In Italia solo un ente museale su due ha a disposizione personale per la digitalizzazione, meno di un terzo offre ai visitatori video o touch screen e solo il 27,5% è dotato di QR Code. A soccorso delle istituzioni decine di startup innovative che si battono per l’innovazione e l’accessibilità
Digitalizzare l’immenso patrimonio artistico e culturale che vanta il Belpaese pare essere una bella sfida. Sebbene, infatti, lo studio “Musei pubblici, un patrimonio strategico per il sistema Italia” condotto da The European House-Ambrosetti in collaborazione con Aditus, stimi che grazie alla digitalizzazione i ricavi per musei e centri culturali crescerebbero tra il 44% e il 66%, allo stesso tempo sono meno di un terzo le strutture che in Italia offrono ai visitatori video o touch screen per l’approfondimento delle opere. Nello specifico, solo il 27,5% è dotato di QR Code o di sistemi di prossimità nelle strutture e meno di uno su cinque mette a disposizione applicazioni per tablet e smartphone. Ma non è solo questo il problema. Secondo quanto emerso da una recente ricerca condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali del Politecnico di Milano, infatti, la metà dei musei non ha a disposizione personale da poter dedicare alla tanto attesa digitalizzazione. In una cornice che evidenzia la necessità di un cambio di passo, le startup possono, però, fare la differenza.
In questa nuova tappa del nostro viaggio tra le realtà che si occupano del settore turistico andiamo alla scoperta delle ultime innovazioni dedicate a coloro che, magari stanchi del mare, o assetati di cultura, scelgono di trascorrere una giornata in uno dei tanti bei musei che offre il nostro Paese.
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Quanto sono digitali i musei italiani?
Sebbene gli ingressi nei musei, monumenti e siti archeologici italiani, secondo la ricerca effettuata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano siano cresciuti del 36% nel 2022, la metà le istituzioni culturali italiane non ha personale che si occupi di innovazione digitale. Alla luce di questa necessità, l’Osservatorio ha stimato ulteriori investimenti pari al 19% per la conservazione e la digitalizzazione museale, che impegneranno il 28% delle risorse. Tuttavia, sia per quanto riguarda i teatri che i musei, solo uno su cinque, però, l’anno scorso aveva previsto un piano strategico dedicato al digitale. E secondo quanto si legge nel rapporto stilato da The European House-Ambrosetti con Aditus: “Il settore può essere un volano per lo sviluppo del Paese grazie a un effetto moltiplicatore economico e occupazionale che consentirebbe di attivare 237 euro distribuiti in tutti i settori economici per ogni 100 euro investiti nelle attività museali e culturali e 1,5 occupati al di fuori del comparto per ogni posto di lavoro creato al suo interno”.
Oggi, però, poco più di 1 museo su 5 (22,4%) è dotato di supporti multimediali (come allestimenti interattivi, ricostruzioni virtuali, realtà aumentata); il 34,8% dei musei non ha ancora digitalizzato i beni esposti al pubblico e il 37,8% non ha ancora l’archivio digitale. Poco più di 1 museo su 5 organizza convegni, conferenze e seminari online o tour virtuali online e il 37% degli istituti culturali italiani non è ancora presente sul web, mentre la biglietteria online è disponibile solo per un ente su cinque.
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Cosa fare?
A lanciare un appello verso un cambio di passo è stato anche lo stesso ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che commentando il report di The European House-Ambrosetti e Aditus, ha dichiarato: «Serve un maggior protagonismo nel mondo digitale: è qui che si intercettano i bisogni, le passioni e le emozioni delle nuove generazioni, che vanno coltivate a una maggiore consapevolezza di ciò che li circonda. Ciò ha un valore educativo, identitario ed economico, come ben evidenziato nelle premesse dello studio, che non può essere trascurato».
