«Nei paesi OCSE il 20% della nuova occupazione deriva dalle startup. Mediamente abbiamo ottenuto tre volte il capitale investito. Quello che non vogliamo diventare è un investificio, perché se lo facessimo attiveremmo un meccanismo di selezione avversa. E di conseguenza le startup migliori non verrebbero da noi». L’amministratore delegato e direttore generale di CDP Venture Capital, Agostino Scornajenchi (in foto), ha presentato nelle scorse ore il Piano Industriale 2024-2028, destinato ad avere un impatto sull’ecosistema innovazione. Con in portafoglio al momento oltre 500 startup, entro i prossimi cinque anni l’obiettivo è farle salire a 1500, quando secondo le stime il mercato VC italiano maturerà un giro di investimenti pari a 5,5 miliardi di euro (il 2023 si è chiuso a 1,1).
Fondo Nazionale Innovazione: i piani sull’AI
Lanciato nel 2020, con una dotazione iniziale di 1 miliardo di euro, il Fondo Nazionale Innovazione ha oggi in gestione 3,5 miliardi di euro e come ha spiegato il Ceo Scornajenchi «riteniamo di superare i 5 miliardi alla fine del 2025». L’attività di CDP Venture Capital, riconosciuta da tutti gli attori dell’ecosistema come trainante negli ultimi anni, è destinata a evolvere per assecondare le nuove strategie di investimento: da attore generalista adotterà un approccio più focalizzato. «Il fondo da 1 miliardo di euro sull’intelligenza artificiale sarà il primo ambito in cui lo metteremo in pratica. Abbiamo bisogno di esperti di AI, dobbiamo introdurre nell’organizzazione e negli advisory board competenze dal mondo scientifico».
Il piano industriale 2024-2028 tiene conto ovviamente dei macro trend che stanno dominando l’innovazione globale. Sull’intelligenza artificiale l’Italia non ha ancora campioni da mostrare al mondo e a potenziali investitori esteri, ma esiste un tessuto di imprese innovative che CDP Venture Capital sta esplorando. «Spesso ci domandiamo se la partita dell’AI sia già persa», ha annotato l’ad. Senz’altro lo scenario globale vede le Big Tech consolidare le proprie posizioni di vantaggio, mentre in Europa ancora si faticano a vedere potenziali competitor da contrapporre ai colossi americani.
Perché puntare sul Venture Capital?
Come anticipato nelle scorse settimane dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il miliardo di euro destinato all’intelligenza artificiale, che è parte centrale del Piano Industriale di CDP Venture Capital, verrà così ripartito: 120 milioni al tech transfer per facilitare il passaggio tra ricerca e laborati universitari al mercato; 580 milioni per applicazioni settoriali che rafforzino attori già esistenti; 300 milioni da investire in aziende mature pronte all’internazionalizzazione. Decisivo sarà il ruolo dell’università, luoghi che vanno intesi come serbatoi di idee da portare sul mercato.
Ampliando lo sguardo a livello globale la partita del Venture Capital può essere intesa come quella decisiva per la competitività del Paese. Nella top 10 delle principali società globali con maggiore capitalizzazione sette hanno ricevuto investimenti da VC nelle loro fasi iniziali. Sono i soliti nomi, che è bene elencare: Apple, Microsoft, Google, Amazon, Nvidia, Meta e Tesla. Oltre a incontrare la stampa, CDP Venture Capital ha avuto modo di parlare a partner e attori potenzialmente interessati a questa asset class, che ha anzitutto bisogno di essere contestualizzata.
CDP Venture Capital: i margini di crescita dell’ecosistema
«Fondi pensione e assicurazioni devono vederci come un’opportuntià per il Paese». Uno dei temi più spesso dibattuti è il ritardo che l’Italia sconta a livello europeo (gli Stati Uniti operano su una scala oggettivamente fuori portata). «C’è un oggettivo ritardo – ha premesso l’ad – ma può essere un vantaggio: perché sappiamo dove gli altri hanno commesso errori prima di noi». Le opportunità di crescita si leggono nei numeri: l’impatto del mercato VC sul PIL è dello 0,3% nella media UE (in Francia è dello 0,4%): in Italia siamo fermi allo 0,1%.
La presidente di CDP Venture Capital Anna Lambiase ha descritto il Piano Industriale 2024-2028 come un’iniziativa che «intende rispondere in modo puntuale ai bisogni del Venture Capital nel nostro Paese, delineando obiettivi e linee strategiche orientati a consolidare questo mercato, dalle fasi iniziali di sviluppo fino ad accompagnare le aziende più mature nel percorso di quotazione».
Perché ragionando di innovazione – così come ti qualsiasi altro aspetto in ambito imprenditoriale – piccolo non è bello. Dunque è positivo celebrare i passi avanti, ma pensare anche che 7500 persone oggi impiegate in ambito startup non rappresentano che un punto di partenza, anche in vista dei lavori che svolgeranno sempre di più i giovani. «CDP Venture Capital – ha commentato Marco Gay, Presidente Esecutivo di Zest – si conferma l’attore primario per lo sviluppo dell’ecosistema italiano dell’innovazione e la presentazione del nuovo piano industriale dà un rinnovato impulso alla sua crescita e a quella dell’economia reale».
«Crediamo – ha argomentato Scornajenchi – sia importante che l’Italia ricominci a essere nella lista dei paesi che fanno le cose. Non possiamo aver un futuro da soli consumatori». Nella logica a lungo periodo di qualsiasi VC (dieci anni come minimo), è richiesta una continua maturazione dell’ecosistema, anche per quanto riguarda il panorama dei fondi. «Il VC non è uno strumento di comunicazione, bisogna crederci. Non basta investire. Mi sono occupato di infrastrutture tutta la vita – è stato CFO di Terna, ndr -. Costruire il Venture Capital significherà spostare i capitali verso l’economia reale».