Dopo il fallimento di Diem, si punterebbe al “dollaro” di Mark
Secondo una ricostruzione del Financial Times, Meta, l’ex gruppo Facebook, sarebbe al lavoro per avviare il test di non meglio precisati Zuck Bucks (buck è uno slang per indicare il dollaro). Il nome non sarebbe quello ufficiale, ma soltanto quello in codice utilizzato dai dipendenti di Menlo Park per definire un progetto che, alla lontana, ricorda Libra (o Diem, la valuta virtuale venduta di recente da Meta perché non ha proprio funzionato). Gli Zuck Bucks sarebbero una nuova valuta virtuale che potrebbe servire agli utenti nel famigerato metaverso di cui molto si parla. Per evitare di confondere le idee, non stiamo parlando di criptovalute o di pseudo concorrenti di Bitcoin: la struttura di questa innovazione fintech nel mondo delle Big Tech sarebbe centralizzata e molto differente dai protocolli crypto.
Test dei token a maggio
I rumor sugli Zuck Bucks possono sorprendere, ma tutto rientra in un percorso che ha un suo senso. Di recente vi abbiamo raccontato dei piani di Instagram (uno dei gioielli del gruppo Meta) per introdurre NFT. I Non Fungible Token che fino al 2021 in molti associavano unicamente alle opere d’arte digitali, si stanno invece rivelando uno strumento sempre più interessante. In merito abbiamo anche intervistato l’imprenditore digitale Marco Montemagno.
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Secondo il FT Meta è al lavoro su token e altre tecnologie per rendere meno anonime le community sulle proprie piattaforme. Questi strumenti digitali danno infatti una possibilità ai creator di individuare i propri follower più affezionati, di modo da far maturare il proprio seguito, senza affidarsi soltanto a numeri (magari giganteschi) dietro ai quali è però difficile distinguere i fan veri da quelli casuali. I social token dovrebbero essere sperimentati prima su Facebook a maggio secondo le indiscrezioni, di modo da capire se è possibile far compiere un salto di qualità alle community.
Prestiti come in banca?
Oltre a un’innovazione in ambito tecnologico, Meta ha in pipeline anche un’idea tradizionale. Sarebbe infatti in cantiere la proposta di concedere prestiti alle aziende. Elemento che, al di là della fattibilità, va ad arricchire il dibattito attorno al fintech: da un certo punto di vista si potrebbe pensare che Meta abbia in mente di sviluppare quelle che in Cina si chiamano super app, come WeChat. Non soltanto piattaforme per la condivisione, ma anche strumenti per prenotare ristoranti, voli e fare acquisti.
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Il cambio del nome – da Facebook a Meta – non è bastato alla multinazionale di Mark Zuckerberg per scrollarsi di dosso una non ottima reputazione in tema di tutela della privacy. La divisione finanziaria della società ha poi subito quella che un interno ha definito esodo di massa, successivo al fallimento del progetto Diem. Per tornare sulla moneta virtuale, esiste in effetti un precedente per Facebook: dobbiamo tornare indietro al 2009 e ai Facebook Credits, utilizzati soprattutto per concludere acquisti (spesso sul videogioco dell’epoca, FarmVille). Al momento della IPO di Facebook (2012), questa parte del business valeva il 12% delle entrate, ma è stata poi abbandonata perché troppo costosa. Di fronte a questo è ancora azzardato dire che Meta stia abbracciando il web3: questo trend di cui molti parlano è infatti basato sulla decentralizzazione e, come sappiamo, le Big Tech hanno fatto le proprie fortune su sistemi e database strettamente centralizzati.