Ma cosa fare, dunque, per essere più competitivi? Secondo The European House – Ambrosetti, per rafforzare la competitività dei musei pubblici e sostenerne lo sviluppo serve ridare centralità al visitatore e investire nell’ampliamento dell’offerta dei servizi museali e culturali, integrando prodotti aggiuntivi e il canale digitale nell’esperienza di visita del museo, monitorando nel tempo il livello di gradimento del visitatore, introducendo nuove logiche di gestione e metodi di comunicazione e marketing digitali, nuove competenze e prezzi dinamici. Infine, semplificare i rapporti fra i soggetti privati e le amministrazioni locali, diminuendo il numero di interlocutori e prevedendo gare che permettano di superare la parcellizzazione su base regionale, oltre a introdurre nuove forme di contratti per la gestione dei servizi accessori dei musei pubblici statali che consentano una migliore capacità di programmazione e una maggiore flessibilità per i privati.
Startup che innovano i musei
L’innovazione e l’imprenditoria, però, in questi ultimi anni hanno già fatto qualcosa per permettere ai musei di avanzare da un punto di vista digitale. Recentemente vi avevamo parlato del museo che sarà inaugurato a breve a Capaci, all’interno del quale, grazie a visori, strumenti 3D e sale immersive i visitatori possono rivivere a 360 gradi alcune delle pagine di storia più drammatiche del nostro Paese.
E poco più di un mese fa vi avevamo raccontato la campagna lanciata da Wikimedia, l’associazione non profit che sostiene la conoscenza libera, con l’agenzia Latte Creative, per la condivisione in open access del patrimonio culturale italiano con l’obiettivo di dare la possibilità a tutti di poter accedere a questo grande tesoro.
Ma sono diverse le realtà che già da tempo operano per innovare a 360 grade il settore culturale italiano. Tra queste, Panthea, che ha collaborato con Fondazione Teatro Stabile di Torino per il progetto Digital Gates che integra l’attenzione al customer care, all’accessibilità e all’efficientamento delle procedure; Musae, che ha lanciato un tavolo di lavoro verticale sul metaverso applicato al settore museale e culturale; AppTripper, che ha preso parte al progetto “1693: Noto, il Giorno della Paura Virtual Reality film Animation”; BepArt, che ha collaborato con la Provincia autonoma di Bolzano e l’Ufficio cultura italiana per il progetto “Di verso Inverso”; WAY Experience, che ha lavorato assieme a Fondazione Brescia Musei per il progetto Geronimo Stilton Brescia Musei Adventures, ottenendo la menzione “per l’attenzione al pubblico dei ragazzi attraverso un’app ludico-educativa che valorizza in modo integrato le diverse sedi museali di una rete”; progetto Mix, un ambiente che coniuga reale e virtuale nato dall’idea dell’architetto Matteo Fabbri nel quale è possibile arricchire le opere all’interno di una esposizione con contenuti audio, video o testuali. Abbiamo intercettato queste ultime due realtà per farci raccontare più a fondo la loro storia.
Dal reale al virtuale in un click
Progetto Mix punta a ricreare un ambiente virtuale nel quale è possibile arricchire le opere all’interno di una esposizione con contenuti audio, video o testuali tramite un’app dedicata. Nato da un’idea dell’architetto Matteo Fabbri, Mix si rivolge ai musei, ai loro curatori e a chi si occupa di comunicazione e della divulgazione del patrimonio culturale. «L’app è stata pensata per essere semplice, intuitiva e rapida e permette di accedere a curiosità, pillole video del direttore, foto inedite e altri contenuti all’interno di una struttura espositiva (es. museo, galleria d’arte, sito archeologico), per rendere la visita più completa, ricca e coinvolgente – spiega l’architetto – Lavorando da più di dieci anni nell’ambito museale ci siamo accorti che c’era la necessità di rendere interessanti le visite e variare l’offerta culturale. La grande quantità di fondi investiti in apparati tecnologici spesso non trova continuità per via degli elevati costi di gestione e manutenzione e gli spettatori sono in difficoltà nella ricerca dei relativi link delle strutture, oltre a non avere la possibilità di rivedere nel corso del tempo le esposizioni fisse. A fronte di questa analisi, abbiamo sviluppato un prodotto che garantisca ai musei di poter investire su contenuti sempre nuovi e di poterli costantemente aggiornare anche in funzione delle attenzioni dei visitatori».
