Inizia nel cuore del tech londinese, secondo ecosistema di startup più grande del mondo, un nuovo viaggio (questa volta fuori dall’Italia) che vi accompagnerà alla scoperta di alcuni tra i più importanti hub dell’innovazione in giro per l’Europa e non solo. Iniziamo da uno dei centri più rinomati a livello globale, l‘Imperial College di Londra, che ogni anno nel suo incubatore attrae investitori e startup incentrate su alcuni dei settori più promettenti non solo per l’ecosistema inglese. Ma prima di immergerci alla scoperta di questo importante centro tech, sbirciamo un po’ di numeri che raccontano quanto vale davvero fare innovazione nella capitale britannica.
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Tutti i numeri dell’ecosistema londinese
Secondo il Global Startup Ecosystem Report, Londra si piazza in pole position nella top five degli ecosistemi europei. Al secondo posto c’è Berlino, seguito da Amsterdam, Parigi e Stoccolma. Ma Londra non è centrale solo per l’Europa, posizionandosi come uno dei principali hub tecnologici del mondo. Le aziende con sede a Londra si sono assicurate 25,5 miliardi di sterline, e nel 2021 qui sono nati 20 nuovi unicorni. Uno dei principali motori del boom tecnologico di Londra è, sicuramente, l’accesso agli investimenti. In particolare, sono in aumento gli investimenti in fase avanzata, con i megaround (da oltre 100 milioni di dollari). Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha dichiarato: «Il settore tecnologico sta diventando sempre più forte. Spero che questo sia un chiaro messaggio per gli aspiranti imprenditori che vogliono mettersi alla prova». In questo mare magnum di innovazione abbiamo avuto la possibilità di visitare uno dei grandi centri d’eccellenza dove si progetta il futuro del tech: l’Imperial College. Situato tra i grandi hub dell’innovazione, nell’incubatore si va a caccia di idee imprenditoriali a rapido sviluppo, in particolar modo nei settori del CleanTech, del MedTech e del BioTech. Ne abbiamo parlato con Graham Hewson, head dell’incubatore che abbiamo incontrato durante SMAU London 2024.
Cosa si studia nell’incubatore dell’Imperial College
«L’Imperial White City Incubator, nato nel 2006, è un hub per l’innovazione e l’imprenditorialità che fornisce uffici, spazi di laboratorio e supporto per le startup in early stage, sia quelle che nascono nell’Imperial College che quelle esterne al nostro istituto – racconta Graham Hewson – Ci occupiamo, in particolar modo, di Cleantech, nuovi materiali, MedTech e Biotech. Tutte le startup che sono nostre ospiti sono in fase di inizializzazione, alcune hanno magari già ricevuto qualche finanziamento, altre no. Noi gli offriamo la possibilità di lavorare in laboratori in condivisione, mentorship, confrontarsi con altri founder esperti, oltre a inserirle nella nostra piattaforma dedicata alla raccolta fondi, aiutandole ad attrarre investimenti e presentarle agli investitori». Investire nel network e creare una forte community per arrivare preparati dinanzi agli investitori e portare valore, non solo monetario, nell’ecosistema, è uno degli obiettivi dell’hub che rema in avanti a tutta velocità anche grazie agli investimenti messi a disposizione dal Governo.
Gli investimenti in startup e l’ecosistema
«Al momento nell’incubatore abbiamo 22 startup – continua Graham Hewson – Non investiamo direttamente in queste, ma le mettiamo in contatto con gli investitori, le aiutiamo a migliorare le proprie presentazioni, supportandole, ad esempio, in fase di pitch aiutandole a posizionarsi nel modo migliore per attrarre investimenti». Con questo modello di incubazione, il livello di occupazione si è attestato superiore al 90%, con la creazione di più di 400 posti di lavoro in meno di 2 anni con aziende che hanno raccolto più di 85 milioni di sterline in investimenti e finanziamenti. «Con una serie di venture tracks, che abbiamo offerto a un certo numero di startup, quest’anno dall’Imperial College alcune startup si sono mosse verso New York, Melbourne, San Francisco, Monaco, Singapore in alcuni settori e cluster. Uno, per esempio, è dedicato alle founder donne, uno al Cleantech. Così siamo riusciti a immetterle all’interno dell’ecosistema e dargli la possibilità di poter trovare gli investitori all’interno di una visione globale», afferma Hewson.
Da Londra in direzione mondo
L’incubatore ha da sempre avuto un carattere internazionale, essendo composto da persone che arrivano da tutta Europa, oltre che dall’America e, tra queste, ci sono anche alcuni italiani. «Tra questi, i founders di una startup che è stata tra le prime da noi incubate e che oggi ha sede nel Regno Unito, Hexxcell, co-fondata e guidata da Francesco Coletti – racconta Hewson – Che ha progettato soluzioni digitali industriali con modelli di intelligenza artificiale ibrida per il monitoraggio, l’ottimizzazione e la manutenzione predittiva dei sistemi di processo ed energetici». Molti aspiranti imprenditori che lavorano nel settore delle Scienze arrivano qui dall’Italia. «Per noi il MedTech e il Biotech sono i campi trainanti, assieme al CleanTech, che anche in futuro diventerà sempre più centrale», spiega l’head. Tra i best cases c’è anche Multus Biotechnology, startup che si occupa di agricoltura cellulare, composta da un pool di scienziati che ha ricevuto una sovvenzione di 500 sterline per l’hack starter boost del prototipo nel 2018 e nel 2021 ha concluso una raccolta di capitali a 2.2 milioni.
Quando la posizione conta davvero
La posizione dell’incubatore offre anche numerosi vantaggi ai ricercatore. «Per noi essere in questa area circondata da ospedali è proficuo perché i ricercatori si occupano prevalentemente di Biotech e in questi ultimi 6/7 anni siamo riusciti a crearci un ecosistema attorno che collabora con noi – conclude Hewson – Questa parte della città poi ha bisogno di innovazione perché era un’area abbastanza povera e vedere che invece oggi le startup restano qua è per noi motivo di orgoglio. C’è un clima di collaborazione e supporto che ci aiuta a crescere anche grazie al sostegno da parte del governo locale, dell’Imperial College e dei nostri programmi». La direzione di questo incubatore è quella di spingere al di fuori dei propri confini queste promettenti realtà ma con una differenza rispetto all’Italia: qua le startup, spesso, tornano alla base.