fondo la macchina non si stanca, può ripetere la stessa lezione per quante volte vogliamo e riesce ad attirare notevolmente l’attenzione dei giovanissimi. Più in generale ci chiediamo sempre quale possa essere l’impatto dal punto di vista etico e di questo discuteremo anche durante l’evento del G20: come sempre le tecnologie possono essere utilizzate in vari modi. Nascono a fin di bene, ma poi l’uso effettivo che ne viene fatto resta una decisione dell’uomo”.
Importante è anche il tema dell’accessibilità delle nuove tecnologie.
“Nel caso dell’Intelligenza Artificiale si tratta di algoritmi e software che, al di là dell’investimento iniziale nella ricerca, hanno poi costi accessibili. Con la robotica esiste oggettivamente il problema: sarà necessario studiare tecnologie e materiali che possano ridurre i costi, in modo da garantirne quindi un’ampia diffusione, fa anche questo parte del lavoro di ingegneria che facciamo. Per quanto riguarda le protesi, per esempio, siamo riusciti ad arrivare a un quinto del prezzo delle protesi commerciali. Al momento le protesi costano come un’auto di fascia alta, noi stiamo raggiungendo quello di un’utilitaria. L’ambizione è quella di riuscire ad avere questi oggetti a un prezzo che possa essere totalmente coperto da parte del Sistema Sanitario Nazionale. C’è ancora della strada da fare, ma non è impensabile poterci arrivare. Lo stesso vale per la robotica: nel momento in cui certe applicazioni diventeranno molto diffuse anche i costi di produzione scenderanno in maniera drastica”.
Quali sviluppi possono arrivare grazie al Pnrr?
“Le prospettive di investimento sono incredibili, parliamo di un programma di investimenti mai vista in passato, ma l’implementazione sarà essenziale. Serve uno sguardo a medio e lungo termine: al momento il Pnrr si occupa dei prossimi 5 anni, ma poi? Le risorse sono un tema di cui si deve occupare lo Stato, ma ci vorrebbe anche un nuovo ruolo da parte dei privati e dell’industria, che possono vedere la ricerca e l’innovazione come una strada per la competitività. Quindi, il Pnrr è un’occasione ottima, ma dobbiamo saperla cogliere”.
Al G20 dell’AI e della robotica si parlerà anche di parità di genere nella scienza: a che punto siamo secondo lei?
“Esiste un problema più ampio, culturale, che non riguarda solo la ricerca, ma l’organizzazione dell’intera società. Il supporto del Pnrr offre un’ottima opportunità da questo punto di vista. All’IIT le politiche che abbiamo sempre seguito, anche solo il non aver cercato compromessi nelle assunzioni, hanno portato praticamente a un’effettiva parità. Adesso ci siamo anche dotati di un’ufficio specifico per seguire le politiche della parità di genere, la cosiddetta diversity, per essere innovativi anche su questo fronte. Nelle valutazioni teniamo sempre conto di periodi eventuali di maternità e offriamo politiche di aiuto alla famiglia: quando qualcuno si sposta per venire a lavorare all’IIT diamo supporto per la ricollocazione dell’intero gruppo familiare”.