Mix è, dunque, molto di più di una audioguida: accompagna il visitatore con audio, video, fotografie e testi, direttamente sul suo smartphone riunendo più musei in un’unica app. I visitatori dovranno solo inquadrare i “target” con i loro device (smartphone/tablet) e accedere ai contenuti che vengono resi disponibili grazie alla realtà aumentata; in questo modo l’opera è trasformata in uno schermo touch interattivo. Mix si appoggia su cloud, non ha un hardware dedicato e offre la possibilità al visitatore di notificare mostre, eventi specifici, nuovi contenuti. Per il museo che decide di farne parte è previsto un canone annuo, mentre i contenuti per gli utenti sono interamente gratuiti, con un percorso personalizzato, focalizzandosi solo sulle cose che vogliono vedere.
«L’Italia ha a disposizione un grandissimo patrimonio spesso inutilizzato – conclude il CEO – Quello che offre Mix è la possibilità di poter garantire a quanti più utenti possibile l’accesso a questo patrimonio unico, grazie alla realtà immersiva e aumentata che punta a diventare accessibile anche a chi non può spostarsi da casa e consente ai curatori di comunicare direttamente con gli spettatori con contenuti anche temporanei. Dall’app si potrà anche vedere se un determinato museo ha aperto percorsi nuovi, puntando a diventare un punto di riferimento per la costruzione di un grande ecosistema che ruota attorno alla cultura museale».
Tour phygital ed esperienze immersive
Tra le startup che innovano le esperienze culturali in chiave “phygital” c’è WAY Experience, nata nel 2019 a Milano con l’obiettivo di ideare, realizzare e diffondere progetti digitali attraverso l’utilizzo della realtà aumentata e con innovativi tour «phygital» che trasformano le attrazioni in viaggi virtuali nel tempo attraverso l’arte e la storia. Le esperienze offerte da WAY Experience puntano a valorizzare l’eredità di personaggi storici – come musicisti, scrittori, pittori o scienziati – ricreando con la virtual reality le ambientazioni in cui hanno vissuto e consentendo al visitatore di immergersi nelle loro epoche e opere. Nello specifico, grazie alla realtà aumentata, WAY Experience è in grado di far viaggiare gli spettatori in luoghi e periodi remoti attraverso fedeli ricostruzioni 3D degli spazi e delle ambientazioni. Durante ogni tour, arricchito dall’accompagnamento di un esperto storico-culturale, ciascun partecipante è munito di un visore VR che, lungo un percorso a tappe, attiva esperienze di Realtà Virtuale consentendogli di immergersi nella storia dei protagonisti del tour.
Tra le esperienze già realizzate da questa startup ci sono “Inside Monet”, “You Are Leo”, “The R-evolution Park”, “You Are Darwin”, “Geronimo Stilton Live Experience – Viaggio nel Tempo” e il più recente “You Are Verdi”, il walking-tour che consente di riscoprire i luoghi della vita e la musica del celebre compositore. In WAY Experience ha recentemente investito 200mila euro in equity Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore. L’aumento di capitale è stato realizzato nell’ambito della prima edizione di “Impact4Art”, programma di investimenti “impact” a sostegno della ripresa del settore Arte e Cultura, avviato a inizio 2021 da FSVGDA con Fondazione Cariplo, e giunto alla seconda edizione, che mette in campo 1.9 milioni di euro per investimenti nelle imprese culturali. «Il nostro percorso ha l’obiettivo di rivoluzionare le esperienze culturali, di edutainment e turistiche dei ragazzi, delle famiglie e degli stranieri che amano l’Italia», ha dichiarato Pier Francesco Jelmoni, co-founder di WAY Experience.