Il 27 giugno si è tenuto l’evento organizzato dall’Indire per discutere di come il digitale possa essere una soluzione ai problemi legati all’isolamento di alcune scuole italiane dal resto del territorio nazionale
Si è svolto ieri a Roma il convegno Piccole scuole crescono organizzato dall’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire), con l’obiettivo di promuovere e divulgare esperienze di didattica innovativa a distanza in scuole geograficamente isolate. Altre grandi aziende ed istituzioni come Anitec, Legambiente, MIUR, Rai Scuola e Uncem Toscana hanno contribuito per la realizzazione dell’evento, reso disponibile in diretta streaming su Rai Scuola.
Ad aprire il convegno è stato il trailer del film Scuola in mezzo al mare di Gaia Russo Frattasi, ispirato dalla storia dell’amica stromboliana Carolina Barnao, che nel 2011 ha deciso di creare prima un gruppo Facebook, poi l’associazione Scuola in Mezzo Al Mare, a sostegno dell’educazione, della formazione professionale, dell’istruzione e della socializzazione dei giovani dell’isola e degli adulti che desiderano intraprendere o completare un percorso di istruzione, superando le condizioni di isolamento imposte dal mare. Con lo stesso obiettivo ha poi fondato l’omonima.
Carolina, collegata da casa in diretta streaming, ha commentato così:
«Peccato non poter essere presente. Scrivo da Stromboli, dove la scuola soffre dei disagi di cui state parlando. Ogni anno Combattiamo con i numeri per evitare che la scuola chiuda e l’isola si spopoli. Personalmente credo che l’insegnamento a distanza sia l’unica soluzione possibile. Ma proviamo ad attivarlo dal 2011 (grazie all’impegno della nostra Associazione Scuola In mezzo Al Mare abbiamo dotato la scuola di un collegamento a internet tramite adsl satellitare di cui paghiamo l’abbonamento ogni mese) e ancora non è stata mai fatta nemmeno una lezione a distanza! Vi chiedo… come si fa a passare dalla teoria alla pratica? Perché la nostra Scuola non riesce ad organizzare questo sistema di videoconferenze? Perché non è possibile pensare di farlo anche per il biennio di scuole superiori obbligatorie? Grazie per il vostro impegno e l’interessamento!)»
A seguire l’intervento di Giovanni di Fede, membro del Consiglio di Amministrazione di Indire, sembra rispondere alle domande di Carolina. «Per la situazione che stanno vivendo le piccole scuole diffuse nel suolo nazionale le possibili alternative sono due: la chiusura o l’innovazione. Le tecnologie possono essere un valido strumento di supporto a queste scuole geograficamente distanti dal resto del paese. Il digitale promuove un nuovo tipo di didattica, costruisce una relazione che rompe l’isolamento. La sfida vinta da una piccola scuola, è vinta anche dalla totalità della comunità».
Un’altra importante testimonianza è arrivata da Ermelinda (Linda) Guarino, insengnante di Inglese nelle Isole Egadi, che ha parlato del progetto Marindando, nato durante l’anno scolastico 2007/2008 per cercare di risolvere il problema dell’isolamento delle scuole site nelle isole minori italiane. «Lavorare in contesti piccoli aiuta a trovare risposte anche per contesti più grandi. La scuola deve rispondere alle specificità del territorio. Dati gli strumenti deve capire come fare il salto di qualità e non solo l’elenco di problemi. Noi ci siamo guardati intorno e abbiamo capito che la contemporaneità ci stava offrendo la soluzione: le nuove tecnologie. La sfida è stata quella di creare una scuola di qualità in un periodo di crisi utilizzando quello che il tempo può offrire. Quando si ha a che fare con il digitale tutto cambia ed è fondamentale essere preparati e competenti nell’utilizzo di questi tool. In questo momento sentiamo come una Ferrari in mezzo ad una strada di campagna piena di buche, ora ci serve l’autostrada.»
Antonella Tozza, responsabile dei sistemi informativi ed analisi statistiche del MIUR, ha spiegato come centri scolastici digitali (legge n. 221 art.11) siano riusciti a risolvere fino ad oggi i problemi di desertificazione scolastica in alcune piccole scuole, grazie alle creazione di 45 centri diffusi per il momento in (solo) 5 regioni d’Italia, soprattutto concentrati nelle zone montane. «L’idea è quella di rompere l’isolamento attraverso le nuove tecnologie che possono fare da collante. Il nostro obiettivo è quello di favorire un ambiente di apprendimento inclusivo. L’istruzione non deve essere solamente un momento di riflessione personale, ma anche uno stimolo alla socialità. Ciò si lega al concetto di diritto dello studente e delle scuole aperte: la classe diventa un centro di connessione con la scuola e di apertura al territorio».
Vanessa Pellucchi, responsabile scuola, formazione e qualità culturale di Legambiente Onlus, interviene spiegando che la condanna definitiva per i piccoli centri abitati, che stanno vivendo dei momenti di crisi e di spopolamento, è la chiusura della scuola. «Per evitare che ciò avvenga dobbiamo ripensare alla sua funzionalità. Dobbiamo costruire una buona scuola per ogni bambino, piuttosto che solo una scuola per ogni bambino. Per permettere ciò è fondamentale il concetto di autonomia scolastica, la capacità di utilizzare creativamente le risorse, permettendo la personalizzazione delle attività, del resto non è possibile indossare dei vestiti della stessa taglia. La scuola è fondamentale per il ripopolamento. Quando c’è la scuola ci sono anche le famiglie»
Poi è il turno di Giovanni Biondi, presidente del Consiglio di Amministrazione di Indire, che spiega come nelle scuole digitali si assiste ad un’inversione del rapporto tempo e spazio, che determina un nuovo modello trasmissivo: i I MOOC (Massive Open Online Courses) sono dei corsi online aperti pensati per una formazione a distanza che coinvolga un numero elevato di studenti. Per una buona riuscita dei corsi è necessario che il lavoro dell’insegnante cambi. «Non basta utilizzare software open source per essere digitali è necessario il supporto e la guida costante dell’insegnante altrimenti l’80% degli iscritti abbandonerebbe i corsi. L’ambiente di apprendimento è prima di tutto sociale e non dobbiamo permettere al digitale di creare dispersione, contravvenendo alle buone intenzioni per cui si vuole adottare. Imparare in gruppo è stimolante. E’ necessario ampliare l’ambiente sociale della scuola e per far ciò dobbiamo utilizzare la rete e aprire le scuole allo scambio e alla condivisione della conoscenza. Solo così è possibile tenere aperte le piccole scuole garantendo un buon livello di qualità dell’offerta formativa. Le piccole scuole creando sistema possono sviluppare una rete di competenze digitali. I nostri obiettivi sono due: costruire una rete nazionale a supporto di tutte le piccole scuole e allargare l’ambiente sociale per studenti ed insegnanti». Il prossimo anno scolastico Indire offrirà un corso di formazione residenziale per gli insegnanti delle scuole appartenenti alla rete nazionale, ciò è fondamentale per sviluppare nuove metodologie didattiche per quegli obiettivi. Per entrare nelle Reti di #piccolescuole è possibile registrarsi qui: www.indire.it/piccolescuolecrescono
Ecco tutte le foto del convegno: