Che ruolo gioca nell’ecosistema dell’innovazione? Quanto è sentito l’impegno sulla terza missione del mondo accademico? Intervista esclusiva alla nuova presidente dell’associazione italiana degli incubatori negli atenei
Raccontare l’innovazione in Italia significa guardare anche ai talenti, alle competenze e alle strutture che negli anni hanno preso forma negli atenei, da nord a sud. Sostenere la crescita e lo sviluppo di startup, magari nate come progetto di ricercatori che vogliono sondare la strada del mercato, fa parte delle missioni dell’Università. «Se consideriamo che nei suoi 20 anni di vita la rete PNICube ha selezionato e accompagnato al mercato 964 startup innovative, in media 50 l’anno, possiamo dire che stiamo andando nella giusta direzione». StartupItalia ha intervistato Paola Maria Anna Paniccia, Presidente di PNICube, l’Associazione italiana degli incubatori universitari e delle business plan competition regionali, denominate StartCup.
PNICube è attiva da quasi vent’anni. Può riassumerci il percorso di questa associazione?
Unico nel suo genere, il percorso che abbiamo intrapreso per favorire la nascita di startup innovative dalla ricerca accademica e che sosteniamo con convinzione anche attraverso la Start Cup regionali è racchiuso in tre parole chiave. La prima: Premio. Ne promuoviamo annualmente due: Premio nazionale per l’Innovazione e Italian Master Startup Award, che di per sé non sono traguardi ma prima di tutto percorsi generativi che hanno come protagonisti ricercatori e studenti universitari. La seconda: Nazionale, che riassume l’estensione e la capillarità della nostra rete e delle iniziative che promuoviamo, riconosciute dall’OCSE come best practice per lo sviluppo delle regioni e del Paese. La terza: Innovazione, che realizziamo attraverso la valorizzazione imprenditoriale della ricerca sostenendo la nascita e lo sviluppo di imprese ad alto contenuto di conoscenza ed elevato impatto sociale e ambientale. Se consideriamo che nei suoi 20 anni di vita la rete PNICube ha selezionato e accompagnato al mercato 964 startup innovative, in media 50 l’anno, possiamo dire che stiamo andando nella giusta direzione, perché è nella capacità di mettere in relazione la creatività dei ricercatori e degli studenti con le opportunità d’innovazione che si gioca la competitività sostenibile del nostro Paese.
Se parliamo di ricerca e mondo universitario qual è il pregio maggiore che riscontra nel contesto italiano?
Il nostro punto di forza è senza dubbio quello della “proattività generosa”: pur trattandosi di un impegno non ancora pienamente riconosciuto nelle valutazioni ministeriali individuali, i nostri ricercatori dimostrano da anni una grande, tenace capacità di generare e applicare conoscenza per migliorare la qualità della vita, di guardare lontano anche attraverso la creazione di imprese a elevato impatto.
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E il difetto maggiore?
Il difetto non è la miopia, considerata la determinazione con cui la Ricerca italiana sogna e realizza traguardi importanti che contribuiscono ad avanzare verso un mondo più inclusivo e sostenibile. Un aspetto da potenziare è piuttosto la visione sistemica: è necessario rafforzare la consapevolezza che per vincere la scommessa del futuro, come sottolinea anche l’ANVUR, l’Agenzia che si occupa della valutazione del sistema universitario e della ricerca, occorre fare rete, mettendo a fattor comune il fervore effervescente, l’energia creativa, la progettualità innovativa che ci caratterizza.
Dal suo punto di vista l’accademia in Italia favorisce adeguatamente l’imprenditoria?
Prima di tutto, è bene chiarire che è una Accademia del tutto nuova quella che si sta velocemente affermando, sempre più lontana da una isolata torre d’avorio. L’Accademia di oggi è una istituzione aperta e viva, che dialoga con tutti gli attori dello sviluppo e che si misura anche con la propria capacità di tradurre il sapere in innovazione, di accompagnare la trasformazione delle idee in imprese. È la nostra Terza missione. C’è di più: l’Accademia di oggi ha a cuore lo sviluppo di competenze imprenditoriali con solidi contenuti non solo tecnici, ma anche valoriali. Ricerca e formazione avanzata si coniugano per far uscire dalle aule universitarie imprenditori e manager lungimiranti, attenti e responsabili, capaci di mettere in pratica i valori oltre la tecnica per il benessere della collettività.
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Quali sono i paesi europei da prendere a modello?
L’Europa è ricca di best practice. Tra i tanti modelli di successo cito l’esempio della Francia che sta investendo cospicue risorse a favore dello sviluppo di un ecosistema dell’innovazione, con ingenti fondi governativi dedicati a giovani startupper, ma anche con azioni dirette a rendere il Paese un luogo internazionalmente attraente per chi vuol fare impresa. In questo quadro, nell’ambito del percorso intrapreso da Francia e Italia con il “Trattato del Quirinale”, PNICube insieme a Pépite France (Pôles Étudiants pour l’Innovation, le Transfert et l’Entrepreneuriat, ndr) ha lanciato nel 2022 un Programma di mobilità internazionale per studenti e giovani ricercatori aspiranti imprenditori, programma che vede coinvolti il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero francese dell’Istruzione Superiore e della Ricerca.
Quanto è importante la presenza di atenei autorevoli e prestigiosi per lo sviluppo di startup?
Per favorire un ecosistema delle startup è necessario combinare le tre eliche dell’innovazione: Università, Istituzioni e Imprese. In questo senso, l’autorevolezza e il prestigio degli atenei si devono misurare con la loro capacità di fare da collante tra il mondo della ricerca, quello degli attori istituzionali locali e quello imprenditoriale, da traino per lo sviluppo del territorio di riferimento. Sono questi gli ingredienti alla base della formula sperimentata da PNICube con le Start Cup regionali, chiara testimonianza della potenza d’urto della “rete nella rete” che si estende in modo capillare praticamente in tutte le Regioni italiane. Per spiegare meglio, cito l’esempio dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata che dal 2015 è capofila del network Start Cup Lazio – Business plan competition regionale che promuove, grazie al pluralismo dei partecipanti e alla sinergia con l’amministrazione regionale, la creazione di startup innovative basate sulla ricerca scientifica degli atenei e dei centri di ricerca presenti nella Regione. Un riferimento importante nel territorio, un contenitore dove si sviluppa una virtuosa cooperazione sinergica tra mondo della ricerca, dell’industria e delle istituzioni per soluzioni innovative e di successo.
Scuola e lavoro, Università e lavoro: perché in Italia spesso affiancare questi termini crea fraintendimenti e confusione?
Occorre forse spiegare più chiaramente che, per creare lavoro, c’è bisogno di contaminazione. Contaminazione tra mondi che devono parlarsi e devono interagire costantemente. A livello di Università, le imprese sono chiamate ad interagire nelle aule e nei laboratori; gli atenei, grazie ad un dialogo costante con leader di aziende pubbliche e private, indirizzano la loro offerta formativa per creare figure professionali in linea con le esigenze del mercato del lavoro. Si tratta di percorsi intrecciati, strettamente collegati. Non solo. Il lavoro si crea già nel campus, grazie a programmi strutturati che aiutano i giovani a prepararsi al domani, acquisendo competenze interdisciplinari, tecniche e valoriali, accompagnandoli per trasformare le loro idee di business, per diventare costruttori di futuro.