Alessandro Rimassa, propone un programma in 20 punti per rinnovare il sistema scolastico italiano
La scuola che vorrei è un tema caro a molti (e anche il titolo del libro di Adolfo Scotto di Luzio pubblicato da Bruno Mondadori), ma oggi occorre cambiare l’angolo da cui si osserva il problema, ribaltare il punto di partenza: qual è la scuola che farei? Io, tu, voi, noi, tutti. Se dovessimo cominciare la scuola domattina, dove vorremmo trovarci?
Qualche idea me la sono fatta, tramite la lettura del freebook di Seth Godin Stop stealing dreams(la versione tradotta in italiano, grazie al prezioso lavoro di Alessio Madeyski e Giulia Depentor, la trovate qui), il lavoro nel mondo della formazione, la frequentazione abituale di siti e progetti come Progetti Educativi, Progetto Rena, Impara Digitale, Oil Project, Education Dive, Edudemic e Singularity Hub, la visione dello straordinario video dei ragazzi del liceo scientifico Primo Levi di Roma.
Ecco, ho la banale convinzione che il futuro non sia un insieme di eventi casuali ma il frutto di educazione e formazione. “Lo studio è la più grande arma di costruzione di massa di cui disponiamo” ha giustamente scritto Riccardo Luna, per questo è ora di costruire il Manifesto per una scuola nuova.
E deve essere un manifesto non solo condiviso, ma co-costruito. Iniziamo subito: metto insieme i primi punti cardine, a ognuno la possibilità di aggiungerne altri, correggerli, discuterne diversi. Con una nota fondamentale: non dobbiamo immaginare la scuola che vorremmo, dobbiamo disegnare la scuola che faremmo.
Manifesto digitale per una scuola nuova: la scuola che farei
- La scuola è di tutti. Non devono esistere barriere all’accesso, né economiche, né sociali, né razziali.
- Condivisione. Prima di imparare il cosa, occorre capire il come: è il tempo della sharing education.
- Programmazione. Questa è la nuova matematica, tutti devono saper programmare.
- All digital. I libri, su tablet non più di carta, ma anche tutte le piattaforme e le innovazioni tecnologiche per una scuola completamente digitale e online.
- Made in Italy. La si è sempre chiamata educazione civica ed è sempre stata un’ora di cazzeggio, ripartiamo dall’educare all’italianità, perché siamo tutti made in Italy.
- Fare. La scuola deve insegnare la teoria, ma allo stesso tempo aiutare a fare, a usare le mani, ad agire.
- Stage. A tutte le età, di tutti i livelli, perché la scuola deve portare i ragazzi in azienda fin da piccoli.
- Peer education. In cattedra non ci vanno solo gli adulti, perché anche i ragazzi hanno molto da insegnare.
- Spazio. Non si impara solo nelle aule, le porte non devono per forza chiudersi, impariamo a crescere in spazi aperti, condivisi, fluttuanti.
- Cibo. Cosa si mangia a scuola? Prodotti a chilometro zero, ricette cucinate dai ragazzi, cibi di stagione come educazione all’alimentazione corretta.
- Cult. Cultura non significa solo storia e passato, ma anche cinema, teatro, videogiochi e musica di oggi.
- Sport. Più sport, perché è la base del lavoro di squadra e della disciplina.
- Merito. Si premiano i migliori, così per gli alunni, così per i professori. L’anzianità, va detto, non può essere considerata un merito.
- Creatività. È il valore di riferimento della nuova scuola.
- Happy. Le lezioni devono diventare un momento di apprendimento non costrittivo ma costruttivo, senza bacchettate ma col sorriso.
- Visionaria. Il sogno di un domani migliore e il progetto per costruirlo disegnano una scuola che non è solo insegnamento, ma soprattutto idea del domani.
- Gratis. Gratis, totalmente gratis. Punto.
- Ma anche 19 e 20… Tocca a te, a voi, a tutti disegnare la scuola che farei.
Articolo precedentemente pubblicato sul blog Che Futuro!