Mentre prosegue la guerra a Gaza, l’ecosistema israeliano sembra aver resistito all’urto del conflitto, riuscendo a raccogliere oltre 3 miliardi di dollari dal 7 ottobre 2023, giorno della strage di Hamas. Su Bloomberg, tuttavia, si legge di un progetto in corso per la formazione di un partito delle startup, animato da imprenditori e protagonisti del panorama tecnologico. Vengono richieste anzitutto elezioni anticipate per risollevare l’economia. Evidenti le critiche alla linea e all’agenda del primo ministro Netanyahu.
La nascita del partito delle startup e delle tech company israeliane sarebbe stato uno degli argomenti di discussione di un forum a cui hanno partecipato oltre 200 tra imprenditori e amministratori delegati. La banca centrale, come cita Bloomberg, ha stimato che la guerra contro Hamas costerà quasi 67 miliardi di dollari entro il 2025, ovvero circa il 15% del PIL annuale.
Chi è pronto per il partito delle startup?
Le storie che abbiamo raccontato in questi mesi, intervistando Ceo e founder israeliani, testimoniano di un ecosistema che resta indubbiamente tra i più attrattivi al mondo. D’altra parte è talvolta emersa una chiara divergenza rispetto ai piani dell’attuale primo ministro, sempre più isolato soprattutto in Occidente.
Ma chi sarebbero questi nuovi politici che provengono dall’ecosistema tech? I nomi che si leggono sono quelli di Chemi Peres di Pitango, figlio dell’ex presidente Shimon Peres, l’amministratore delegato di Papaya Global Eynat Guez, e Izhar Shay, partner della società di venture capital Disruptive AI.
Non devono sorprendere le critiche a Netanyahu dal comparto innovazione. Come abbiamo raccontato nel 2023, prima della strage del 7 ottobre, le massicce proteste di piazza contro la riforma della giustizia del governo di Tel Aviv hanno visto sfilare anche founder, Ceo e in generale molti rappresentanti dell’ecosistema startup. La tragedia nazionale ha sospeso per mesi i conflitti politici interni. A quasi un anno di distanza da quel fatto c’è chi però chiede di voltare pagina.