Undici anni fa ho fondato NAStartUp con l’obiettivo di creare uno strumento gratuito in cui imprenditori, finanziatori, startupper e professionisti potessero incontrarsi ogni mese e far crescere insieme l’ecosistema dell’innovazione.
Che impresa essere startupper
Avviare un’impresa non è mai semplice e farla crescere lo è ancora meno, poi quando si tratta di una nuova realtà che con un nuovo team fa un nuovo prodotto/servizio innovativo, significa tuffarsi nella complessità inesplorata. L’unica cosa necessaria è la condivisione e la mutazione di buone pratiche: questa è stata ed è l’innovazione di NAStartUp, un vettore del tempo per osservare nuove sfide e creare valore collettivo.
A Napoli, dove l’innovazione è alimentata dalla fantasia e dalla creatività – ma spesso si scontra con più ostacoli che incentivi – ho iniziato a organizzare eventi mensili aperti a tutti e, soprattutto, gratuiti. Questa scelta non è stata casuale: credo fermamente che l’accesso alle opportunità debba essere il più inclusivo e democratico possibile.
Oggi NAStartUp è diventato un network con decine di migliaia di talenti, con più di 450 startup supportate: alcune si son convertire in PMI, molte sono ancora startup e alcune scaleup con oltre 100 eventi realizzati. Il nostro lavoro ha risonanza internazionale, tanto che Ubi Global, un ente svedese che analizza 1.400 incubatori e acceleratori in tutto il mondo, ci ha premiato più volte come uno dei progetti più innovativi e originali in Europa e nel mondo. Da sempre siamo aperti e collaboriamo con tutte le istituzioni (che vogliono sviluppare attività e progetti con tempi ritmati e ben precisi) dal piccolo comune alla Commissione Europea.
Recentemente ho avuto l’onore di essere ospite in un panel organizzato dall’OCSE / OECD, intitolato “Inclusive entrepreneurship in Italy”, che ha visto la partecipazione di attori chiave del mondo economico italiano e rappresentanti del Governo. Durante il nostro intervento abbiamo messo in luce alcuni dei principali ostacoli che ho riscontrato e che impediscono all’ecosistema imprenditoriale italiano di essere più accessibile e inclusivo.
Ostacoli da superare
Negli ultimi anni, ho osservato come un freno allo sviluppo di molti talenti emergenti sia il sentirsi scoraggiati a causa della mancanza di strumenti, formazione e finanziamenti adeguati per avviare i loro progetti imprenditoriali. Nelle scuole italiane, per esempio, ci sono percorsi per attività artigianali o professionali ma manca un’educazione che prepari i giovani alla creazione e gestione d’imprese (propria).
Allo stesso tempo, gli imprenditori che vorrebbero contribuire con la loro esperienza e investire sui giovani spesso si sentono isolati e poco supportati dalle istituzioni. C’è una mancanza diffusa di una cultura d’impresa e dell’innovazione, anche per quanto riguarda il miglioramento dei processi interni alle aziende, rendendo difficile per loro diventare più competitive. Spesso ci si accontenta della sopravvivenza, anche nel fatturare decine o centinaia di milioni, come se ci fosse sempre tempo per poi innovare… anche se così si perdono mercato, opportunità, ecc.
Infine, le istituzioni – ho fatto il manager pubblico (e avuto track records) – non hanno strumenti per comprendere a fondo le dinamiche delle nuove economie per problemi congeniti e generazionali. Faticano a sviluppare attività o eventi pubblici che sappiano coinvolgere imprenditori e startupper, demandano solo a soggetti terzi, perdendo l’occasione dell’ascolto diretto e la raccolta di informazioni pertinenti a un decisore pubblico. Senza ascoltare e capire quali tipi di supporti siano davvero necessari agli imprenditori e avendo solo informazioni mediate.
Le mie quattro proposte
Ho preparato la partecipazione al panel OCSE selezionando quattro proposte che ritengo fondamentali per rendere la cultura imprenditoriale più inclusiva e accessibile a tutti:
1. Norme speciali per le startup. È necessario introdurre regolamentazioni più dinamiche e favorevoli per le startup, soprattutto in campi sperimentali dove le norme generali possono diventare un freno.
2. Archivio pubblico di buone pratiche. Propongo la creazione di un portale pubblico dove poter inserire storie di successo e best practices meritocratiche. Questo aiuterebbe altre amministrazioni pubbliche a replicare modelli virtuosi e ad accelerare il processo di innovazione.
3. Controllo dei KPI. Credo fermamente che solo ciò che è misurabile sia migliorabile. Le politiche pubbliche di supporto all’imprenditorialità dovrebbero essere monitorate attraverso Key Performance Indicators (KPI), valutati da enti terzi, senza ovviamente conflitti di interesse e realmente indipendenti, come l’OCSE, per garantire trasparenza e miglioramento continuo.
4. Nuovi strumenti di accesso alle opportunità. Mancano sportelli e portali dedicati agli imprenditori che facilitino l’accesso alle informazioni e alle opportunità di bandi comunali, regionali, nazionali ed europei. Bisogna rendere queste risorse più facilmente fruibili per chiunque voglia intraprendere un percorso imprenditoriale.
Guardando al futuro
Lavorando da oltre un decennio in questo campo e da un trentennio nel mondo dei media, della comunicazione e dell’innovazione, credo fermamente che il futuro economico dell’Italia debba passare attraverso la creazione di un ecosistema più inclusivo dove i talenti possano emergere senza ostacoli e le imprese possano crescere con il giusto supporto.
Serve lavorare per progetti che possano rappresentare un punto di riferimento per chi vuole innovare, non solo a Napoli ma in tutta Europa. E spero che le mie proposte possano aiutare a migliorare l’ecosistema imprenditoriale italiano, rendendolo più accessibile e pronto ad affrontare le sfide globali. Ecco perché il mio e nostro motto è acceleriamo insieme. Cosa aspetti? Connettiamoci e facciamolo.