Genitori e insegnanti si sono trasformati in parti di un grande robot vivente, ne hanno simulato le varie attività per far comprendere ai bambini il reale funzionamento
Parte da Montisi la rivoluzione tecnologica. Esattamente da una scuola materna, dove nei giorni scorsi, Domenico Prattichizzo, docente di robotica del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’università toscana ha svolto una lezione di robotica a dei bambini con la collaborazione di genitori e maestre.
Prattichizzo ha intuito che bisogna partire dai più piccoli per innovare, per stimolare curiosità e creatività. Per un giorno il Siena Robotics and System Lab si è trasferito tra i banchi e i giocattoli dei più piccoli, che si sono ritrovati davanti a computer, mani, braccia meccaniche e genitori “trasformati” in pc umani.
Qualcuno potrebbe, ora, immaginare il set di un film di fantascienza e invece si tratta di un esperimento che ha dato risultati straordinari e ha permesso di portare la robotica in aula a servizio della scuola.
“L’idea – spiega Prattichizzo, contattato telefonicamente ai margini di un convegno dove ha illustrato da poco l’invenzione del “sesto dito”- era di spiegare il funzionamento delle macchine, dove per macchine si intendono computer e robot. Parto dal principio che un robot non è altro che un computer con delle interfacce sensoriali e motorie, con braccia e mani”.
La lezione è cominciata dall’abc: Prattichizzo ha spiegato ai ragazzi che il computer è come se fosse la testa del robot, il centro di controllo. E per arrivare al concetto di robotica ha “usato” mamme e papà che hanno recitato la loro parte alla perfezione accanto alla funzione dei veri robot. I bambini si sono trovati davanti ad un personal computer reale e uno in carne e ossa, dove la funzione della tastiera e del video era replicata dai genitori. Mamme e papà avevano sulle loro dita delle lettere, con una cornice in viso che faceva da video. E così bastava cliccare una lettera sulla tastiera per vedere alzarsi il pollice di papà.
Così per la stampante: i piccoli pigiavano il tasto e i genitori scrivevano o disegnavano con carta e penna. Genitori e insegnanti si sono trasformati in parti di un grande robot vivente, ne hanno simulato le varie funzioni (scrittura, riproduzione audio, calcolo di semplici somme), mentre una mano e un braccio robotici “veri” collegati al computer, hanno eseguito semplici compiti come afferrare e manipolare alcuni oggetti.
“A quel punto è stato facile spiegare la mano robotica che è la parte più complessa di un robot. Ho preso una mano di legno di quelle che usano i sarti per illustrare loro le articolazioni meccaniche e con un motorino ho mostrato come collegandola attraverso la corrente elettrica, si sarebbe mossa”.
Una lezione che è più di un esperimento: per la prima volta possiamo, infatti, parlare di robotica educativa. “E’ uno dei settori – spiega il docente universitario – di sviluppo emergenti della robotica, che da un lato mira a utilizzare la robotica come strumento di apprendimento e di sviluppo delle capacità relazionali e del lavoro di gruppo, dall’altro ha l’obiettivo di costituire un approccio positivo e con un risvolto pratico nel mondo reale delle tecnologie informatiche”. Dall’altro canto ci sono molti studi che hanno mostrato come l’impiego dei robot nella didattica offra particolari vantaggi.
I giovani, infatti, apprendono più rapidamente e facilmente se hanno a che fare con oggetti concreti, oggetti reali e tridimensionali come i robot che si muovono nello spazio e nel tempo e sono in grado di riprodurre vari aspetti del comportamento umano. Prattichizzo non ha intenzione di fare voli pindarici ma sa tenere i piedi per terra: stimolare all’innovazione fin dalla tenera età per lui significa sensibilizzare alla curiosità. Nulla di più.
“Dovremmo provare ad esporre una classe della scuola materna all’innovazione e una ad un’aula senza personal computer e vedere i risultati. Non mi occupo di pedagogia ma di ingegneria ma l’esperienza del mio laboratorio mi permette di capire, che è necessario scoprire una nuova miniera anziché cercare le pepite dove vanno tutti. Se ci fosse un parametro che misura la curiosità e l’entusiasmo lo vedo simile sia alla scuola materna che tra i giovani ricercatori dell’università”.
Ma non pensiamo alle aule con i robot al posto del maestro: fantascienza! Anzi il professore chiarisce: “La robotica è al servizio dell’uomo, è come il servosterzo per l’auto. Vorrei massimizzare la distanza ad un mondo fatto da maestri robot: non manderei mia figlia in una scuola così. Un’altra cosa se il robot è teleguidato dal maestro. Un robot a supporto della didattica, potrebbe affiancare il maestro ma la figura umana resta essenziale per la formazione di un bambino”.
Articolo precedentemente pubblicato su CheFuturo!